Uno studio fa luce su un possibile rischio nascosto nelle donne con menopausa precoce

Emanuela Spotorno |  Autrice e divulgatrice esperta in salute, benessere femminile e medicina preventiva
A cura di Emanuela Spotorno
Autrice e divulgatrice esperta in salute, benessere femminile e medicina preventiva

Ultimo aggiornamento – 17 Novembre, 2025

donna seduta per terra si tiene la testa con le mani

Un’ampia ricerca presentata al meeting annuale della Menopause Society 2025 suggerirebbe un legame significativo tra menopausa naturale precoce e un incremento del rischio di sviluppare la sindrome metabolica, condizione che comprende obesità addominale, ipertensione, glicemia elevata e trigliceridi alti. 

Gli autori sottolineano come l’età della menopausa possa rappresentare un indicatore precoce di vulnerabilità cardiometabolica, aprendo la strada a strategie preventive mirate. 

Lo studio, pur non ancora pubblicato su rivista scientifica peer-reviewed, introduce elementi rilevanti per la valutazione clinica delle donne in post-menopausa.

Un quadro più chiaro sull’età della menopausa

Per analizzare la relazione tra età della menopausa e rischio metabolico, i ricercatori hanno utilizzato le cartelle cliniche elettroniche di oltre 234.000 donne in menopausa naturale tra i 30 e i 60 anni. Sono state escluse le situazioni in cui la menopausa era stata indotta da interventi chirurgici, radioterapia, chemioterapia o terapie ormonali, per isolare esclusivamente i casi di menopausa spontanea.

La sindrome metabolica è definita dalla presenza congiunta di più fattori di rischio, tra cui obesità centrale, pressione alta, glicemia elevata e ipertrigliceridemia, che, se associati, aumentano in maniera significativa la probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e alcune neoplasie. L’indagine ha valutato come la prevalenza di questa condizione vari in base all’età in cui avviene la menopausa.

Un rischio maggiore del 27% per chi va in menopausa prima

Nel complesso, la sindrome metabolica è stata diagnosticata nell’11,7% del campione analizzato. La differenza più rilevante è emersa confrontando menopausa precoce e tardiva: nelle donne che hanno sperimentato una menopausa anticipata, la prevalenza della sindrome metabolica ha raggiunto il 13,5%, contro il 10,8% rilevato tra coloro che hanno avuto una menopausa più tardiva.

Questa variazione corrisponde a un incremento del 27% del rischio relativo di sviluppare la sindrome metabolica. Il dato si mantiene significativo anche dopo aver corretto statisticamente fattori potenzialmente confondenti come indice di massa corporea (BMI), razza e utilizzo di farmaci.

Secondo gli autori, l’età della menopausa dovrebbe essere considerata un indicatore clinico utile per identificare precocemente chi presenta una maggiore suscettibilità a complicanze cardiometaboliche. Riconoscere questo parametro come segnale di rischio consentirebbe di anticipare screening e interventi preventivi mirati.

Menopausa e salute cardiometabolica: un equilibrio delicato

Specialisti in medicina della menopausa e cardiologia preventiva concordano sull’importanza di monitorare i principali fattori di rischio metabolico nelle donne che vanno incontro a menopausa precoce. Il declino degli estrogeni, infatti, può influenzare rapidamente peso corporeo, assetto lipidico, pressione arteriosa e sensibilità all’insulina.

La ricerca si inserisce in un filone crescente di studi che evidenziano una relazione tra menopausa anticipata e aumento del rischio cardiovascolare. La possibilità di considerare l’età della menopausa un parametro clinico chiave favorirebbe un approccio più tempestivo alla prevenzione di condizioni come insulino-resistenza, diabete e malattie cardiache.


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Strategie preventive: alimentazione, movimento e terapia ormonale mirata

Gli esperti ricordano che interventi sullo stile di vita rappresentano il primo passo per ridurre l’impatto metabolico della menopausa. Seguire un modello alimentare equilibrato, come la dieta mediterranea, aumentare l’attività fisica e includere almeno 150 minuti di esercizio moderato alla settimana può contribuire a normalizzare glicemia, pressione e lipidi.

In alcuni casi, la terapia ormonale sostitutiva, avviata dopo una valutazione personalizzata del rapporto rischio-beneficio, può offrire ulteriori vantaggi sul metabolismo. Anche integrazioni mirate, come vitamina D (1000–2000 UI/die) o omega-3 (900–1000 mg/die), vengono indicate come possibili supporti, sempre previo consulto medico.

Secondo gli specialisti, l’approccio più efficace consiste nell’intervenire in modo precoce e multidisciplinare, considerando la menopausa precoce come un “segnale clinico” utile a calibrare programmi di prevenzione cardiometabolica su misura.

Fonti:

 

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