Arterie più vecchie di 5 anni: il danno del Covid, specialmente nelle donne

Arianna Bordi | Autrice e divulgatruce specializzata in psicologia, attualità e salute mentale per P. by pazienti.it

Ultimo aggiornamento – 04 Novembre, 2025

Medicina, assistenza sanitaria e concetto di persone - medico donna con stetoscopio e paziente donna in ospedale

Una ricerca di primo piano ha rivelato che l'infezione da Sars-CoV-2, il virus responsabile del Covid-19, può indurre un invecchiamento precoce del sistema cardiovascolare, con un impatto particolarmente marcato sulle donne.

Scopriamo di più in questo approfondimento.

Cosa emerge dallo studio: i dati

Lo studio, condotto da ricercatori dell'Université Paris Cité e coordinato dalla professoressa Rosa Maria Bruno, ha quantificato questo fenomeno, stimando un invecchiamento vascolare medio aggiuntivo di cinque anni per le donne colpite anche solo da forme lievi di malattia.

I risultati di questa analisi, presentati al congresso dell'European Society of Cardiology e pubblicati sull'European Heart Journal, sottolineano come persino le infezioni non gravi possano lasciare un segno a livello cardiovascolare, innalzando di conseguenza il rischio futuro di infarto e ictus.


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La ricerca ha arruolato 2.390 partecipanti da 16 Paesi (inclusa l'Italia), suddivisi in gruppi in base alla gravità dell'infezione: mai contagiati, Covid lieve (senza ricovero), ricoverati in reparto e ricoverati in terapia intensiva.

Per misurare l'età vascolare, gli studiosi hanno utilizzato la velocità dell'onda di polso carotideo-femorale (PWV), un parametro chiave che misura la velocità con cui l'onda di pressione del sangue si propaga dall'arteria carotide (nel collo) all'arteria femorale (nella gamba).

Una maggiore rigidità delle arterie accelera l'onda; in questo contesto, un incremento di circa 0,5 metri al secondo (m/s) nella PWV è indicativo di un invecchiamento vascolare di circa cinque anni.

I dati principali emersi a sei mesi dall'infezione sono i seguenti:

  • arterie più rigide: tutti gli ex pazienti Covid mostravano arterie più rigide rispetto ai non contagiati, indipendentemente dalla severità iniziale della malattia;
  • impatto sulle donne: l'effetto era più pronunciato nelle donne e in coloro che soffrivano di sintomi di Long Covid. Le donne con forme lievi hanno registrato un aumento medio di 0,55 m/s nella PWV, equivalente a circa cinque anni di invecchiamento vascolare e a un aumento del 3% del rischio cardiovascolare. Nei casi più gravi l'incremento arrivava fino a +1,09 m/s;
  • effetto del vaccino: un dato incoraggiante è che i soggetti vaccinati hanno evidenziato un irrigidimento vascolare inferiore rispetto ai non vaccinati;
  • recupero parziale: a un anno dal contagio i valori di PWV tendevano parzialmente a stabilizzarsi o a migliorare.

Gli autori ipotizzano che il virus causi questo danno vascolare legandosi ai recettori ACE2 presenti sulle cellule endoteliali, innescando una risposta infiammatoria sistemica che a sua volta accelera l'invecchiamento vascolare.

Per quanto riguarda la disparità di genere, si suggerisce che nelle donne il fenomeno potrebbe essere correlato a un sistema immunitario più reattivo; sebbene tale reattività offra una migliore protezione durante l'infezione acuta, potrebbe contemporaneamente amplificare i danni infiammatori a lungo termine sui vasi sanguigni.

Riflessioni sui risultati e prospettive future

I dati hanno una base solida grazie a diversi elementi chiave:

  • ampiezza e portata: lo studio vanta un campione molto grande e un reclutamento su scala mondiale;
  • metodologia di misurazione "gold standard": per misurare la rigidità delle arterie è stata usata la metodologia standard e più affidabile (la PWV, l'onda di polso carotideo-femorale);
  • monitoraggio nel tempo: c’è stata la possibilità di effettuare valutazioni di follow-up sulla rigidità arteriosa (a 12 mesi), elemento che ha rafforzato l'ipotesi che l'invecchiamento vascolare sia una conseguenza del Covid-19.

Ecco, invece, alcuni aspetti che potrebbero aver influenzato i risultati e che richiedono cautela:

  • reclutamento ritardato: i partecipanti sono stati reclutati sei mesi dopo l'infezione. Questo ritardo solleva un potenziale "bias di sopravvivenza" (potremmo aver perso chi ha avuto le conseguenze peggiori subito dopo l'infezione);
  • danno preesistente: non possiamo escludere al 100% che alcuni soggetti avessero già un invecchiamento vascolare accelerato prima di ammalarsi di Covid-19. È rassicurante sapere, però, che studi più piccoli (chiamati "studi pre-post") e i gli stessi dati di follow-up a 12 mesi sostengono l'idea che il Covid-19 causi l'accelerazione vascolare, e non viceversa;
  • campione non perfetto: sebbene il campione sia grande e geograficamente vario, è stato reclutato durante una pandemia, il che lo rende non perfettamente rappresentativo della popolazione generale;

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  • gruppo di controllo piccola: il gruppo di persone che non ha avuto il Covid-19 era relativamente piccolo e non era perfettamente allineato (o "abbinato") a chi era stato ricoverato. Nonostante l’uso di statistica per correggere queste differenze, è possibile che ci siano stati dei fattori non misurati che hanno confuso i risultati;
  • asintomatici: non avendo fatto test sierologici sistematici, è probabile che alcuni individui con Covid-19 asintomatico o molto lieve siano finiti per errore nel gruppo di controllo (quello dei "mai contagiati"). Il confronto dei dati con un campione di popolazione ben abbinato e reclutato prima del 2020 ha, però, confermato che non c'erano differenze che potessero invalidare i risultati.

Fonti:

European Heart Journal - Accelerated vascular ageing after COVID-19 infection: the CARTESIAN study

Arianna Bordi | Autrice e divulgatruce specializzata in psicologia, attualità e salute mentale per P. by pazienti.it
Scritto da Arianna Bordi | Autrice e divulgatruce specializzata in psicologia, attualità e salute mentale per P. by pazienti.it

Arianna Bordi è una professionista dell'informazione con un forte impegno nella divulgazione di tematiche legate alla salute psico-fisica, al benessere cognitivo e sociale, agli strumenti di prevenzione. Racconta le nuove evidenze che emergono dalla ricerca scientifica, con un focus in particolare su salute femminile, igiene del sonno, salute del cervello, psicologia, relazioni, dispositivi medici innovativi e nutrizione. In un contesto editoriale saturo e dispersivo, il suo lavoro si distingue per l’autorevolezza e l’attenzione alle fonti di riferimento: offre risposte aggiornate e rilevanti, strumenti indispensabili per orientarsi con cognizione di causa nel complesso universo di salute e benessere. La sua abilità di spaziare su tematiche afferenti all’ambito scientifico con autorevolezza, tra salute mentale, medicina di genere e neurologia, le conferisce una credibilità trasversale, conquistando un pubblico eterogeneo: da chi intraprende percorsi personali a professionisti del settore sanitario e preventivo. Arianna Bordi, dunque, utilizza la divulgazione per ancorare la salute nella vita di tutti i giorni, rendendola una decisione informata e a portata di mano.

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