Un team di ricerca guidato dall'Istituto Avanzato di Scienza e Tecnologia della Corea (KAIST) di Daejeon, che hanno collaborato a stretto contatto l'azienda Celliaz Ltd, la Scuola KRIBB dell'Università di Scienza e Tecnologia, il Centro di bioinformazione della Corea, l’Istituto di ricerca coreano di bioscienze e biotecnologie e il Dipartimento di Scienze dell'Invecchiamento e Medicina dell'Università di Kyoto (Giappone), ha identificato un anticorpo sperimentale in grado di bloccare il processo degenerativo della retina e promuovere la formazione di nuove cellule.
Scopriamo di cosa si tratta.
Le premesse
La ricerca che ha portato a questo risultato è stata eseguita su modelli murini (topi) e ha prodotto un farmaco in grado di rigenerare i neuroni della retina, ripristinando l’occhio e permettendo il recupero della vista.
Tutto questo potrebbe essere d’aiuto contro le malattie degenerative della retina, una serie di gravi patologie che impediscono di recuperare la vista una volta persa, come la degenerazione maculare o le retinopatie legate a condizioni come diabete, ipertensione e aterosclerosi – dal momento che le cellule retiniche non si rigenerano.
I ricercatori, coordinati dal professor Jin Woo Kim, docente presso il Dipartimento di Scienze Biologiche del KAIST, hanno identificato un gene strettamente coinvolto nel processo che impedisce la rigenerazione dei nervi retinici chiamato Prospero-related Homeobox 1 (Prox1).
Nei mammiferi, infatti, questa proteina si accumula nella glia di Müller (MG) – un insieme di cellule che favorirebbe la rigenerazione – ma il processo di autoriparazione viene bloccato.
Alcune precedenti rilevazioni hanno, invece, dimostrato che nei pesci zebra questo accumulo di Prox1 non si verifica, perciò le cellule MG sono in grado di ripristinare i danni alla retina.
Bloccando il Prox1 nei mammiferi attraverso un anticorpo ad hoc, quindi, si potrebbe riuscire a sbloccare il potere rigenerativo delle cellule gliali MG, come avviene nei vertebrati non mammiferi.
Lo studio
Per arrivare a tali conclusioni, l’anticorpo è stato testato con successo su vari esemplari di topo con danni retinici (tra cui la retinite pigmentosa, che determina una degenerazione retinica), osservando benefici significativi.
Nei topi, la proteina Prox1 presente nelle cellule di Müller (MG) non viene sintetizzata da queste cellule, ma proviene dai neuroni retinici adiacenti attraverso un meccanismo di trasferimento intercellulare. L’inibizione di questo trasferimento permette alle cellule di Müller di acquisire caratteristiche di cellule progenitrici retiniche, riattivando il loro potenziale rigenerativo.
Inoltre, la somministrazione di un anticorpo anti-Prox1 tramite un virus adeno-associato – capace di sequestrare la forma extracellulare della proteina – stimola la rigenerazione dei neuroni retinici e rallenta la progressione della perdita visiva in un modello murino di retinite pigmentosa.
Questi risultati – commenta il team di ricerca – sottolineano che la terapia anti-Prox1 rappresenta una strategia promettente per ripristinare la rigenerazione della retina nei mammiferi.
Ovviamente, i topi non sono esseri umani: gli scienziati sono fiduciosi che i risultati ottenuti nei roditori possa verificarsi anche nell'uomo – ma servono ulteriori studi (i primi trial potrebbero partire già nel 2028).