La risonanza magnetica (RM) è uno degli esami diagnostici più avanzati e utilizzati nella medicina moderna. Grazie alla sua capacità di generare immagini dettagliate degli organi e dei tessuti interni del corpo senza l’uso di radiazioni ionizzanti, rappresenta un’opzione fondamentale per individuare e monitorare numerose patologie.
Nonostante ciò, molti si chiedono: la risonanza magnetica fa male? L'interrogativo è legittimo, soprattutto in presenza di condizioni particolari come la gravidanza, l’uso del mezzo di contrasto o la sensibilità oculare.
Affrontare questi dubbi con informazioni scientificamente corrette è essenziale per superare eventuali timori e accedere con consapevolezza a un esame sicuro e prezioso.
Cos'è la risonanza magnetica e come funziona
La risonanza magnetica è una tecnica diagnostica non invasiva che sfrutta campi magnetici intensi e onde radio per ottenere immagini dettagliate degli organi interni, dei muscoli, delle articolazioni e del cervello.
A differenza della TAC o delle radiografie tradizionali, non impiega raggi X, evitando così l’esposizione a radiazioni potenzialmente dannose.
Il paziente viene posizionato all’interno di un grande cilindro dotato di un magnete, dove deve rimanere immobile per alcuni minuti o anche oltre mezz’ora, a seconda della zona da analizzare.
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In alcuni casi, per migliorare la visibilità dei tessuti, può essere somministrato un mezzo di contrasto endovenoso.
La risonanza magnetica fa male?
Da un punto di vista medico e scientifico, la risonanza magnetica non fa male. Non è dolorosa e non comporta rischi per la salute, a condizione che vengano rispettate le indicazioni cliniche e le controindicazioni note.
I campi magnetici utilizzati non sono dannosi per il corpo umano e non producono effetti biologici negativi documentati, nemmeno a lungo termine.
Come detto in precedenza, infatti, non utilizza raggi X (come RX e TAC fanno, invece); sottoporsi ad un campo magnetico è del tutto innocuo per la salute.
Tuttavia, alcune persone possono provare disagio o ansia, soprattutto se affette da claustrofobia, a causa dell’ambiente chiuso e del rumore generato dalla macchina durante l’esame. In questi casi, si può ricorrere a sedazione leggera o alla risonanza magnetica "aperta", che offre maggior comfort.
Risonanza magnetica con contrasto: fa male?
Uno dei dubbi più frequenti riguarda l’impiego del mezzo di contrasto, spesso a base di gadolinio. Questo agente viene utilizzato per migliorare la qualità delle immagini e consentire una diagnosi più accurata, in particolare in caso di lesioni cerebrali, infiammazioni o tumori.
In generale, la risonanza magnetica con contrasto non fa male, ma come qualsiasi sostanza somministrata per via endovenosa, può comportare alcuni rischi, seppur rari. Le reazioni allergiche sono possibili ma statisticamente poco frequenti e nella maggior parte dei casi si manifestano in forma lieve (orticaria, nausea, prurito).
L'insorgenza di effetti avversi più gravi è estremamente rara e viene sempre gestita in ambienti controllati e attrezzati.
Per le persone con insufficienza renale, è fondamentale informare il medico prima dell’esame, poiché in questi casi l’uso del gadolinio deve essere valutato con particolare attenzione.
Prima dell’esecuzione, comunque, è bene eseguire l’esame della creatinina, per valutare la funzionalità renale e sottoporsi al mezzo di contrasto con maggior tranquillità.
La risonanza magnetica fa male agli occhi?
Un'altra preoccupazione diffusa riguarda l’effetto della risonanza magnetica sugli occhi. Alcuni temono che l’esposizione al campo magnetico possa provocare danni alla vista o fastidi oculari.
Attualmente, non esistono evidenze scientifiche che dimostrino che la risonanza magnetica faccia male agli occhi. Tuttavia, se il paziente ha subito interventi agli occhi o presenta dispositivi metallici o elettronici intraoculari (come clip o impianti), è indispensabile segnalarlo al personale sanitario prima dell’esame.
In questi casi, infatti, il campo magnetico potrebbe interferire con i materiali presenti, rendendo necessarie precauzioni aggiuntive o l’utilizzo di metodiche diagnostiche alternative.
Risonanza magnetica in gravidanza: fa male?
Quando si parla di gravidanza, le precauzioni aumentano comprensibilmente.
Secondo le linee guida dell’American College of Radiology, la risonanza magnetica senza mezzo di contrasto è considerata sicura in gravidanza, soprattutto dopo il primo trimestre.
L’assenza di radiazioni rende l’esame una delle opzioni preferibili in caso di necessità diagnostica, purché eseguito con criterio.
Diverso è il discorso per la risonanza magnetica con contrasto. L’uso del gadolinio in gravidanza è generalmente evitato, salvo in situazioni in cui il beneficio superi il potenziale rischio, poiché il mezzo di contrasto può attraversare la placenta e raggiungere il feto. In questi casi, la valutazione viene sempre condotta con attenzione da parte del medico curante e del radiologo.
Quando evitare la risonanza magnetica
Pur essendo un esame sicuro, la risonanza magnetica presenta alcune controindicazioni, legate in particolare alla presenza di metalli nel corpo.
Il campo magnetico potrebbe interferire con:
- pacemaker e defibrillatori cardiaci;
- neurostimolatori;
- protesi metalliche non compatibili;
- schegge metalliche residue, soprattutto negli occhi;
- impianti cocleari.
Prima dell’esame, il paziente viene sottoposto a un questionario dettagliato per individuare eventuali controindicazioni. In caso di dubbio, possono essere richiesti ulteriori accertamenti per garantire la massima sicurezza.
Alla domanda la risonanza magnetica fa male?, la risposta è chiara: no, nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di un esame sicuro, indolore e non invasivo. Le preoccupazioni più comuni, legate al mezzo di contrasto, agli effetti sugli occhi o alla gravidanza, trovano risposte rassicuranti nelle attuali evidenze scientifiche, purché l’esame venga eseguito nel rispetto delle linee guida cliniche.
È sempre consigliabile affidarsi al giudizio del medico curante, che saprà valutare la reale necessità della risonanza magnetica, i benefici attesi e le eventuali alternative disponibili. Con un'informazione corretta e aggiornata, è possibile affrontare questo esame con maggiore serenità e consapevolezza.