Negli ultimi anni la scienza ha ridefinito il concetto stesso di attività fisica, spingendolo oltre la prevenzione primaria del cancro. Oggi si parla di “exercise oncology”, una vera e propria disciplina che studia come il movimento possa influenzare il decorso delle malattie oncologiche.
E le evidenze più recenti indicano che muoversi regolarmente non solo aiuta a ridurre il rischio di ammalarsi, ma può contribuire a diminuire in modo significativo la probabilità di una recidiva dopo le terapie.
Secondo nuovi studi internazionali, praticare esercizio fisico in modo costante rappresenta un tassello chiave della cosiddetta prevenzione terziaria, ovvero quell’insieme di strategie volte a evitare la ricomparsa del tumore una volta conclusi i trattamenti. I benefici non riguardano solo il benessere generale, ma sembrano tradursi in effetti misurabili sulla sopravvivenza e sulla qualità della vita.
Scopriamo di più.
I dati più solidi: mammella e colon in primo piano
Gran parte delle evidenze arriva da ricerche su tumore della mammella e tumore del colon-retto, due ambiti in cui l’impatto dell’attività fisica è stato studiato con maggiore dettaglio.
Una metanalisi del 2022, che ha analizzato i dati di circa 30.000 donne con tumore mammario, ha evidenziato che svolgere attività fisica dopo la diagnosi può ridurre il rischio di recidiva del 16%, e la mortalità specifica per tumore del 23%. Le donne già attive prima della diagnosi hanno mostrato una riduzione ulteriore del rischio, pari al 18%.
Non serve diventare atleti: i benefici sono stati osservati anche con un’attività fisica di tipo ricreativo, come camminare, nuotare o pedalare a ritmo moderato.
Secondo i dati più recenti, bastano 90 minuti di attività aerobica a settimana per iniziare a osservare un effetto protettivo, che cresce fino a raggiungere il massimo con circa 5 ore settimanali di movimento.
Risultati altrettanto incoraggianti arrivano dal grande studio CHALLENGE, presentato al congresso 2025 della Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO) e pubblicato sul New England Journal of Medicine.
La ricerca, condotta su quasi 900 pazienti con tumore del colon operati e trattati con chemioterapia, ha dimostrato che un programma di esercizio strutturato per tre anni può ridurre del 28% il rischio di recidiva o di nuovo tumore, rispetto a chi riceveva solo indicazioni generiche sullo stile di vita.
Un beneficio che si estende anche ad altri tumori
Sebbene le prove più robuste riguardino mammella e colon-retto, i dati emergenti su altri tipi di tumore, come ovaio, polmone e prostata, confermano tendenze simili. Analisi di coorte e revisioni della letteratura mostrano riduzioni del rischio di recidiva tra il 21% e il 35%, oltre a un miglioramento complessivo della sopravvivenza.
Tali evidenze hanno portato diversi istituti oncologici internazionali a integrare programmi di attività fisica supervisionata nei protocolli di riabilitazione oncologica, non più come semplice supporto ma come parte integrante della terapia.
Cosa accade nell’organismo: i meccanismi dell’effetto protettivo
I ricercatori concordano nel ritenere che i benefici dell’attività fisica derivino da una combinazione di fattori clinici, metabolici e molecolari.
Sul piano clinico, il movimento regolare migliora la capacità funzionale, riduce la fatica cronica, contrasta la sarcopenia (perdita di massa muscolare) e aiuta a mantenere una composizione corporea equilibrata. Tutti elementi che favoriscono una migliore tolleranza alle terapie e una più rapida ripresa post-operatoria.
A livello biologico, l’esercizio fisico influenza processi chiave come:
- riduzione dei livelli di insulina e di fattori di crescita associati alla proliferazione tumorale;
- diminuzione delle molecole infiammatorie, come le citochine e la proteina C-reattiva, note per il loro ruolo nella progressione del tumore;
- potenzia mento del sistema immunitario, con un aumento dell’attività di linfociti T e cellule NK, fondamentali per il controllo delle cellule maligne;
- miglioramento del metabolismo e del microbiota intestinale, elementi che possono contribuire a creare un microambiente meno favorevole alla crescita tumorale.
Un’ipotesi più recente, ancora in fase sperimentale, suggerisce che durante l’attività aerobica il flusso sanguigno possa esercitare una forza meccanica sulle cellule tumorali circolanti, riducendone la vitalità e la capacità di formare metastasi.
Queste osservazioni, finora confermate solo in laboratorio, aprono nuove prospettive di ricerca sul legame tra meccanica corporea e biologia del tumore.
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Una nuova frontiera della cura oncologica
Il concetto che emerge è che l’attività fisica non rappresenta più soltanto uno strumento di prevenzione, ma una componente terapeutica a tutti gli effetti. L’inclusione dell’esercizio nel percorso clinico dei pazienti oncologici potrebbe diventare, in futuro, parte dei protocolli standard, accanto a chirurgia, chemio e radioterapia.
Gli esperti sottolineano tuttavia la necessità di ulteriori studi controllati per comprendere con precisione i meccanismi d’azione e stabilire programmi di esercizio personalizzati per ogni tipo di tumore e condizione fisica.
L’obiettivo è chiaro: fare dell’attività fisica una vera “medicina del movimento”, capace di prolungare la sopravvivenza e migliorare la qualità di vita di chi ha affrontato una diagnosi oncologica.
Fonti:
- PubMed - Recreational physical activity reduces breast cancer recurrence in female survivors of breast cancer: A meta-analysis
- Journal of Medicine - Structured Exercise after Adjuvant Chemotherapy for Colon Cancer
- American Institute for Cancer Research - Exercise Helps Cancer Patients and Survivors, New Research Reviews