Ogni anno, con l'arrivo dell'autunno e dell'inverno, si ripresenta il medesimo, fastidioso "classico": una miscela di febbre, gola infiammata, naso chiuso e spossatezza.
Quando ci si ritrova bloccati a letto, la domanda è sempre la stessa: si tratta di un banale raffreddore, della temuta influenza stagionale o forse è ancora una volta il Covid?
La verità è che, per la persona comune, è quasi impossibile dare una risposta certa. I sintomi di questi disturbi respiratori, infatti, sono spesso un groviglio di segnali che si sovrappongono in modo confuso.
Distinguere i malanni di stagione: i sintomi a cui prestare attenzione
Quando il raffreddore o un altro malanno stagionale si fa sentire, come si può capire se si tratta di influenza o di un altro virus respiratorio?
Fabrizio Pregliasco, nel suo ruolo di direttore della Scuola di specializzazione in Igiene e medicina preventiva dell'università degli Studi di Milano, spiega che l'influenza autentica ha un identikit piuttosto preciso:
- inizio brusco: l'esordio della febbre è repentino e di solito supera i 38 gradi;
- sintomi combinati: si manifestano almeno un sintomo respiratorio (come tosse o mal di gola) e almeno un sintomo sistemico. Quest'ultimo è spesso descritto come dolori muscolari, malessere generale, o addirittura quel forte senso di spossatezza e indolenzimento chiamato a volte senso di "bastonatura";
- durata e intensità: l'influenza è, in generale, "più forte e limitata nel tempo, con un'evoluzione rapida nell'arco di circa cinque giorni," evidenzia l'esperto.
- febbre persistente e recidiva: "una febbre che resta alta e va a peggiorare" è un segnale chiave. Pregliasco aggiunge un dettaglio importante sulla dinamica della temperatura: "Ma può succedere anche che un'infezione virale vada a risolversi con la febbre che scende e poi la temperatura risale."
- evoluzione della tosse: la tosse subisce una trasformazione; inizia "inizialmente secca e di tipo irritativo, [per poi] diventare produttiva."
È importante notare che, sebbene questi sintomi siano "particolarmente evidenti negli adulti," le cose cambiano per le fasce più fragili: "nei bambini piccoli e negli anziani la febbre può essere meno intensa o, addirittura, assente."
Quando i sintomi non sono così aggressivi o hanno un esordio più lento, potremmo trovarci di fronte ad altri patogeni comuni, come il virus respiratorio sinciziale o il metapneumovirus.
L'analisi di Pregliasco su questi virus minori evidenzia:
- sintomi più blandi: "I sintomi possono essere simili a quelli influenzali, ma di solito meno marcati e più graduali."
- manifestazioni tipiche: possono presentarsi segnali più lievi come "congestione nasale, tosse lieve o sintomi gastrointestinali."
- decorso lento: forme ancora più blande, come quelle causate da Rinovirus, "spesso causano sintomi più lievi e localizzati, come naso chiuso o lieve malessere," ma possono risultare fastidiose perché "si protraggono nel tempo e risultano più lente nella risoluzione."
Il Covid-19, invece, definito da Fabrizio Pregliasco come "camaleontico", è capace di manifestarsi da "forme banali, con un po' di raucedine e poco altro, a forme più serie, che ricordano quelle del passato."
Le carte d'identità dei virus: recap dei segnali distintivi
Ecco una guida per capire meglio i sintomi più probabili di ciascun virus:
Febbre, velocità vs. intensità
La febbre alta che si manifesta in modo rapido e improvviso è il tratto distintivo dell'influenza, mentre l'esordio del Covid è spesso più variabile e graduale.
Perdita di olfatto e gusto (anosmia/ageusia)
Sebbene la percezione di sapori e odori possa essere ridotta anche con un forte raffreddore o un'influenza, la loro completa perdita è un segnale che punta con decisione verso il Sars-CoV-2.
Difficoltà respiratorie e respiro corto
La sensazione di respiro affannoso o la vera e propria difficoltà respiratoria (dispnea) sono sintomi da monitorare con attenzione: possono comparire nelle forme moderate o gravi di Covid, mentre sono decisamente meno comuni in un raffreddore o in un'influenza lieve.
Sintomi gastrointestinali
Nausea, vomito o diarrea possono manifestarsi nel corso del Covid e sono molto più rari in caso di influenza e praticamente assenti o eccezionali nel caso del raffreddore.
Durata e contagiosità
Il Covid può non solo durare più a lungo, lasciando sintomi residui (come tosse persistente e affaticamento) anche dopo la fase acuta, ma rende anche l'individuo potenzialmente contagioso per un periodo di tempo maggiore rispetto all'influenza.
L’approccio corretto alla sintomatologia
La dottoressa Tecla Mastronuzzi, responsabile Area Prevenzione della Simg (Società italiana di Medicina generale e delle cure primarie) consiglia un approccio iniziale basato sull'automedicazione per i primi segnali:
- raffreddore: si possono utilizzare "soluzioni saline in spray nasale che permettono di respirare meglio";
- febbre: è indicato il paracetamolo;
- mal di gola: "un cucchiaino di miele può essere d’aiuto."
Diventa, poi, fondamentale l'intervento del medico di famiglia se si notano segnali di allarme, come:
- i sintomi persistono o peggiorano (ad esempio, la febbre non scende dopo qualche giorno).
- si avverte difficoltà a respirare.
- i dolori sono atipici, "un po’ diversi dal solito indolenzimento dovuto all’influenza."
In caso di sospetto Covid, il medico consiglierà di fare il tampone, un passaggio essenziale perché "esistono terapie efficaci, come gli antivirali, che vanno utilizzati nelle persone ad alto rischio di progressione di malattia, entro i primi cinque giorni" dall'inizio dei sintomi.
Pregliasco sottolinea che , se gestita con criterio, l'automedicazione non è solo conveniente, ma "è una scelta terapeutica adeguata perché può offrire diversi benefici."
Quali? Permette innanzitutto di alleviare i disturbi e "migliorare il benessere generale, modulando, al contempo, la risposta immunitaria, riducendo il rischio di complicanze."
Possibili azioni di prevenzione: tempistiche di vaccinazione
Anna Teresa Palamara, direttrice del Dipartimento Malattie Infettive dell'Iss, afferma che i casi di "infezioni respiratorie gravi nelle terapie intensive ci devono far riflettere su quanto questa patologia sia insidiosa e sulle sue complicanze."
La vaccinazione emerge come lo strumento preventivo più efficace, ma a qual è il periodo ideale per sottoporsi all'immunizzazione?
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Massimo Andreoni, direttore scientifico Simit, fornisce la tempistica corretta, basata sulla circolazione stagionale del virus: "Il virus inizia a circolare già dal mese di ottobre con un picco poi a gennaio."
Per questo motivo l'azione preventiva va programmata in anticipo e "a ottobre è necessario programmare l'immunizzazione calcolando che il vaccino impiega due settimane per attivarsi."