Il rischio di Long Covid nei bambini e negli adolescenti sembra aumentare in modo significativo dopo una seconda infezione da coronavirus: a sottolinearlo è un ampio studio, sostenuto dai National Institutes of Health (NIH) e pubblicato su Lancet Infectious Diseases.
Scopriamo di più.
Lo studio
Il team di ricerca ha analizzato le cartelle cliniche elettroniche (EHR) di oltre 465.000 bambini e adolescenti raccolte tra gennaio 2022 e ottobre 2023, periodo in cui la variante Omicron era predominante.
I risultati hanno evidenziato un importante aumento del rischio di coaguli di sangue, che si presenta con una frequenza più che doppia nei soggetti reinfettati.
Il tasso di bambini che hanno sviluppato il Long Covid entro sei mesi è stato di circa 900 su un milione; dopo la seconda infezione, il numero è più che raddoppiato (tasso di circa 1.880 bambini su un milione).
Ma non è tutto: i dati segnalano anche una maggiore incidenza di:
- danni renali;
- aritmie;
- cefalee ricorrenti;
- dolori addominali;
- spossatezza marcata.
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Tutto ciò indica che l’impatto del virus, soprattutto se ripetuto, può essere molto più profondo di quanto si pensi.
Questi dati si scontrano con la convinzione diffusa che nei più giovani il Covid sia una malattia lieve e che le reinfezioni non comportino conseguenze gravi. In realtà, le evidenze raccolte indicano un quadro diverso: le complicanze possono essere serie e riguardare organi vitali.
Tra le manifestazioni più rilevanti spicca la miocardite, un’infiammazione del muscolo cardiaco che può compromettere la funzionalità del cuore e, nei casi più severi, risultare potenzialmente fatale. Dopo una seconda infezione, il rischio di sviluppare questa condizione appare addirittura triplicato rispetto al primo contagio.
L’iniziativa RECOVER e la prevenzione
Questa indagine rientra nell’iniziativa RECOVER, sostenuta dal NIH e sviluppata grazie alla collaborazione di 40 ospedali pediatrici e centri clinici statunitensi.
Si tratta della più vasta ricerca longitudinale finora condotta sulle conseguenze delle reinfezioni nei giovani, resa possibile da un’enorme mole di dati clinici condivisi e da un’infrastruttura di analisi altamente strutturata.
Gli studiosi evidenziano che, pur non potendo azzerare del tutto il rischio di contagio da Sars-CoV-2, i vaccini e le misure di prevenzione – come l’uso delle mascherine o il mantenimento del distanziamento – restano gli strumenti più efficaci per limitare sia le infezioni primarie, sia le reinfezioni.
In questo modo, diminuisce anche la probabilità che nei più giovani si manifestino sintomi persistenti collegati al Long Covid.
Un ostacolo rilevante, però, è rappresentato dai bassi tassi di adesione alla vaccinazione pediatrica. Le cause sono diverse: la percezione che nei bambini i sintomi siano più lievi, l’arrivo ritardato del vaccino per la fascia sotto i 5 anni e la scarsa diffusione dei richiami nei ragazzi più grandi.
Secondo gli autori dello studio, per ridurre davvero l’impatto del Long Covid nei minori è necessario agire su due fronti: migliorare la comunicazione pubblica in tema di salute e rendere la vaccinazione più accessibile (qui il calendario vaccinale in Italia).
Gli esperti sottolineano, inoltre, la necessità di nuove ricerche, per chiarire se le versioni aggiornate dei vaccini offrano una protezione specifica contro il Long Covid e per comprendere meglio come le reinfezioni ripetute possano influenzare la salute a lungo termine dei bambini.
Fonti:
- The Lancet Infectious Diseases – Long COVID associated with SARS-CoV-2 reinfection among children and adolescents in the omicron era (RECOVER-EHR): a retrospective cohort study
- Recover Studies – Welcome to RECOVER Studies