La FNOPO torna a parlare di depressione post-partum, un disturbo che può insinuarsi silenziosamente nei mesi successivi alla nascita di un figlio.
Colpisce fino a una donna su otto, ma spesso passa inosservato dietro il sorriso di chi, tra notti insonni e nuove responsabilità, vive un profondo disagio emotivo. Le conseguenze possono riguardare non solo la madre, ma anche il neonato e l’intero equilibrio familiare.
Un problema di salute pubblica spesso invisibile
La depressione che può insorgere dopo il parto è una delle problematiche più sottovalutate nel campo della salute mentale femminile.
Secondo la Federazione Nazionale degli Ordini della Professione Ostetrica (FNOPO), interessa tra il 7% e il 12% delle donne in Italia, ma spesso rimane non diagnosticata o confusa con il normale stress post-natale.
Gli esperti ricordano che prevenzione e screening precoce sono strumenti fondamentali per tutelare la salute psicologica delle madri e garantire una crescita equilibrata ai neonati. Intervenire in tempo significa ridurre la sofferenza e migliorare il benessere dell’intera famiglia.
Quando la tristezza non passa
Nei primi giorni dopo il parto molte donne vivono una lieve malinconia chiamata “baby blues”, legata ai cambiamenti ormonali e alla stanchezza.
Si tratta di una condizione transitoria che tende a risolversi spontaneamente entro 10-15 giorni. Diversa, invece, è la depressione post-partum, che può insorgere entro sei mesi, e in alcuni casi fino a un anno, dopo la nascita del bambino.
I sintomi comprendono tristezza persistente, senso di vuoto, irritabilità, insonnia, perdita di interesse, affaticamento e difficoltà di concentrazione. Nei casi più gravi possono comparire pensieri autolesivi o di nuocere al neonato.
La forma più rara ma grave, la psicosi puerperale, si manifesta con deliri e allucinazioni e richiede un intervento immediato.
Le origini della depressione in puerperio sono multifattoriali. Tra i principali elementi di rischio emergono:
- storia personale o familiare di disturbi psichiatrici;
- sbalzi ormonali dopo il parto;
- stanchezza cronica e mancanza di sonno;
- scarsa rete di supporto;
- condizioni economiche difficili o eventi stressanti.
Le conseguenze possono essere pesanti: la madre può avere difficoltà a prendersi cura del neonato e rischiare una cronicizzazione del disturbo, mentre il bambino può presentare alterazioni nello sviluppo emotivo e nel legame affettivo.
Anche le relazioni familiari risultano spesso compromesse.
Lo screening precoce: uno strumento chiave
Per individuare i primi segnali di disagio, la FNOPO promuove l’uso dell’EPDS (Edinburgh Postnatal Depression Scale), un questionario di 10 domande che valuta l’umore, l’ansia e la presenza di pensieri negativi.
La compilazione richiede circa cinque minuti e permette di segnalare situazioni a rischio, ma non sostituisce la valutazione clinica.
Lo screening rappresenta un primo passo verso una presa in carico mirata e tempestiva.
Secondo la FNOPO, la prevenzione deve iniziare già in gravidanza, attraverso percorsi di informazione e ascolto.
Le ostetriche hanno un ruolo centrale nell’accompagnare le future madri e nel favorire una rete di supporto stabile, che coinvolga partner, familiari e gruppi di altre mamme.
Un monitoraggio regolare nei mesi successivi al parto e spazi di confronto tra pari possono ridurre il rischio di isolamento e favorire il recupero dell’equilibrio emotivo.
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Dare voce a un disagio nascosto
La depressione post-partum resta un disturbo troppo spesso taciuto, nascosto dietro la narrativa di una maternità sempre felice.
Riconoscerla e affrontarla significa rompere lo stigma e promuovere una cultura dell’ascolto e della cura.
Come ricorda la FNOPO, ignorare il problema non lo risolve: sostenere la salute mentale delle madri significa prendersi cura anche dei loro bambini.
Fonti: