Osteoporosi, individuata nuova molecola che aumenta la densità ossea: prospettive per un farmaco innovativo

Emanuela Spotorno | Editor

Ultimo aggiornamento – 23 Settembre, 2025

donna sul divano con la gamba rotta, guarda una radiografia

Un gruppo di ricercatori internazionali ha identificato una molecola capace di rafforzare le ossa e contrastare la perdita di densità, aprendo nuove prospettive terapeutiche contro l’osteoporosi. 

Il composto, denominato AP503, agisce stimolando un recettore specifico coinvolto nella formazione ossea e potrebbe diventare il principio attivo di un farmaco di nuova generazione. 

Al momento i dati derivano da studi condotti su modelli animali, ma i risultati ottenuti, pubblicati sulla rivista scientifica Signal Transduction and Targeted Therapy, sono considerati molto promettenti.

Scopriamo di più su questa malattia e i dati della ricerca scientifica.

Ma cos'è esattamente l'osteoporosi?

L’osteoporosi è una patologia caratterizzata da ossa fragili e più suscettibili a fratture. È spesso definita una “malattia silenziosa” perché non dà sintomi evidenti fino al momento della frattura, che può riguardare soprattutto anca, vertebre e polso.

Secondo i dati dell’International Osteoporosis Foundation, nell’Unione Europea sono colpite oltre 25 milioni di donne e 6,5 milioni di uomini sopra i 50 anni, con circa 3,2 milioni di nuove fratture da fragilità ogni anno. Il problema riguarda in modo particolare le donne in post-menopausa, che presentano un rischio fino a quattro volte maggiore rispetto agli uomini.

Oltre all’impatto sulla salute e sulla qualità della vita, i costi sanitari legati all’osteoporosi sono elevatissimi: negli Stati Uniti si stima che entro il 2025 le spese per il trattamento delle fratture supereranno i 25 miliardi di dollari all’anno. 

Anche in Italia, il peso economico delle fratture da osteoporosi è altrettanto rilevante: nel 2019 i costi diretti delle fratture da fragilità sono stati stimati in circa 5,44 miliardi di euro, secondo i dati riportati dall’International Osteoporosis Foundation (IOF).

Lo studio

Il cuore della scoperta riguarda il recettore GPR133, una proteina che regola il funzionamento delle cellule responsabili della formazione dell’osso, gli osteoblasti. Queste cellule producono la matrice ossea e ne favoriscono la mineralizzazione, mentre gli osteoclasti hanno il compito opposto: riassorbire l’osso vecchio. L’equilibrio tra le due attività è essenziale per mantenere ossa sane e resistenti.

Se GPR133 non funziona correttamente, gli osteoblasti riducono la loro attività e prevale quella degli osteoclasti, con conseguente perdita di densità ossea. La molecola AP503 è stata individuata come un attivatore di questo recettore.

Secondo lo studio, condotto su modelli animali, l’azione di AP503 permette di stimolare gli osteoblasti e contemporaneamente limitare gli osteoclasti, favorendo un aumento della densità e della resistenza delle ossa.

Le cure disponibili e i loro limiti

Ad oggi, le terapie più comuni prevedono integratori di calcio e vitamina D, farmaci che rallentano la perdita di tessuto osseo o trattamenti ormonali. Tuttavia, queste soluzioni non sono sempre adatte a tutti e possono avere effetti collaterali importanti, come un maggiore rischio di trombosi o di tumori in chi segue terapie a base di estrogeni.

Per questo motivo la ricerca è costantemente impegnata a trovare nuove strade, con l’obiettivo di sviluppare farmaci più efficaci e sicuri.

Nonostante i risultati incoraggianti, gli esperti sottolineano che serviranno ancora molti studi per verificare la sicurezza e l’efficacia di AP503 sull’essere umano. Le sperimentazioni cliniche saranno fondamentali per capire se questa molecola potrà davvero trasformarsi in un trattamento disponibile.

Ciò che appare chiaro è che la scoperta di AP503 apre nuove strade nella comprensione dei meccanismi che regolano la salute delle ossa. Una scoperta che alimenta la speranza di poter disporre, in futuro, di terapie più efficaci e mirate contro una malattia che rappresenta una delle principali cause di fragilità nell’età avanzata.

Fonti:

Emanuela Spotorno | Editor
Scritto da Emanuela Spotorno | Editor

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