I vari lockdown che sono stati imposti nel corso della pandemia di Coronavirus, che hanno drasticamente diminuito la socialità dei più giovani, hanno causato un invecchiamento precoce del cervello degli adolescenti: è quanto emerso dallo studio dell’Università di Washington (a Seattle).
Scopriamo i dettagli in questo approfondimento.
I danni alla corteccia cerebrale
La ricerca, pubblicata sulla rivista Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences) si è soffermata sugli effetti che stress cronico e continue avversità hanno avuto sullo spessore della corteccia cerebrale, il tessuto esterno del cervello.
Questa si assottiglia in maniera naturale con il passare dell’età, ma le tensioni e le situazioni ostili ne possono accelerare il processo di deterioramento – portando ad un aumento del rischio di sviluppare disturbi neuropsichiatrici e comportamentali.
All’interno dello studio, è stato dato ampio focus alla chiusura delle scuole per via delle misure restrittive: questa interruzione della routine e delle attività sociali sarebbe alla base delle conseguenze negative sul cervello dei più giovani.
Tale fascia d’età si trova, infatti, in una fase di transizione importantissima, caratterizzata da cambiamenti emotivi, comportamentali e sociali – complici della formazione dei sensi di autocontrollo, autostima e autoidentità.
La scarsità di interazioni ha, dunque, portato a numerosissime segnalazioni di episodi di ansia, depressione e stress.
I ricercatori hanno prima elaborato un modello di assottigliamento corticale per gli anni dell'adolescenza e poi lo hanno confrontato con i dati ottenuti attraverso le scansioni.
Da questa indagine è emerso un assottigliamento accelerato generale, più pronunciato e diffuso nelle femmine, in cui tutti i lobi ed entrambi gli emisferi sembravano interessati dal cambiamento; nelle controparti maschili, l'effetto è stato osservato solo nella corteccia visiva.
Nel dettaglio, per i soggetti di sesso femminile gli scienziati hanno dimostrato che i lockdown sono stati associati a una maturazione cerebrale insolitamente accelerata in media di 4,2 anni, mentre nelle controparti maschili si è assistito a un incremento medio di 1,4 anni.
I ricercatori hanno coinvolto 160 adolescenti reclutati nel 2018, con l'obiettivo originale di valutare i cambiamenti nella struttura cerebrale durante l'adolescenza tipica.
La coorte sarebbe dovuta tornare nel 2020, ma la pandemia ha posticipato i test di ripetizione fino al 2021; a quel punto, l'intento originale di studiare lo sviluppo tipico degli adolescenti non era più praticabile e gli autori hanno cercato di valutare l'impatto della pandemia attraverso gli effetti delle restrizioni sul cervello della coorte di studio.
Il focus dello studio
Come detto, i ricercatori si sono focalizzati in particolare sullo spessore dello strato esterno di tessuto del cervello, che indica il livello di maturazione cerebrale.
Infatti, più sottile è la corteccia, più risulta “invecchiato” il cervello; avere una corteccia cerebrale che si è ridotta di spessore velocemente, negli anziani, è correlato ad una diminuzione della velocità di elaborazione e la capacità di completare specifici compiti, ma negli adolescenti questi dati mancano.
"Il Covid-19 – afferma Patricia Kuhl, co autrice dello studio – ha fornito un banco di prova per la fragilità del cervello degli adolescenti. La nostra ricerca introduce una nuova serie di interrogativi su cosa significhi accelerare il processo di invecchiamento nell'organo cerebrale. Sarà necessario condurre ulteriori approfondimenti per rispondere alle nuove domande che ancora riguardano la correlazione tra la pandemia e la salute delle diverse fasce di popolazione".
“Con la pandemia sono venuti meno i canali di rilascio dello stress, le interazioni sociali, le attività fisiche. Critiche e pressioni sociali, però, sono rimaste ben attive a causa dei social media. È improbabile che la corteccia cerebrale si ispessisca di nuovo, ma potremmo osservare segni di rallentamento del fenomeno grazie alla ripresa delle normali attività".