I super-anziani: il segreto di chi resta lucido anche dopo gli 80 anni

Mattia Zamboni | Seo Content Specialist

Ultimo aggiornamento – 28 Agosto, 2025

Quattro uomini anziani, seduti a un tavolo all'aperto, giocano a carte e ridono.
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Secondo una ricerca della Northwestern University (USA), che dura da 25 anni, gli anziani che resistono al tipico declino cognitivo hanno regioni cerebrali più forti e condividono due qualità fondamentali.

Vediamo nel dettaglio cosa dice questo studio e cosa sono quelli che vengono chiamati “super anziani”.

La raccolta dati

L’indagine scientifica parte da una domanda: perché alcuni ottantenni e novantenni hanno una memoria eccezionale, spiccate capacità di pensiero critico e mantengono una vita sociale importante?

Il nuovo studio rivela che esistono tratti biologici e comportamentali distintivi che mantengono vivaci e attive le persone di 80 anni e oltre con le capacità cognitive di chi ha 20/30 anni in meno (i cosiddetti “super-anziani”, o “superagers”).

La ricerca, come detto, è iniziata nel 2000 con lo scopo di identificare i fattori che potrebbero proteggere dalle malattie neurodegenerative come l'Alzheimer.  Da allora, il team ha osservato i comportamenti e le abitudini di 290 super-anziani e ha studiato 77 cervelli donati al Mesulam Center.

Gli individui avevano stili di vita radicalmente diversi: alcuni erano fisicamente attivi e seguivano un'alimentazione sana, altri fumavano, bevevano regolarmente alcolici, facevano poca attività fisica e scarsa qualità del sonno.


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I partecipanti sono stati valutati annualmente: venivano sottoposti ad analisi del sangue, risonanze magnetiche, hanno donato i propri cervelli per l'autopsia e hanno condiviso la propria storia clinica.

I super-anziani

I primi dati interessanti riguardano la definizione di super-anziano: si tratta di quei soggetti, nella fascia d’età pari o superiore agli 80 anni, che avevano ottenuto un punteggio nella media in vari test cognitivi e che riuscivano a ricordare almeno nove parole su 15 in un test di apprendimento verbale – la memoria è stata l'indicatore chiave, poiché è l'abilità cognitiva che diminuisce maggiormente con l'invecchiamento.

Rispetto al gruppo di controllo, coetanei neurotipici, i super-anziani erano molto più socievoli, avevano costantemente interazioni e relazioni sociali ed erano più estroversi.

I superagers sembravano anche vivere in modo più indipendente e prendevano decisioni autonome sulla propria vita, la propria alimentazione e le proprie relazioni.

I ricercatori hanno anche condotto test di neuroimaging e neuropatologia per verificare se il cervello dei superagers fosse diverso da quello dei loro coetanei neurotipici, riscontrando diverse differenze notevoli.

In genere, con l'avanzare dell'età, la corteccia cerebrale (lo strato più esterno del cervello responsabile della memoria, del pensiero, della risoluzione dei problemi e del ragionamento) si assottiglia e può portare a un deterioramento cognitivo.

Ma nei super-anziani la corteccia mostrava minimi segni di assottigliamento corticale e invecchiava molto più lentamente rispetto ai loro coetanei neurotipici.

Un gruppo di quattro persone anziane cammina su un sentiero boscoso.

Lo spessore corticale era maggiore nella corteccia cingolata anteriore, una regione coinvolta nel processo decisionale, nelle emozioni, nel comportamento sociale e nella motivazione: tutte abilità che, secondo i ricercatori, erano particolarmente pronunciate nei super-anziani.

Inoltre, questi soggetti avevano un elevato numero di neuroni di von Economo (VEN) – cellule legate al comportamento sociale – e notevoli dimensioni dei neuroni entorinali – quelli correlati alla memoria.

In ultimo, i cervelli dei super anziani  avevano meno microglia, le cellule che attaccano le malattie nel cervello, e sembravano anche gestire meglio i grovigli neurofibrillari, ovvero ammassi anomali di proteine – i tratti distintivi del morbo di Alzheimer.

Secondo il team di ricerca, questi risultati suggeriscono che l'accumulo di proteine amiloidi non porta sempre alla demenza: tutto ciò potrebbe indicare una risposta immunitaria unica che aiuta a mantenere le capacità cognitive dei super-anziani. La speranza è che questa ricerca possa portare a una migliore comprensione di come creare resilienza nelle persone predisposte allo sviluppo di placche.

Fonti:

Mattia Zamboni | Seo Content Specialist
Scritto da Mattia Zamboni | Seo Content Specialist

Ho conseguito la laurea in Scienze della Comunicazione con un particolare focus sullo storytelling. Con quasi un decennio di esperienza nel campo del giornalismo, oggi mi occupo della creazione di contenuti editoriali che abbracciano diverse tematiche, tra cui salute, benessere, sessualità, mondo pet, alimentazione, psicologia, cura della persona e genitorialità.

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