Un team di ricerca dell’Epidemiologia della Città della Salute e dell’Università di Torino ha sviluppato uno studio all’interno del quale si parla degli effetti del cambiamento climatico sui più piccoli.
Scopriamo di cosa si tratta.
Su cosa si basa la ricerca
L’indagine ha preso in considerazione 7500 donne italiane incinte e lo sviluppo dei loro figli (circa 6000) per un totale di 11 anni e la loro esposizione ai cambiamenti climatici durante il primo anno di vita, studiata attraverso interviste alle neo mamme a 6 mesi dal parto, un anno e mezzo, 4 anni, 7 anni, 10 anni, 13 e 16 anni.
Suddividendo questi gruppi in base al luogo e al periodo di nascita dei piccoli, i ricercatori sono riusciti a calcolare quattro eventi eccezionali cui sono stati esposti i bambini:
- ondate di calore (più di tre giorni con temperature superiori ai 35 gradi);
- incendi boschivi;
- mesi di siccità eccezionale;
- precipitazioni con 100 mm di acqua al giorno.
I risultati dello studio hanno evidenziato che questi eventi estremi hanno un impatto negativo sul respiro dei neonati, portandoli a sviluppare respiro sibilante a prescindere dalla loro dieta o dalle condizioni socio-economiche della famiglia tra o 6 e i 18 mesi.
Questa condizione, presente nel 17% dei bambini esposti a tali fenomeni atmosferici, ha il 16% in più di possibilità di presentarsi entro un anno e mezzo di vita ad ogni ondata di calore aggiuntiva vissuta nel primo anno di vita.
In definitiva, la ricerca suggerisce che la situazione è da tenere sotto controllo per le ripercussioni che è in grado di avere sul piccolo una volta adulto, andando a predire lo sviluppo di asma e di alterate funzionalità polmonari.
I risultati dell’indagine
La differenza sostanziale con gli studi precedenti fatti su questo argomento, che erano focalizzati sugli effetti acuti degli eventi estremi, sta nel fatto che questa indagine mette in rilievo gli effetti cronici che si manifestano già nelle prime fasi dello sviluppo e sono associati all’esposizione ripetuta durante il primo anno di vita.
“I risultati – spiega Silvia Maritano, prima autrice dell’articolo e ricercatrice presso l’Epidemiologia della Città della Salute e dell’Università di Torino – sottolineano l’importanza di considerare le conseguenze del cambiamento climatico come potenziali determinanti di patologie croniche in ottica longitudinale. Questo lavoro apre la strada a nuove ricerche sui rischi a lungo termine del cambiamento climatico, mettendo in luce l’urgente necessità di politiche congiunte di mitigazione e prevenzione volte a ridurre l’esposizione ai fenomeni meteorologici estremi fin dalle prime fasi di vita delle persone”.