Una delle conseguenze più comuni del Covid-19, e spesso più sottovalutate, è la perdita dell’olfatto: questa condizione può durare a lungo, persino anni dopo la guarigione dalla fase acuta dell’infezione.
A confermarlo è uno studio pubblicato su JAMA Network Open, che ha analizzato migliaia di persone per capire meglio l’impatto del virus sul senso dell’olfatto.
Perdita dell’olfatto dopo il Covid: dati e correlazioni
Lo studio ha incluso 3525 partecipanti , di cui il 72,4% erano donne, con un'età media di 47,6 anni. Dei 1393 partecipanti infetti da SARS-CoV-2 con cambiamento o perdita auto-riferiti, 1111 (il 79,8%) presentavano perdita dell’olfatto (iposmia), inclusi 321 (23,0%) con perdita parziale (anosmia).
Tra i 1563 partecipanti infetti senza cambiamento o perdita auto-riferiti, 1031 (66,0%) presentavano iposmia, mentre 128 (8,2%) con anosmia.
Lo studio ha incluso anche 569 persone che non erano mai risultate positive al Covid, di cui meno del 40% presentava un odore normale al test.
Il test utilizzato, lo Smell Identification Test dell’Università della Pennsylvania, si basa sul riconoscimento di 40 odori diversi: per considerare l’olfatto normale, gli individui di sesso femminili ne devono identificare almeno 35, quelli di sesso maschile almeno 34.
Si tratta, dunque, di uno studio di coorte osservazionale che fa parte del progetto Researching COVID to Enhance Recovery, finanziato dai National Institutes of Health per determinare gli effetti a lungo termine sulla salute e i potenziali trattamenti dopo aver contratto il SARS-CoV-2.
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I risultati hanno mostrato come, tra chi aveva avuto il Covid e riferiva problemi olfattivi, quasi l’80% mostrava effettivamente delle alterazioni nei test. Nel 23% dei casi la compromissione era grave.
Inoltre, moltissimi di questi pazienti hanno segnalato anche difficoltà cognitive, tanto che gli studiosi hanno iniziato a sospettare un legame tra perdita dell’olfatto e problemi di memoria o concentrazione.
La disfunzione olfattiva
Il dato interessante è che persino chi non aveva mai lamentato disturbi, ben due persone su tre, mostrava un calo dell’olfatto ai test – e in circa l’8% dei casi era un calo serio.
Tra le persone che non avevano mai contratto il virus, meno del 40% aveva un olfatto considerato “normale”: questo dato ricorda che la disfunzione olfattiva può dipendere anche da altre cause, come traumi, tumori, condizioni congenite o malattie neurologiche come Alzheimer e Parkinson (come detto anche in questo studio).
Un aspetto interessante è che i test olfattivi sono stati condotti in media due anni dopo l’infezione: questo non significa che tutti mantengano i disturbi così a lungo, per alcuni il problema si risolve prima, per altri può protrarsi. La durata, insomma, resta ancora una questione aperta.
Gli esperti, in questi casi, consigliano l’allenamento olfattivo, una sorta di “riabilitazione” che consiste nell’annusare regolarmente determinati odori per stimolare i recettori e favorire un recupero: non si tratta di una cura miracolosa e i benefici variano da persona a persona, ma diversi studi hanno dimostrato una certa efficacia, soprattutto nei pazienti con il Long Covid.
In definitiva, questa ricerca riporta l’attenzione su un sintomo che troppo spesso viene ignorato: la perdita dell’olfatto non è solo fastidiosa, può essere un campanello d’allarme per altri disturbi e incidere pesantemente sulla qualità della vita. Per questo, dicono gli esperti, ha senso includere i test olfattivi tra le valutazioni standard per chi ha avuto il Covid o presenta problemi cognitivi.
Fonti:
- Jama Network – Olfactory Dysfunction After SARS-CoV-2 Infection in the RECOVER Adult Cohort
- Springer Nature – Internal consistency reliability of the fractionated and whole University of Pennsylvania Smell Identification Test
- Neurology – Olfaction and incident Parkinson disease in US white and black older adults
- National Library of Medicine – Olfactory Training