La Spagna, recentemente, ha rilanciato la proposta di abolire il cambio dell’ora solare: l’iniziativa, ancora preliminare, ha ottenuto il sostegno della Commissione europea, ma per diventare realtà serviranno anni di negoziati e l’accordo della maggioranza degli Stati membri.
Parallelamente a questa notizia, arrivano dati emersi da uno studio di Stanford, gettando nuova luce sul dibattito internazionale sul cambio dell’ora.
Scopriamo di più.
Lo studio
Il cambio dell’ora è diventata nel tempo una consuetudine che la scienza guarda ormai con crescente scetticismo: le conseguenze di questo cambio non si limitano al disagio di dormire un’ora in meno: diversi studi hanno mostrato che il breve sfasamento dei ritmi del sonno è associato a un aumento degli incidenti stradali e degli eventi cardiovascolari nei giorni immediatamente successivi.
Un recente studio condotto dalla Stanford Medicine, pubblicato nel settembre 2025 sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, ha esteso l’analisi oltre gli effetti immediati, indagando anche le ripercussioni a lungo termine sulla salute pubblica.
I ricercatori hanno valutato tre possibili scenari: mantenere l’ora solare per tutto l’anno, adottare l’ora legale permanente o continuare con il doppio cambio stagionale.
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L’obiettivo era comprendere come ciascuna opzione incida sui ritmi circadiani, l’orologio interno che regola sonno, metabolismo, temperatura corporea e numerosi altri processi fisiologici.
I risultati parlano chiaro: dal punto di vista biologico, il sistema attuale è il meno favorevole. Sia l’ora solare che quella legale permanenti garantirebbero una maggiore stabilità dei ritmi circadiani e, di conseguenza, un miglior equilibrio psicofisico nella popolazione. Tuttavia, tra le due, l’ora solare permanente emerge come la scelta più vantaggiosa.
Gli effetti dell’ora solare
Analizzando i dati di esposizione alla luce e le variabili di salute di ogni contea, il team ha stimato che mantenere l’ora solare tutto l’anno potrebbe prevenire circa 300.000 ictus annuali e ridurre di oltre 2,6 milioni i casi di obesità negli Stati Uniti. L’ora legale permanente otterrebbe effetti positivi simili, ma in misura più contenuta – circa due terzi del beneficio.
Il Dr. Jamie Zeitzer, docente di psichiatria e scienze comportamentali alla Stanford e autore principale della ricerca, ha spiegato che mantenere un orario stabile, che sia solare o legale, è decisamente più salutare rispetto al cambio semestrale.
La Dr.ssa Lara Weed, co-autrice e laureata in bioingegneria, ha contribuito a integrare modelli di simulazione dell’esposizione alla luce con indicatori di salute pubblica, restituendo un quadro preciso di come anche un piccolo scarto di orario possa incidere profondamente sul nostro benessere.
In sostanza, la ricerca conferma ciò che molti cronobiologi sostengono da tempo: i ritmi naturali del corpo umano si adattano male agli artifici dell’orologio: il nostro organismo segue la luce del sole, non le decisioni dei governi, e ogni variazione forzata – anche di un’ora – può alterare i meccanismi che regolano sonno, umore e metabolismo.
Fonti:
- PNAS – Circadian-informed modeling predicts regional variation in obesity and stroke outcomes under different permanent US time policies
- Current Biology – A Chronobiological Evaluation of the Acute Effects of Daylight Saving Time on Traffic Accident Risk