Bere due o tre tazzine di caffè al giorno aiuta le donne a mantenersi in salute

Mattia Zamboni | Autore e divulgatore esperto in salute, nutrizione e psicologia applicata al benessere quotidiano
A cura di Mattia Zamboni
Autore e divulgatore esperto in salute, nutrizione e psicologia applicata al benessere quotidiano

Ultimo aggiornamento – 04 Giugno, 2025

Due donne sorridenti, sedute all’aperto in un caffè elegante, mentre gustano bevande a base di latte; indossano camicie bianche e sono circondate da tende chiare e piante verdi.

Al congresso annuale dell’American Society for Nutrition, è stato presentato un nuovo studio che afferma come due o tre tazzine di caffè al giorno siano in grado di proteggere i soggetti di sesso femminile da malattie croniche – donando loro la possibilità di raggiungere un’età avanzata con buona salute fisica, mentale e cognitiva.

Entriamo nel merito di questa analisi scientifica.

Donne e caffeina: lo studio

Il paper prende in esame i dati sulla nutrizione di oltre 47.000 donne che hanno partecipato al Nurses’ Health Study, ovvero una serie di studi prospettici che ha coinvolto decine di migliaia di infermiere negli Stati Uniti.

Questo gruppo è stato seguito dal 1984, valutando il consumo di caffè, tè, cola e bevande decaffeinate per due anni attraverso questionari alimentari validati - monitorando lo stato di salute fino al 2016.

Secondo i ricercatori, il consumo moderato di caffè durante la mezza età è associato ad una probabilità più alta di invecchiare in salute per i successivi 30.

Questo effetto è stato riscontrato in particolare nel consumo di caffè con caffeina – e non per tè o caffè decaffeinato.

Va detto che con la definizione di “invecchiamento sano” è “vivere fino a 70 anni o più senza 11 principali malattie croniche, senza limitazioni fisiche, problemi mentali o cognitivi, né lamentele di memoria”.

Tali riscontri non sono nuovi alla comunità scientifica: nel 2018 un altro studio aveva indicato delle associazioni tra assunzione di caffè e riduzione della mortalità.

Bisogna sottolineare che, ad oggi, lo studio è stato presentato come abstract, ma un manoscritto più approfondito dell'indagine sarà sottoposto a revisione paritaria nei prossimi mesi.

Caffè e longevità: i risultati

Gli studiosi hanno evidenziato che l'assunzione media di 315 mg di caffeina al giorno (pari a circa 2/3 tazze di caffè) è stata associata a una maggiore probabilità di invecchiamento sano – il caffè in questione rappresentava oltre l'80% dell'assunzione totale di caffeina.

L’analisi è stata effettuata attraverso la regressione logistica multivariata, al fine di stimare le probabilità di invecchiamento sano in relazione all'assunzione di caffeina, aggiustando per fattori come età, BMI, fumo, attività fisica, istruzione e dieta

Parallelamente, un altro dato interessante risiede nel fatto che il consumo di cola o altre bibite con caffeina, invece, è risultato associato a una minore probabilità di invecchiamento sano.

Questo implica che solo il caffè possiede effetti benefici per la salute: gli studiosi hanno anche tenuto conto di altri fattori in grado di collegare il consumo di caffè a un invecchiamento sano, come ad esempio:

  • lo stile di vita;
  • le differenze demografiche;
  • altre differenze alimentari.

L’autore principale dello studio, la Dr.ssa Sara Mahdavi, professoressa associata presso la facoltà di medicina e il dipartimento di scienze nutrizionali dell'Università di Toronto, afferma che il caffè può favorire la longevità, ma non è una prescrizione universale, soprattutto per le donne: i cambiamenti ormonali influenzano il modo in cui la caffeina viene metabolizzata, quindi i benefici dipendono dal momento in cui lo si assume, dalla biologia e dalla salute individuale.

Il prossimo passo prevede che i risultati dell’indagine vengano sottoposti a revisione paritaria per poi essere pubblicati in forma dettagliata su una rivista scientifica.

Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
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