Una nuova ricerca è andata ad indagare la possibilità che hanno le persone altamente sensibili di soffrire di ansia e depressione: queste sarebbero maggiormente influenzabili dalle esperienze negative – ma anche da quelle positive.
Scopriamo di più su questa analisi.
Sensibilità e ansia
I ricercatori hanno condotto un’analisi su 33 studi condotti in 16 diversi Paesi, per un totale di oltre 12.600 persone (con un’età media 25 anni): si tratta della prima ricerca di questo tipo a esaminare la relazione tra sensibilità e disturbi d’ansia e dell’umore.
Lo studio non ha coinvolto direttamente persone o raccolto dati nuovi, ma ha utilizzato rigorosamente nozioni già disponibili in letteratura mediante una revisione sistematica e analisi meta-analitica, con passaggi ben strutturati come estrazione dei dati, analisi statistica aggregata e verifiche di robustezza.
L’obiettivo era quello di trovare nuove prove importanti dell’esistenza di una relazione tra un alto livello di sensibilità (sia essa sociale, emotiva o agli stimoli fisici) e un rischio più alto di ansia e depressione.
Gli scienziati hanno definito il concetto di “sensibilità” come “capacità di percepire ed elaborare stimoli ambientali, fisici e stati d’animo altrui”.
Ne è scaturito che si, essere persone altamente sensibili aumenta la possibilità di soffrire di queste condizioni mentali – di contro, però, rende anche più propensi a trarre beneficio dalle esperienze positive.
Ma perché questo accade? Secondo i ricercatori, tale correlazione sembra dipendere dall’associazione tra sensibilità e ansia: la tendenza a rispondere con maggiore emotività agli stimoli possono portare a sentimenti di ansia, dal momento che riflettono la tendenza a preoccuparsi o immaginare scenari futuri.
Il rischio di depressione, invece, potrebbe dipendere dai fattori ambientali negativi e da contesti stressanti o emotivamente non favorevoli.
Le persone altamente sensibili
In termini psicologici, queste persone rientrano nel novero delle cosiddette "persone altamente sensibili" (PAS), ovvero individui che vivono il mondo in modo particolarmente intenso.
Questi soggetti, che secondo il Dr Falkenstein sono circa il 31% della popolazione mondiale, notano dettagli che spesso sfuggono agli altri, si lasciano coinvolgere profondamente dalle emozioni e reagiscono con maggiore intensità agli stimoli esterni, che siano suoni, luci, parole o situazioni sociali.
Questa sensibilità può renderle più vulnerabili allo stress o al sovraccarico, ma allo stesso tempo permette loro di apprezzare con grande profondità la bellezza, l’arte, la natura e le relazioni autentiche.
Non si tratta di una malattia o di un disturbo, ma di un tratto di personalità che riguarda circa una persona su cinque.
Essere PAS significa, quindi, essere più ricettivi: può essere faticoso in certi contesti caotici o ostili, ma diventa una grande risorsa quando ci si trova in ambienti accoglienti e stimolanti.
Le osservazioni
Stando alle parole del principale firmatario dello studio, il Dr. Tom Falkenstein (psicoterapeuta presso la Queen Mary University di Londra), le evidenze scientifiche emerse indicano che la sensibilità dovrebbe essere maggiormente considerata nella pratica clinica – poiché si andrebbe a migliorare la diagnosi delle patologie.
Come detto, l’analisi ha mostrato una correlazione tra sensibilità e vari problemi di salute mentale, come:
- depressione;
- ansia;
- disturbo da stress post-traumatico;
- agorafobia;
- disturbo evitante di personalità.
Gli studiosi hanno osservato che le persone particolarmente sensibili non solo tendono a essere più vulnerabili agli effetti negativi delle esperienze difficili, ma al tempo stesso possiedono anche una maggiore capacità di trarre beneficio da quelle positive.
Questo doppio aspetto della sensibilità rappresenta un punto chiave nella comprensione del benessere psicologico: è per questo motivo che il Dr. Falkenstein suggerisce di tenere conto del livello di sensibilità individuale quando si pianificano trattamenti per i disturbi di salute mentale.
L’evidenza raccolta mostra infatti come il contesto ambientale – relazionale, sociale e terapeutico – giochi un ruolo decisivo: in un ambiente ostile, la persona sensibile rischia di soffrire maggiormente; al contrario, in un contesto di sostegno e cura, può ottenere progressi e miglioramenti più rapidi e significativi rispetto a chi è meno sensibile.
Fonti:
Sage Journals – The Relationship Between Environmental Sensitivity and Common Mental-Health Problems in Adolescents and Adults: A Systematic Review and Meta-Analysis