Nonostante le dimensioni esigue, il cervello richiede fino al 20% del consumo di energia complessivo del corpo umano; per fare ciò, l’organo in questione comunica con il sistema vascolare per assicurarsi l’energia sufficiente.
Uno studio dell’Università di Lubiana e della Lancaster University ha studiato questo legame: vediamo, del dettaglio, di cosa si tratta.
Come è stato effettuato lo studio
All’interno dell’indagine viene spiegato il ruolo fondamentale dell’unità neurovascolare (Nvu) – costituita da un sistema connesso ai neuroni tramite cellule cerebrali (gli astrociti); lo studio si è basato sulla ricerca di eventuali alterazioni nel funzionamento di questa unità nei pazienti con Alzheimer.
I ricercatori hanno incrociato le misurazioni non invasive dell’ossigenazione cerebrale (flusso sanguigno) e dell'attività elettrica con nuovi metodi di analisi, ovvero specifici algoritmi matematici sviluppati dal gruppo di fisica non lineare e biomedica di Lancaster. Per fare ciò, durante un Ecg (elettrocardiogramma), hanno posizionato sonde elettriche e ottiche sul cuoio capelluto dei pazienti, al fine di valutare la frequenza cardiaca, e una cintura toracica per rilevare la respirazione.
La misurazione in contemporanea di tutti questi valori – l’attività elettrica cerebrale, l'ossigenazione del sangue, l'attività cardiaca e la respirazione – ha permesso agli autori di studiare più da vicino i ritmi fisiologici e identificarne eventuali imperfezioni.
Cosa ha evidenziato la ricerca
Lo studio ha, quindi, fatto emergere una differenza nei ritmi di respirazione tra i due gruppi presi in osservazione: nei soggetti sani, la frequenza media era di 13 respiri al minuto contro i 17 nei pazienti con Alzheimer – e il numero si alzava quando l’individuo era a riposo.
I dati raccolti hanno anche sottolineato un calo del potere di ossigenazione e della coerenza della fase di ossigenazione globale e di quella neurovascolare nei pazienti con Alzheimer rispetto al gruppo sano.
Questo studio presenta, però, diverse limitazioni, ad esempio il fatto che la dimensione del campione preso in esame è contenuta (29 partecipanti con malattia di Alzheimer).
Secondo gli autori, questa scoperta potrebbe aprire la strada a nuovi studi sulla malattia di Alzheimer e fornire nuovi approcci per la diagnosi e il suo trattamento: lo studio mostra come questa condizione possa essere rilevata in modo semplice, non invasivo e poco costoso.