Sepsi neonatale: segnali da riconoscere subito e come prevenirla

Mattia Zamboni | Autore e divulgatore esperto in salute, nutrizione e psicologia applicata al benessere quotidiano. per P. by pazienti.it

Ultimo aggiornamento – 05 Novembre, 2025

Un neonato ricoverato per sepsi neonatale.

La sepsi neonatale è una delle condizioni più gravi che possono colpire i neonati nelle prime settimane di vita: si tratta, infatti, di una vera e propria sindrome clinica in cui il sistema immunitario immaturo del neonato non riesce a controllare la diffusione di un’infezione.

Capire cos’è, come riconoscerla e quali sono i fattori di rischio è fondamentale, soprattutto per i genitori che si trovano ad affrontare i primi giorni delicati con il proprio bambino.

Che cos’è la sepsi neonatale

Con il termine sepsi neonatale si indica un’infezione sistemica che colpisce i bambini nei primi 28 giorni di vita.

L’agente infettivo (batteri, virus o, più raramente, funghi) riesce a entrare nel sangue e a diffondersi in vari organi, generando una risposta infiammatoria che può compromettere il funzionamento di più sistemi vitali.

A differenza dell’adulto, il neonato non ha ancora un sistema immunitario maturo: questo lo rende particolarmente vulnerabile a infezioni che in altre fasce d’età sarebbero più facilmente controllabili.

Si possono distinguere due forme principali di sepsi neonatale:

  • sepsi neonatale precoce: compare nelle prime 72 ore di vita, spesso legata a infezioni acquisite durante la gravidanza o al momento del parto (per esempio, colonizzazione da Streptococcus agalactiae o Escherichia coli);
  • sepsi neonatale tardiva: insorge dopo le 72 ore e fino al 28° giorno di vita. È più frequentemente associata a infezioni ospedaliere o ambientali, soprattutto nei neonati ricoverati in terapia intensiva.

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Questa distinzione non è solo teorica: serve a orientare i medici sulle cause più probabili e quindi sulla scelta degli antibiotici da utilizzare.

I fattori di rischio per la sepsi neonatale

Alcuni bambini hanno una probabilità maggiore di sviluppare sepsi neonatale.

Tra i principali fattori di rischio troviamo:

  • prematurità: i neonati prematuri hanno un sistema immunitario ancora più fragile;
  • peso molto basso alla nascita (inferiore a 1.500 g);
  • parto complicato: rottura prolungata delle membrane, febbre materna durante il travaglio, infezioni urogenitali non trattate;
  • assistenza intensiva prolungata: uso di cateteri venosi, ventilazione meccanica o procedure invasive;
  • colonizzazione materna da Streptococcus di gruppo B (GBS).

Riconoscere questi elementi aiuta a identificare i neonati più vulnerabili e a predisporre controlli e misure preventive mirate.

Sepsi del neonato: sintomi e segnali di allarme

Uno degli aspetti più difficili della sepsi neonatale è che i sintomi possono essere molto sfumati.

Non sempre il neonato mostra segni evidenti, e spesso basta un piccolo cambiamento nel comportamento a suggerire che qualcosa non va.

I sintomi generali possono essere:

  • letargia o irritabilità: il neonato appare insolitamente sonnolento o, al contrario, inconsolabile;
  • alterazioni della suzione: difficoltà ad alimentarsi o rifiuto del latte;
  • ipersensibilità: pianto continuo o reazioni esagerate agli stimoli.

I segni fisici più specifici che possono far sospettare questa condizione, sono:

  • febbre o ipotermia: una temperatura troppo alta o troppo bassa è un campanello d’allarme;
  • difficoltà respiratorie: respiro rapido, pause respiratorie (apnee) o gemiti;
  • colorito alterato della pelle: pallore, cianosi (colorazione blu delle labbra e delle estremità) o marmorizzazione cutanea;
  • ittero persistente o accentuato: a volte può essere legato a un’infezione sistemica;
  • distensione addominale, vomito o diarrea: segni che l’infezione può coinvolgere l’apparato digerente.

Nei casi più gravi possono, invece, comparire:

  • convulsioni;
  • ipotonia (riduzione del tono muscolare);
  • anomalie nei riflessi.

Sepsi neonatale: la diagnosi

Quando si parla di sepsi del neonato, la difficoltà principale risiede nel fatto che molti sintomi sono aspecifici – ovvero possono essere confusi con altre condizioni comuni del neonato: in questo caso, vi possono essere ittero fisiologico o piccoli disturbi gastrointestinali.

È, dunque, fondamentale ricorrere all’esperienza clinica del neonatologo scegliere e esami di laboratorio specifici per confermare i sospetti.

Per confermare la diagnosi, infatti, vengono utilizzati diversi strumenti:

  • emocoltura: è l’esame di riferimento, perché consente di identificare il microrganismo responsabile;
  • emocromo e indici infiammatori (PCR, procalcitonina): aiutano a valutare la risposta dell’organismo;
  • puntura lombare: in caso di sospetta meningite associata;
  • esami strumentali: radiografia del torace, ecografie o altri accertamenti mirati, se si sospetta il coinvolgimento di organi specifici.

La rapidità è cruciale: prima si ottiene una diagnosi, maggiori sono le possibilità di intervento tempestivo ed efficace.

La sepsi neonatale, infatti, quando non trattata tempestivamente, può portare a conseguenze gravi come:

  • meningite neonatale, con possibili esiti neurologici permanenti;
  • insufficienza multiorgano: renale, epatica, respiratoria;
  • shock settico con alto rischio di mortalità.

Anche quando il neonato sopravvive a queste crisi, esiste il rischio di sintomi a concatenazione a lungo termine come:

  • deficit cognitivi;
  • ritardi nello sviluppo;
  • sordità.

Un neonato affetto da sepsi neonatale

Questo accade soprattutto nei casi in cui si è sviluppata encefalite o la meningite.

Terapia e gestione clinica della sepsi nel neonato

La sepsi neonatale è un’emergenza medica: appena c’è il sospetto, il neonato viene trattato prima ancora di avere la conferma microbiologica.

Ecco alcune modalità di terapia.

Antibioticoterapia

Il cardine della terapia è l’uso di antibiotici ad ampio spettro, scelti in base al tipo di sepsi (precoce o tardiva):

  • sepsi precoce: comunemente si utilizzano associazioni di ampicillina con gentamicina, per coprire sia Streptococcus di gruppo B che Escherichia coli;
  • sepsi tardiva: si possono utilizzare cefalosporine di terza generazione o altri antibiotici mirati in base alle colture.

Una volta identificato il microrganismo con le emocolture, la terapia viene “aggiustata” (terapia mirata) per colpire con precisione il patogeno.

Supporto intensivo

Oltre agli antibiotici, il neonato può aver bisogno di:

  • supporto respiratorio: ossigeno, CPAP o ventilazione meccanica;
  • stabilizzazione emodinamica: fluidi endovenosi, farmaci vasoattivi in caso di shock settico;
  • nutrizione parenterale: nei casi in cui l’alimentazione orale sia compromessa.

Durata della terapia

In genere, la durata della terapia per la sepsi neonatale varia da 7 a 14 giorni, ma può estendersi fino a 21 giorni o più in presenza di meningite o infezioni profonde.

La prognosi può dipendere da:

  • rapidità della diagnosi e inizio del trattamento;
  • gravità dell’infezione al momento del ricovero;
  • condizioni del neonato (prematurità, peso alla nascita, presenza di altre malattie).

Secondo l’OMS, la sepsi neonatale è ancora responsabile di un numero significativo di decessi nei paesi a basso reddito, mentre nei paesi ad alto reddito la mortalità si è ridotta notevolmente grazie ai progressi in terapia intensiva neonatale.

Sepsi neonatale e prevenzione

Prevenire la sepsi neonatale è possibile in diversi modi, soprattutto riducendo i fattori di rischio già durante la gravidanza e il parto.

La prevenzione in gravidanza prevede:

  • screening per Streptococcus di gruppo B (GBS) tra la 35a e la 37a settimana di gestazione: se la madre è positiva, viene somministrata una profilassi antibiotica durante il travaglio;
  • trattamento delle infezioni urinarie o genitali materne prima e durante la gravidanza;
  • controllo delle condizioni materne come diabete gestazionale, che aumentano il rischio di complicazioni.

La prevenzione dopo la nascita, invece, riguarda:

  • la riduzione dell’uso non strettamente necessario di procedure invasive (cateteri, ventilazione);
  • l’attuazione di rigide misure igieniche nei reparti neonatali, incluse la disinfezione delle mani e l’uso appropriato dei dispositivi medici;
  • l’allattamento materno, che fornisce anticorpi e sostanze protettive naturali contro le infezioni.

Esistono, comunque, alcuni consigli pratici per i genitori:

  • prestare attenzione a cambiamenti anche minimi nel comportamento del neonato: difficoltà a poppare, pianto insolito, sonnolenza eccessiva;
  • controllare regolarmente la temperatura corporea;
  • non sottovalutare segni come colorito alterato, difficoltà respiratorie, convulsioni;

In caso di dubbio, è sempre bene rivolgersi immediatamente al pediatra o al pronto soccorso.

Mattia Zamboni | Autore e divulgatore esperto in salute, nutrizione e psicologia applicata al benessere quotidiano. per P. by pazienti.it
Scritto da Mattia Zamboni | Autore e divulgatore esperto in salute, nutrizione e psicologia applicata al benessere quotidiano. per P. by pazienti.it

Mattia Zamboni è un professionista della comunicazione con una solida esperienza nella divulgazione di temi legati alla salute e al benessere. Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione con focus sullo storytelling, ha oltre dieci anni di esperienza nel giornalismo e nella produzione di contenuti editoriali.

a cura di Dr. Giuseppe Pingitore
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