Viviamo in un’epoca in cui l’accesso alle notizie è immediato, continuo e spesso dominato da un tono allarmistico: guerre, crisi climatiche, instabilità economiche e disastri naturali entrano nella nostra quotidianità con una facilità impressionante, grazie ai nostri smartphone che ci tengono costantemente aggiornati.
Sempre più persone riferiscono un senso crescente di ansia, accompagnato dalla percezione di una distanza quasi insormontabile tra la gravità degli eventi globali e la routine personale: mentre il mondo sembra affrontare sfide epocali, noi continuiamo a lavorare, occuparci della casa, preoccuparci delle bollette o dei progetti futuri.
Questo scarto crea una dissonanza psicologica difficile da gestire, una sorta di tirante interiore che rende complicato trovare coerenza tra ciò che viviamo dentro e ciò che è e accade fuori di noi.
Divario tra la gravità degli eventi e la nostra capacità di influenzarli: ecco cosa succede
Quando siamo esposti a notizie gravi, il nostro cervello attiva spontaneamente i sistemi di allerta. È una risposta evolutiva: di fronte a un pericolo, reale o percepito, l’organismo cerca di mobilitarsi.
La difficoltà emerge quando il pericolo non è immediato, non è vicino o, soprattutto, non può essere influenzato dalle nostre azioni. Questa combinazione a volte genera un sovraccarico emotivo che ci mantiene in uno stato di tensione costante, come se fossimo sempre “in attesa” di qualcosa.
Allo stesso tempo, si crea una frattura interna: da un lato gli eventi globali, carichi di drammi e paure; dall’altro il nostro quotidiano, che procede con le sue richieste e i suoi ritmi.
È un'incoerenza che alimenta una dissonanza cognitiva che può diventare dolorosa, perché sentiamo che la nostra vita continua a scorrere nonostante il mondo sembri in difficoltà.
Senso di impotenza: apatia o paralisi?
Se questa sensazione perdura, può instaurarsi un senso di impotenza che rischia di trasformarsi in apatia o paralisi: alcune persone, per proteggersi dalla sovrastimolazione emotiva, rischiano di “spegnersi”, di distaccarsi, come se nulla le riguardasse più davvero.
Altre vivono un blocco decisionale: anche compiti semplici sembrano richiedere uno sforzo immenso, perché la mente rimane costantemente occupata da timori che appaiono più grandi della vita stessa.
In altri casi ancora si sviluppa un evitamento rigido delle notizie, non come scelta consapevole per preservare il proprio equilibrio, ma come reazione di paura e sopraffazione.
Naturalmente non tutte le preoccupazioni sono “negative”: una certa dose di apprensione per ciò che accade nel mondo è perfettamente fisiologica e dimostra interesse, empatia e partecipazione.
La preoccupazione è sana quando non ci impedisce di mantenere una vita funzionale, quando nasce dal desiderio di capire e non da un impulso incontrollabile a monitorare ogni aggiornamento, e quando non interferisce con il sonno, la concentrazione o la qualità delle relazioni.
Diventa, invece, disfunzionale quando i pensieri catastrofici occupano la maggior parte della giornata, quando sentiamo la necessità di controllare costantemente ciò che sta accadendo, quando la nostra vita personale ci appare improvvisamente insignificante o quando proviamo senso di colpa per il semplice fatto di vivere momenti di serenità.
Gestire la vita mentre il mondo sembra andare verso scenari preoccupanti
Una delle difficoltà più grandi riguarda proprio la gestione della dissonanza: come continuare a lavorare, progettare, ridere con amici, o pensare a una vacanza, mentre il mondo sembra avviarsi verso scenari preoccupanti?
È importante ricordare che la nostra mente è capace di contenere emozioni apparentemente contraddittorie: possiamo essere preoccupati per gli eventi globali e, allo stesso tempo, continuare a vivere pienamente la nostra vita; accettare questa complessità è un primo passo fondamentale.
Vale anche la pena ridefinire il concetto di “impatto”. Potremmo non avere il potere di modificare i grandi eventi internazionali, ma possiamo influenzare la qualità delle nostre relazioni, i gesti quotidiani, il modo in cui trattiamo chi ci è vicino.
Queste piccole azioni non sono insignificanti: costruiscono il tessuto della nostra realtà e contribuiscono, nel loro piccolo, a migliorare il mondo.
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A questo si affianca la necessità di concedersi spazi di normalità senza colpevolizzarsi; infatti, benessere e impegno non sono in contraddizione: prendersi cura di sé è ciò che ci permette di essere presenti e solidi anche nei momenti complessi.
Limitare l’eccesso di rumore informativo, selezionare con cura le fonti e evitare di iniziare o concludere la giornata con notizie negative può aiutare a mantenere un equilibrio più stabile.
Tecniche concrete per arginare la sopraffazione
Per chi si sente sopraffatto, esistono tecniche semplici ma efficaci, come:
Grounding
Il grounding, ad esempio, aiuta a riportare l’attenzione nel presente usando i sensi: osservare ciò che ci circonda, toccare un oggetto, concentrarsi sui suoni.
Diario dell’ansia
Tenere un diario dell’ansia informativa può essere utile: annotare il motivo per cui si stanno cercando notizie, come ci si sente prima e dopo, quali pensieri emergono; si tratta di un processo che aiuta a riconoscere le abitudini disfunzionali e a ridurne il potere.
Cerchio del controllo
Cosa si intende per “cerchio del controllo”? Distinguere ciò che possiamo influenzare da ciò che va accettato come esterno alle nostre possibilità. Questa distinzione, apparentemente semplice, libera una quantità sorprendente di energia mentale.
Fare del bene
A volte ridurre l’impotenza passa tramite piccoli gesti concreti, come fare una donazione, partecipare ad attività locali o sostenere associazioni che lavorano sui temi che ci stanno a cuore. L’azione ha un effetto regolatore, perché trasforma l’ansia in movimento.
Sfogarsi con altre persone
Parlare delle proprie preoccupazioni con qualcuno, senza cercare risposte immediate, spesso alleggerisce il carico emotivo più di quanto si pensi. L’ansia da notizie non è un segnale di fragilità, ma la risposta naturale di una mente sensibile a un mondo complesso e in rapido cambiamento.
Dunque, la sfida non è scegliere tra essere informati o proteggere la propria salute mentale, ma trovare un modo per far convivere entrambe le cose: possiamo preoccuparci senza esserne travolti, vivere la nostra quotidianità senza diventare indifferenti, costruire una vita significativa pur in mezzo a eventi globali difficili.
La chiave è coltivare un equilibrio che ci permetta di restare presenti a noi stessæ e al mondo, senza perdere la capacità di sperare e di agire.