Negli ultimi decenni, l’obesità infantile è diventata una delle principali sfide di salute pubblica. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2022 circa 37 milioni di bambini sotto i 5 anni erano in sovrappeso o obesi.
Per la fascia 5–19 anni, le stime parlano di oltre 340 milioni di giovani con eccesso ponderale. In Italia, i dati “Okkio alla Salute” 2023 indicano che il 30% dei bambini tra gli 8 e i 9 anni presenta sovrappeso o obesità, con valori che risultano tra i più elevati in Europa.
Questi numeri richiedono interventi educativi e clinici, ma soprattutto un cambio di prospettiva culturale sul cibo e sul corpo. Il rischio, infatti, è che la pressione sociale e la paura dell’obesità conducano a messaggi e pratiche comunicative che, pur con le migliori intenzioni, generano ansia attorno al cibo e favoriscono l’autogiudizio, gettando le basi per una relazione conflittuale che può durare tutta la vita.
Parlare di cibo senza etichettare: il linguaggio come prevenzione
Il linguaggio non è un dettaglio: è il mezzo principale attraverso cui un bambino costruisce significati. Quando in famiglia si parla di “cibi buoni” e “cibi cattivi”, o si collega l’assunzione di certi alimenti all’essere “bravi” o “meno bravi”, il cibo assume una valenza morale.
Questo può trasformare un’esperienza naturale come mangiare in un terreno di ansia, autocontrollo e senso di colpa.
Alcuni esempi di frasi da evitare e possibili alternative:
- Invece di dire “Questo fa ingrassare”, si può dire “Questo è un cibo che mangiamo più raramente”.
- Invece di dire “Se mangi questo sei esagerato/a”, si può dire “Ascoltiamo se abbiamo ancora fame o ci sentiamo sazi”.
- Invece di dire “Hai già mangiato troppo”, si può dire “Come si sente la tua pancia adesso?”.
- Invece di dire “Dobbiamo stare attenti alla linea”, si può dire “Nutriamo il corpo per farci stare bene ed essere forti”.
La riformulazione non serve a “imbellettare” il messaggio, ma a modificare la direzione emozionale del discorso: dal giudizio alla consapevolezza.
Il piacere non è un nemico: legittimare la gioia del mangiare
Un bambino impara anche dal clima in cui il cibo viene vissuto. Se il dolce è presentato come “vietato”, “pericoloso” o “premio”, acquisisce un valore emotivo enorme: diventa oggetto di desiderio, prova di autocontrollo, compensazione o trasgressione.
Al contrario, se ogni cibo trova il suo posto, pur con frequenze diverse, il bambino può viverlo senza anticipazione emotiva o compensazione.
Non esistono alimenti “da eliminare” nell’infanzia: esistono alimenti da contestualizzare. Mangiare un gelato in estate in famiglia può essere un momento prezioso per nutrire la relazione, oltre che il corpo. E la relazione è nutrimento a tutti gli effetti.
L’ascolto della fame e della sazietà come bussola
Insegnare ai bambini a riconoscere e fidarsi dei segnali interni — fame, sazietà, desiderio, soddisfazione — è un investimento a lungo termine. Può essere utile introdurre domande semplici, che non giudicano, come:
- “La tua pancia dice che ha ancora fame o è piena?”
- “Ti senti più leggero, pesante o energico dopo questo pasto?”
- “Vuoi una porzione piccola o media?”
Questo approccio favorisce l’autoregolazione, riduce l’alimentazione emotiva e sostiene una relazione di fiducia con il corpo.
Il ruolo dell’adulto: modellare senza predicare
I bambini imitano ciò che vedono, molto più di quanto ascoltano. Se l’adulto si pesa continuamente e commenta il proprio corpo, il bambino imparerà che il corpo è un oggetto da monitorare.
Se l’adulto prova sensi di colpa per ciò che mangia, il bambino imparerà che il cibo può essere colpa. Se invece l’adulto mangia con curiosità e apertura, il bambino imparerà che il cibo può essere scoperta.
Un genitore non deve essere perfetto: deve essere sufficientemente sereno da trasmettere sicurezza.
Parlare di salute come esperienza quotidiana, non come dovere
Parlare di alimentazione non significa spiegare cosa è sano, ma collegare il cibo all’esperienza. Si può dire, ad esempio:
- “Questa colazione ci dà energia per andare a scuola.”
- “La verdura ci aiuta a far funzionare bene la pancia.”
- “Beviamo acqua perché il corpo ha bisogno di idratazione per muoversi e pensare.”
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Quando è necessario intervenire in modo strutturato
L’obesità infantile richiede attenzione clinica, ma gli interventi più efficaci sono graduali, familiari (non centrati solo sul bambino), non restrittivi (per evitare il ciclo fame-restrizione-compensazione) e orientati al benessere, non al peso.
Il peso può essere monitorato dal professionista, ma non deve diventare l’oggetto quotidiano della vita familiare.
Parlare di obesità infantile non significa parlare di peso, ma di relazione, fiducia, cura e ambiente. Crescere senza bilancia non vuol dire ignorare la salute: vuol dire non lasciare che il numero diventi l’identità del bambino.
Il cibo è nutrimento, piacere, cultura e vicinanza. E i bambini meritano di impararlo in un clima di serenità.
Fonti
- American Academy of Pediatrics. (2023) - Clinical Practice Guideline for the Evaluation and Treatment of Children and Adolescents With Obesity. Pediatrics, 151(2), e2022060640.
- Dowling, M. L., Steele, R. G., & Scholten, S. D. (2024)- Associations between parent and child intuitive eating: A scoping review. Appetite, 190, 106479.
- Faith, M. S., Wardle, J., & others. (2021) - Childhood obesity: Public-health crisis, common sense cure. The Lancet, 378, 1199–1200.
- Rolland-Cachera, M. F. (2020) - Childhood obesity: Current definitions and recommendations for their use. International Journal of Pediatric Obesity, 15, e12690.
- Vannice, G. et al. (2023) - Family-based nutrition and lifestyle interventions in pediatric overweight and obesity: A review. Nutrition Reviews, 81(7), 689–708.
- WHO – World Health Organization. (2023) - Obesity and overweight: key facts.