Un esame del sangue può rilevare l’Alzheimer 11 anni prima della comparsa dei sintomi

Mattia Zamboni | Autore e divulgatore esperto in salute, nutrizione e psicologia applicata al benessere quotidiano
A cura di Mattia Zamboni
Autore e divulgatore esperto in salute, nutrizione e psicologia applicata al benessere quotidiano

Ultimo aggiornamento – 07 Maggio, 2025

Una persona stringe la mano ad una signora anziana

Un team di scienziati dell'Università Martin-Lutero di Halle-Wittenberg, a stretta collaborazione con il Dipartimento di Neurologia dell'Ospedale Universitario di Ulm, il Dipartimento di Neurologia della Facoltà di Medicina dell'Università di Washington, il Centro di ricerca sulla demenza – Dipartimento di malattie neurodegenerative dello University College di Londra e l'Ospedale Anam dell'Università della Corea, ha rilevato una proteina presente nel sangue che può indicare la comparsa dei sintomi dell’Alzheimer in maniera precoce.

Scopriamo di cosa si tratta.

Il ruolo della proteina beta-sinucleina

Lo studio ha scoperto che, attraverso un semplice esame del sangue, si possono evidenziare livelli ematici della proteina beta-sinucleina – un elemento presente nelle sinapsi che collegano i neuroni facilitando la trasmissione dei segnali elettrici: quando queste si deteriorano, la proteine in questione viene rilasciata e può essere rilevata nel flusso sanguigno.

Proprio per questo motivo, la beta-sinucleina è fortemente associata all’insorgenza di Alzheimer e, attraverso un test del sangue, si può notare come i livelli inizino a crescere una decina d’anni prima della manifestazione dei sintomi della demenza.

Per capire che il rilevamento dei livelli della proteina nel sangue può essere un biomarcatore precoce, gli scienziati hanno confrontato i livelli della stessa nel sangue di:

  • 78 persone portatrici di mutazioni associate al declino cognitivo, ma senza sintomi specifici;
  • 69 persone sane senza mutazioni legate all’Alzheimer;
  • 31 portatori di mutazioni con manifestazioni sintomatiche della neurodegenerazione.

Le evidenza emerse

Le rilevazioni scientifiche hanno permesso di osservare che i livelli di beta-sinucleina sono più alti nei pazienti con demenza sintomatica, rispetto a chi non presenta sintomi; questi ultimi, però, evidenziano livelli più alti dei non portatori sani.

I ricercatori, dunque, sottolineano che quando i neuroni iniziano a morire e le connessioni tra di loro si deteriorano, nel sangue si rilevano quantità sempre maggiori di questa specifica proteina.

Tale aumento rappresenta un segnale biologico importante dell'avanzare della malattia e i livelli della beta-sinucleina iniziano a salire già 11 anni prima della comparsa dei primi sintomi di deterioramento cognitivo.

Il team di scienziati sottolinea che “Per una persona con una mutazione, è possibile prevedere gli anni che mancano all'insorgenza dei sintomi della demenza. L'esperienza ci insegna che questo può essere calcolato sulla base dell'età in cui si sono manifestati i primi deficit cognitivi nei parenti più anziani”.

È facile pensare, dunque, che questa scoperta possa rappresentare una svolta nella diagnosi precoce e nel trattamento della patologia.

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