Un nuovo modo di proteggere il cervello: lo studio che rivela l’effetto combinato di corpo, mente e vita sociale

Emanuela Spotorno |  Autrice e divulgatrice esperta in salute, benessere femminile e medicina preventiva
A cura di Emanuela Spotorno
Autrice e divulgatrice esperta in salute, benessere femminile e medicina preventiva

Ultimo aggiornamento – 25 Novembre, 2025

tre signore al ristorante, parlano e bevono

Sta emergendo un nuovo filone di ricerca che collega in modo diretto lo stile di vita, il sistema immunitario e la salute cerebrale. 

Un recente studio italiano, condotto dall’Irccs Istituto Clinico Humanitas e dall’Istituto di Neuroscienze del Cnr di Pisa, ha valutato gli effetti di un programma multidimensionale sul declino cognitivo, individuando modificazioni biologiche misurabili che potrebbero contribuire allo sviluppo di strategie preventive contro le malattie neurodegenerative.

Un approccio integrato per contrastare il declino cognitivo

Il declino cognitivo lieve (Mild Cognitive Impairment, MCI) rappresenta una condizione intermedia tra l’invecchiamento fisiologico e le prime fasi della malattia di Alzheimer. Le persone con questa diagnosi mostrano un deterioramento superiore a quello atteso per l’età e presentano un rischio più elevato di evolvere verso forme di demenza. 

In molti casi, i livelli di citochine pro-infiammatorie risultano aumentati, confermando il ruolo dell’infiammazione cronica, l’inflammaging, nei processi di invecchiamento cerebrale.

All’interno di questo contesto scientifico si inserisce il programma “Train the Brain”, sviluppato presso la “Palestra della Mente” dell’Area della Ricerca del Cnr di Pisa.

L’intervento integra tre dimensioni ritenute fondamentali per la salute del cervello che invecchia: attività fisica per sostenere la salute vascolare e metabolica, stimolazione cognitiva per rafforzare memoria e attenzione, e interazione sociale per contrastare isolamento e stress emotivo

Agire contemporaneamente su più fattori permette di intervenire in modo più efficace sui meccanismi alla base del declino cognitivo.

Lo studio: 76 partecipanti e un percorso di 7 mesi

La ricerca, pubblicata sulla rivista Brain, Behavior & Immunity – Health, ha coinvolto 76 persone con MCI. I partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi:

  • un gruppo sperimentale, coinvolto in un programma di 7 mesi basato sull’approccio multidimensionale;
  • un gruppo di controllo, che ha ricevuto esclusivamente un supporto informativo.

All’inizio e al termine del percorso sono state effettuate valutazioni neuropsicologiche, risonanze magnetiche e prelievi di sangue per analizzare i livelli di citochine.

I precedenti studi sul programma “Train the Brain” avevano già mostrato miglioramenti nelle funzioni cognitive, in particolare nella memoria episodica e nell’attenzione, oltre a modificazioni strutturali rilevate con risonanza magnetica, come una migliore perfusione cerebrale e una maggiore conservazione della sostanza grigia nelle aree corticali coinvolte nelle funzioni esecutive. 

Questi benefici sono risultati indipendenti da genere, età e livello di scolarità, pur apparendo più marcati nelle donne e nelle persone con istruzione più bassa.

Effetti biologici misurabili: cosa cambia davvero nel corpo

Lo studio ha permesso di osservare un aspetto poco indagato finora: come il programma influenzi alcuni segnali biologici legati all’infiammazione.

Nel gruppo che ha seguito “Train the Brain” è stata osservata una diminuzione di diverse molecole infiammatorie, cioè sostanze che, quando presenti in eccesso, possono favorire il declino cognitivo. Tra queste rientrano alcune citochine note per essere associate a processi neurodegenerativi.

Allo stesso tempo, i ricercatori hanno rilevato un aumento delle molecole con azione antinfiammatoria, considerate protettive per il cervello. Una in particolare, IL-10, risulta importante perché contribuisce alla salute dei neuroni e alla capacità del cervello di rigenerarsi. I suoi livelli più alti sono stati collegati anche a migliori prestazioni nei test di memoria.

In sintesi, il programma sembra agire non solo sul comportamento e sulla motivazione, ma anche su processi biologici profondi che influenzano il modo in cui il cervello invecchia.


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Il cervello reagisce alla vita quotidiana

Il quadro che emerge ribadisce un concetto ormai consolidato: il cervello risponde attivamente allo stile di vita. Movimento, stimoli cognitivi e relazioni sociali incidono sulla qualità dell’invecchiamento, regolando in modo misurabile l’infiammazione sistemica e sostenendo le funzioni neurali.

Adottare abitudini quotidiane come camminare, leggere, svolgere esercizi mentali e mantenere una vita sociale ricca può contribuire a rallentare o attenuare i segnali iniziali di declino. 

Si tratta di strategie accessibili e sostenibili, in grado di affiancare gli interventi clinici e di favorire un invecchiamento cerebrale più sano.

Il programma “Train the Brain” conferma il valore di un approccio integrato che combina movimento, stimolazione cognitiva e interazione sociale, mostrando effetti benefici misurabili sia a livello cognitivo sia sul piano biologico. 

Le evidenze raccolte indicano una strada promettente per intervenire precocemente sui fattori di rischio legati all’invecchiamento cerebrale e favorire nuove strategie di prevenzione.

Fonti

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