Una crisi silenziosa, ma già in corso. I batteri che un tempo si sconfiggevano con un ciclo di antibiotici stanno imparando a sopravvivere, e due nomi su tutti guidano questa inquietante evoluzione: Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae.
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha appena diffuso il Global Antibiotic Resistance Surveillance Report 2025, un documento che fotografa una situazione allarmante: la resistenza agli antibiotici cresce più velocemente della capacità della medicina di contrastarla.
Un’infezione su sei è già resistente
I report globali segnalano che non è raro che infezioni gravi, come quelle del sangue da batteri Gram-negativi, non rispondano ai trattamenti di prima linea. In molti casi, i tassi di resistenza superano già il 50-60% nelle aree più colpite, con il rischio che anche classi terapeutiche essenziali diventino inefficaci
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, la resistenza antimicrobica sta ormai avanzando più rapidamente dei progressi della medicina moderna.
L’Oms sottolinea la necessità di un uso più consapevole degli antibiotici, di un accesso equo ai farmaci e alla diagnostica, e dell’investimento in nuove molecole e strategie di prevenzione. La capacità di garantire cure efficaci, diagnosi tempestive e terapie appropriate viene considerata una delle sfide cruciali per la salute pubblica globale.
E. coli e Klebsiella: i batteri più pericolosi del mondo
Nel mirino dell’Oms ci sono soprattutto i batteri Gram-negativi, che stanno dimostrando una capacità crescente di eludere i farmaci. Tra questi, Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae sono oggi i principali responsabili delle infezioni del sangue più gravi, spesso causa di sepsi, insufficienza d’organo e morte.
Oltre il 40% dei ceppi di E. coli e più del 55% di quelli di K. pneumoniae sono ormai resistenti alle cefalosporine di terza generazione, considerati i farmaci di prima scelta per queste infezioni. In alcune regioni dell’Africa, la resistenza supera addirittura il 70%.
Ma il problema non riguarda solo queste due specie. Anche altri patogeni, come Salmonella, Acinetobacter, Shigella e Neisseria gonorrhoeae, stanno perdendo sensibilità a diversi antibiotici salvavita, tra cui carbapenemi e fluorochinoloni, riducendo drasticamente le opzioni terapeutiche a disposizione dei medici.
Un trend in crescita: +15% in cinque anni
Il rapporto mostra che tra il 2018 e il 2023 la resistenza è aumentata nel 40% degli antibiotici monitorati, con un incremento medio annuo tra il 5% e il 15%.
Il database globale dell’Oms raccoglie dati provenienti da oltre 100 Paesi e da 23 milioni di infezioni confermate in laboratorio: un volume senza precedenti, che mostra come la minaccia non sia più confinata agli ospedali, ma coinvolga la salute pubblica a ogni livello.
Le infezioni urinarie risultano tra le più colpite (una su tre resistente), seguite dalle infezioni del sangue (una su sei). In oltre il 40% dei casi di sepsi da batteri Gram-negativi, i trattamenti standard non funzionano più.
Sud-Est asiatico e Mediterraneo orientale: le aree più vulnerabili
La resistenza antibiotica non colpisce in modo uniforme. Secondo le stime dell’Oms, i tassi più alti si registrano nel Sud-Est asiatico e nel Mediterraneo orientale, dove una infezione su tre risulta resistente.
Nella Regione africana la media è di una su cinque, mentre in Europa il fenomeno è più contenuto, con circa una su dieci. Tuttavia, anche nei Paesi industrializzati si osserva una crescita costante, favorita dall’abuso di antibiotici e dalla globalizzazione delle catene alimentari e sanitarie.
Nei Paesi con sistemi sanitari fragili, la mancanza di laboratori diagnostici affidabili, di farmaci essenziali e di monitoraggio digitale accelera la diffusione dei ceppi resistenti. Dal 2016, anno di nascita del programma GLASS (Global Antimicrobial Resistance and Use Surveillance System), i Paesi partecipanti sono quadruplicati, da 25 a 104, ma quasi la metà non ha ancora trasmesso dati completi.
Uno squilibrio che favorisce i “superbatteri”
Secondo l’Oms, nel 2022 solo il 52,7% degli antibiotici utilizzati nel mondo apparteneva alla categoria “Access”, cioè quelli di prima scelta raccomandati per l’uso prudente e diffuso.
L’obiettivo fissato dalle Nazioni Unite per il 2030 è del 70%, ma siamo ancora lontani. Al contrario, gli antibiotici della categoria “Watch”, da usare con cautela perché a rischio di generare resistenze, superano il 70% del consumo in un terzo dei Paesi.
Questo squilibrio, unito alla carenza di strumenti diagnostici e di sorveglianza, crea un terreno ideale per la diffusione di ceppi resistenti e per il fallimento terapeutico.
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Un approccio “One Health” per salvare la medicina moderna
La lotta all’antibiotico-resistenza non riguarda solo gli ospedali. L’Oms richiama i governi a un’azione coordinata secondo il principio “One Health”, che integra salute umana, animale e ambientale.
Investire in nuove molecole antibiotiche, potenziare la diagnostica rapida e armonizzare le linee guida cliniche con i modelli locali di resistenza sono le priorità indicate dal rapporto.
Senza un’azione globale e immediata, avverte l’Oms, il rischio è quello di tornare a un’epoca pre-antibiotica, in cui una semplice infezione poteva diventare letale. Una minaccia che non è più lontana nel tempo, ma già scritta nei numeri del presente.
Fonti: