Una recente ricerca indica che l’esposizione prolungata a una sostanza chimica diffusa, ormai vietata nell’Unione Europea, potrebbe aumentare il rischio di sviluppare il morbo di Parkinson.
Scopriamo quale e perché.
Lo studio sul tricloroetilene
Il tricloroetilene (TCE) è un solvente industriale impiegato principalmente per sgrassare metalli e lavare a secco dei tessuti: per via dei timori per la sua capacità di provocare danni genetici e tumori, l’uso del TCE è vietato nell’UE dal 2016 – salvo alcune eccezioni molto limitate.
Negli Stati Uniti, tuttavia, il composto continua a diffondersi nell’ambiente, contaminando aria, suolo e acqua.
Lo studio in questione, condotto a livello nazionale negli Stati Uniti, esplora maggiormente le ricerche precedenti che si erano concentrate principalmente sull’esposizione professionale: il team ha analizzato i dati ambientali legati ai codici postali delle abitazioni dei partecipanti, suddividendo la popolazione in dieci gruppi in base ai livelli stimati di esposizione al TCE.
Il team ha analizzato i dati di circa 222.000 anziani a cui è stato diagnosticato il Parkinson tra il 2016 e il 2018 e li ha confrontati con quelli di oltre 1,1 milioni di persone senza la malattia.
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Ciò che ne emerge è un incremento, seppur moderato, del rischio di Parkinson: le persone maggiormente esposte a questa sostanza, infatti, avevano circa il 10% in più di probabilità di sviluppare tale condizione rispetto a chi aveva un’esposizione minima.
Questo dato, se considerato insieme al numero significativo di individui esposti nell’ambiente, suggerisce un potenziale impatto rilevante sulla salute pubblica.
Particolare attenzione è stata riservata alle aree circostanti i tre principali impianti statunitensi di emissione di TCE, dove il rischio si è rivelato più elevato: la principale autrice dello studio, la Dr.ssa Brittany Krzyzanowski del Barrow Neurological Institute, sottolinea che, sebbene il rischio osservato sia contenuto, la diffusione della sostanza chimica rende la questione di notevole rilevanza sanitaria.
Limiti e prospettive
Va sottolineato che, nonostante le evidenze raccolte, lo studio non stabilisce un nesso causa-effetto diretto tra TCE e Parkinson: la ricerca rileva, solamente, una correlazione significativa.
L’indagine scientifica, inoltre, presenta alcuni limiti: il focus del team si è basato eccessivamente su una popolazione anziana ed è stata attuata misurazione dell’esposizione chimica in un singolo momento, il che potrebbe non rappresentare l’esposizione effettiva lungo l’arco della vita dei partecipanti.
Questi risultati vanno ad inserirsi in un quadro più ampio di ricerche che suggeriscono come fattori ambientali, tra cui sostanze chimiche e inquinamento atmosferico, possano giocare un ruolo determinante nello sviluppo del Parkinson, accanto alla componente genetica.
Studi precedenti, infatti, hanno collegato la malattia anche all’inquinamento urbano e all’esposizione a pesticidi come il paraquat (un erbicida): l’autrice dello studio invita a rafforzare le normative e a intensificare il monitoraggio degli inquinanti industriali, sottolineando l’importanza di strategie preventive per ridurre i rischi di malattie neurodegenerative legate all’ambiente.
Fonti:
- Sage Journals – Trichloroethylene: An Invisible Cause of Parkinson’s Disease?
- Jama Network Open – Air Pollution and Parkinson Disease in a Population-Based Study