Un nuovo studio ha mostrato incoraggianti passi avanti nel trattamento delle forme d’asma, suggerendo come un anticorpo monoclonale possa diminuire la necessità di ulteriori terapie.
Scopriamo di quale farmaco si tratta e come funziona.
Lo studio
Una ricerca appena pubblicata su The Lancet Respiratory Medicine ha osservato 158 soggetti con episodi acuti di asma e BPCO (Broncopneumopatia cronica ostruttiva).
I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi: al primo è stato somministrato il Benralizumab (un anticorpo monoclonale che prende di mira un tipo specifico di globuli bianchi e che riduce l’infiammazione durante gli attacchi più violenti) e finte pastiglie di corticosteroidi; il secondo gruppo, invece, è stato trattato con trattamento standard e fine iniezioni di Benralizumab. A un terzo gruppo sono state somministrate entrambe le cure.
Dopo 28 giorni dal trattamento, chi è stato trattato con Benralizumab ha visto diminuire episodi di tosse, sibili, espettorato e mancanza di respiro; inoltre, dopo tre mesi, il numero di persone insensibili ai trattamenti è diminuito di quattro nel gruppo curato con l’anticorpo monoclonale.
I pazienti hanno avuto una migliore qualità di vita, risultando protetti dalla cura per più tempo, con meno visite nei Pronto Soccorso nel periodo considerato.
Si tratta del primo nuovo trattamento in 50 anni e rappresenta una svolta per chi soffre di asma o broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) – e la cosa che colpisce gli studiosi e che si tratta di un farmaco già conosciuto, disponibile e ben tollerato dai pazienti.
La svolta innovativa
Solitamente, le fasi critiche degli attacchi di Asma e BPCO vengono trattate con farmaci corticosteroidi – efficaci grazie alla loro potente azione antinfiammatoria. Questi farmaci, alla lunga, possono però causare effetti collaterali importanti, come diabete ed osteoporosi.
Proprio per questo, gli autori dello studio hanno pensato di testare, per questi episodi acuti, un farmaco già utilizzato, a bassi dosi e ripetutamente, nei casi gravi di asma.
La Dr.ssa Samantha Walker, direttrice di ricerca e innovazione presso Asthma + Lung UK, afferma che “è una grande notizia che sia stata trovare una potenziale alternativa alle compresse di steroidi per trattare gli attacchi di asma e le esacerbazioni della broncopneumopatia cronica ostruttiva è una grande notizia per le persone con patologie polmonari. Al tempo stesso, però, è anche spaventoso che questo sia il primo nuovo trattamento per chi soffre di attacchi di asma e BPCO in 50 anni, mostrando quanto sia disperatamente sottofinanziata la ricerca sulla salute polmonare”.
Anche le associazioni che rappresentano i pazienti hanno accolto con sollievo la notizia, ma sottolineano che, il fatto che solo oggi si scopra che un farmaco già disponibile poteva essere riadattato con un così grande potenziale, dimostra quanto poco siano finanziate le ricerche sulle malattie polmonari croniche.