Le donne sono più a rischio di effetti collaterali dovuti all’immunoterapia

Mattia Zamboni | Autore e divulgatore esperto in salute, nutrizione e psicologia applicata al benessere quotidiano. per P. by pazienti.it

Ultimo aggiornamento – 24 Settembre, 2025

Un medico con uno stetoscopio al collo è seduto su un divano e parla con una paziente, anche lei seduta di fronte a lui.

Negli ultimi anni l’immunoterapia ha rivoluzionato il trattamento di molti tumori, in particolare grazie agli inibitori dei checkpoint immunitari (ICIs), che sbloccano il sistema immunitario permettendogli di attaccare le cellule cancerose.

Tuttavia, non tutti i pazienti rispondono nello stesso modo e, tra i fattori che influenzano sia l’efficacia che la tossicità di questi farmaci, uno studio mette in luce un elemento spesso trascurato: il sesso biologico.

Scopriamo di più.

Differenze immunitarie sessuali

La ricerca in questione è una review, ossia una sintesi critica della letteratura a disposizione, che esplora le differenze legate al sesso biologico nei meccanismi immunitari, nell’efficacia e nelle tossicità correlate all’immunoterapia oncologica, con particolare attenzione agli inibitori del checkpoint immunitario (ICIs) come PD-1, PD-L1, CTLA-4. 

L’obiettivo è capire in che modo uomini e donne differiscono non solo nella risposta antitumorale, ma anche nei rischi di effetti avversi immuno-mediati, evidenziando che il sesso è una variabile fondamentale che spesso non viene considerata abbastanza nei trial clinici. 

Gli autori spiegano che uomini e donne presentano differenze sostanziali nella risposta immunitaria: le donne, ad esempio, tendono ad avere un sistema immunitario più “reattivo”, con una produzione più marcata di anticorpi, una maggiore attivazione delle cellule T e un livello più elevato di citochine infiammatorie.

Questo rende il loro organismo, da un lato, più capace di contrastare le infezioni e di rispondere ai vaccini, ma dall’altro più incline a sviluppare patologie autoimmuni.


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Dal punto di vista clinico gli uomini sembrano beneficiare maggiormente dei soli degli inibitori dei checkpoint immunitari (farmaci di immunoterapia che "rimuovono i freni" del sistema immunitario, permettendo ai linfociti T di riconoscere e attaccare le cellule tumorali).

Le donne, invece, traggono più vantaggio quando l’immunoterapia è combinata con la chemioterapia.

Quest’ultima, infatti, aumenta l’immunogenicità del tumore e può potenziare l’azione dei farmaci immunoterapici, compensando in parte alcune limitazioni della monoterapia nelle pazienti di sesso femminile.

La letteratura presenta risultati contrastanti, anche a causa della grande eterogeneità dei tumori considerati e della scarsa attenzione al sesso biologico nei protocolli di ricerca.

Tossicità e sesso biologico

Un aspetto su cui c’è invece maggiore consenso riguarda le tossicità immuno-mediate, ovvero un effetto collaterale dell'immunoterapia oncologica: in questo caso, le donne risultano più predisposte a sviluppare effetti collaterali gravi rispetto agli uomini, soprattutto a carico delle ghiandole endocrine (come la tiroide), dell’apparato gastrointestinale, della pelle e dei polmoni.

La predisposizione femminile alle malattie autoimmuni suggerisce che il loro sistema immunitario, quando viene “sbloccato” dagli ICIs, possa andare più facilmente incontro a una reazione eccessiva che colpisce anche i tessuti sani.

Gli uomini, al contrario, mostrano una frequenza leggermente maggiore di alcuni eventi avversi specifici, come l’ipofisite associata agli anti-CTLA-4.Un medico, seduto alla sua scrivania, parla con una paziente, gesticolando e sorridendo.

I cause alla base di queste differenze sono molteplici:

  • gli ormoni sessuali: gli estrogeni favoriscono l’attivazione immunitaria, mentre il testosterone tende a smorzarla;
  • la genetica: molte molecole coinvolte nella regolazione immunitaria si trovano sul cromosoma X, di cui le donne possiedono due copie;
  • le differenze farmacocinetiche: la diversa composizione corporea e il metabolismo tra uomini e donne possono alterare la distribuzione e la clearance dei farmaci, modificandone l’esposizione e quindi l’impatto clinico.

Il sesso biologico, dunque, è una variabile determinante nella risposta all’immunoterapia, ma continua a essere sottovalutato nei trial clinici: stando al team di ricerca, l’oncologia di precisione non può più limitarsi alle caratteristiche molecolari del tumore, ma deve considerare anche le caratteristiche biologiche del paziente, a partire dal sesso.

Includere questa prospettiva potrebbe migliorare la personalizzazione delle cure: sapere che una donna in pre-menopausa ha un rischio maggiore di sviluppare tossicità importanti, ad esempio, potrebbe spingere i medici a un monitoraggio più attento o a valutare strategie terapeutiche differenti.

Fonti:

MDPISex-Related Differences in Immunotherapy Toxicities: Insights into Dimorphic Responses

Mattia Zamboni | Autore e divulgatore esperto in salute, nutrizione e psicologia applicata al benessere quotidiano. per P. by pazienti.it
Scritto da Mattia Zamboni | Autore e divulgatore esperto in salute, nutrizione e psicologia applicata al benessere quotidiano. per P. by pazienti.it

Mattia Zamboni è un professionista della comunicazione con una solida esperienza nella divulgazione di temi legati alla salute e al benessere. Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione con focus sullo storytelling, ha oltre dieci anni di esperienza nel giornalismo e nella produzione di contenuti editoriali.

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