Un risultato definito “spettacolare” dagli scienziati: la malattia di Huntington, fino a oggi senza cura, è stata trattata con successo per la prima volta grazie a una terapia genica sperimentale.
I dati dello studio aprono nuove prospettive di vita a migliaia di persone colpite in tutto il mondo.
Che cos’è la malattia di Huntington
La malattia di Huntington è una patologia genetica ereditaria che colpisce il cervello. È causata da una mutazione del gene huntingtin, che trasforma una proteina necessaria alle cellule nervose in una sostanza tossica capace di distruggere progressivamente i neuroni.
Chi ha un genitore affetto dalla malattia ha una probabilità del 50% di ereditarne il gene alterato.
I sintomi tendono a comparire tra i 30 e i 40 anni, con disturbi dell’umore, alterazioni motorie e cognitive, fino a evolvere in demenza e paralisi. Senza trattamento, la malattia è in genere fatale entro due decenni.
Una svolta storica nella ricerca
Per la prima volta, però, uno studio internazionale ha mostrato risultati promettenti nel rallentare la progressione della malattia. La ricerca, guidata in Regno Unito dalla professoressa Sarah Tabrizi e dal professor Ed Wild del University College London (UCL), ha dimostrato che la progressione della malattia può essere rallentata fino al 75%.
Secondo i ricercatori, questo risultato equivale a trasformare un anno di peggioramento clinico in quattro anni, garantendo ai pazienti decenni aggiuntivi di vita con una buona qualità.
Il trattamento si basa su una singola dose di terapia genica, somministrata durante un delicato intervento neurochirurgico della durata di 12-18 ore. Viene utilizzato un virus modificato e reso sicuro, programmato per trasportare nel cervello una sequenza di DNA progettata per bloccare la produzione della proteina mutata.
La procedura prevede l’infusione del materiale genetico in due aree chiave del cervello, guidata da immagini in tempo reale di risonanza magnetica. Una volta introdotto, il DNA attiva i neuroni stessi, trasformandoli in “fabbriche” capaci di produrre molecole che disattivano le istruzioni difettose alla base della malattia.
I risultati della sperimentazione
Il trial ha coinvolto 29 pazienti tra Regno Unito e Stati Uniti. Dopo tre anni dall’intervento, i dati hanno evidenziato:
- 75% di rallentamento della progressione clinica, misurata su funzioni motorie, cognitive e capacità di vita quotidiana;
- riduzione dei marcatori biologici di danno neuronale, con livelli di neurofilamenti nel liquido spinale inferiori rispetto a quelli attesi;
- miglioramenti concreti nella vita dei pazienti: alcuni hanno potuto riprendere a lavorare, altri sono riusciti a mantenere una mobilità che, senza trattamento, avrebbero perso.
La terapia è risultata generalmente sicura, anche se in alcuni casi si sono verificati episodi di infiammazione cerebrale trattati con steroidi.
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Le prospettive future e i limiti
Secondo gli esperti, l’effetto del trattamento potrebbe durare per tutta la vita, poiché le cellule nervose non vengono sostituite come avviene per altri tessuti. Tuttavia, si tratta di una procedura molto complessa.
L’azienda uniQure, che ha sviluppato la terapia, ha annunciato l’intenzione di richiedere l’autorizzazione alla Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti entro il 2026, con successivo avvio delle procedure di approvazione anche in Europa.
Gli scienziati sottolineano che il trial, pur rappresentando una svolta, ha coinvolto un numero limitato di partecipanti. Saranno necessari studi più ampi per confermare la sicurezza e l’efficacia su scala globale.
Per la comunità dei pazienti, i risultati rappresentano un passo avanti epocale. Molti familiari e portatori del gene hanno espresso emozione e speranza di fronte a una possibilità che fino a poco tempo fa sembrava impensabile. La stessa professoressa Tabrizi, che ha guidato la ricerca, ha parlato di “inizio di una nuova era” nella lotta alla malattia di Huntington.
Accanto alla terapia genica oggi sperimentata, altri farmaci e approcci terapeutici sono in fase di sviluppo, alcuni dei quali potrebbero offrire soluzioni meno invasive e più accessibili.
Questo nuovo successo ha quindi il potenziale di accelerare la ricerca e aprire la strada a trattamenti preventivi per chi è portatore del gene ma non presenta ancora sintomi.
Fonti:
- UniQure - uniQure Announces Positive Topline Results from Pivotal Phase I/II Study of AMT-130 in Patients with Huntington’s Disease