Molti farmaci di uso comune, ben oltre i noti antibiotici, lasciano una "memoria" duratura nel nostro intestino.
Scopriamo di più in questo approfondimento.
Il primo studio completo sugli effetti a carico dell’intestino dei farmaci
Una rivoluzionaria ricerca che svela come sostanze come beta-bloccanti, derivati delle benzodiazepine, glucocorticoidi, inibitori della pompa protonica (PPI), biguanidi e antidepressivi siano in grado di rimodellare la complessa comunità microbica intestinale, con effetti che persistono per anni, e in alcuni casi, addirittura per decenni, anche dopo l'interruzione della terapia.
Si tratta della prima valutazione sistematica degli effetti a lungo termine dell'uso di farmaci sul microbioma fecale, estesa a diverse classi farmacologiche, inclusi numerosi composti con bersaglio umano.
Contrariamente alla maggior parte della ricerca che si è concentrata sull'impatto dei farmaci al momento del campionamento, questo set di dati unico ha consentito di dimostrare che le alterazioni del microbioma possono essere rilevate a distanza di anni dall'ultima assunzione.
Gli autori dello studio, che hanno analizzato campioni di feci e dati di prescrizione di oltre 2.500 individui, hanno scoperto che la maggior parte dei farmaci esaminati è associata a cambiamenti misurabili nel microbioma.
Non solo gli antibiotici, quindi, ma ben 167 dei 186 farmaci analizzati hanno mostrato un impatto durante l'uso, e di questi, 78 (circa il 46,7%) hanno evidenziato i cosiddetti "effetti di trascinamento" che si protraggono ben oltre la fine del trattamento.
Alterazioni che possono toccare la salute digestiva, il sistema immunitario e il metabolismo, sollevando nuovi, cruciali interrogativi sugli impatti a lungo termine di medicinali ampiamente prescritti.
L'effetto è spesso cumulativo: più farmaci sono stati assunti nel tempo, maggiore è l'impronta osservata, suggerendo un modello additivo in cui la storia farmacologica si stratifica.
Infatti, la verifica degli effetti a lungo termine, condotta su campioni prelevati in un secondo momento da 328 individui, ha supportato un probabile effetto causale per antibiotici (es. penicilline in combinazione e macrolidi) e farmaci con bersaglio umano (es. PPI e inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina).
Considerando, poi, le differenze nel carico farmacologico tra popolazioni e fasce d'età (particolarmente più elevato negli anziani) o tra coorti cliniche e campioni di popolazione generale, si ipotizza che l'uso di farmaci possa indurre differenze nella composizione del microbioma tra gruppi.
Per esempio, l'uso di farmaci è stato precedentemente correlato alla prevalenza di geni di resistenza antimicrobica, un meccanismo che potrebbe influenzare anche i farmaci con bersaglio umano e la composizione generale del microbioma.
I risultati supportano l'ipotesi che diversi farmaci con bersaglio umano agiscano in modo simile agli antibiotici, con associazioni che, essendo prevalentemente negative, suggeriscono una riduzione della diversità microbica.
Questo meccanismo potrebbe essere alla base degli effetti a lungo termine osservati e solleva la questione di potenziali effetti fisiologici avversi mediati dal microbiota, analogamente a quanto documentato con la storia di utilizzo degli antibiotici.
Un focus sulle benzodiazepine
Sorprendentemente, è stato osservato che i derivati delle benzodiazepine esercitano un effetto più ampio sulla composizione complessiva del microbioma e sull'abbondanza di singole specie microbiche rispetto a diverse classi di antibiotici.
Questi farmaci anti-ansia, il cui uso è in aumento e presenta un potenziale di abuso, mostrano anche notevoli effetti di trascinamento a distanza di diversi anni, paragonabili a quelli degli antibiotici ad ampio spettro; a livello di singola sostanza, l'alprazolam ha evidenziato un impatto sul microbioma più esteso rispetto al diazepam.
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Questa differenza potrebbe costituire un elemento di valutazione per le future decisioni terapeutiche, suggerendo una preferenza per il farmaco con un impatto a lungo termine inferiore sul microbioma, laddove possibile.
In conclusione, le evidenze dimostrano inequivocabilmente che i farmaci, al di là degli antibiotici, inducono un effetto a lungo termine sul microbioma fecale.
Elin Org, autrice corrispondente dello studio, sottolinea: "I nostri risultati dimostrano che l’uso passato di farmaci può spiegare un’ulteriore variabilità indipendente dall’uso attivo di farmaci, suggerendo che l’effetto dell’uso di farmaci è sottostimato", ha concluso la genetista.
Dunque, è importante considerare la storia farmacologica dei pazienti nell'interpretazione delle associazioni malattia-microbioma e incoraggia la ricerca futura a focalizzarsi sugli effetti farmacologici a lungo termine.
Fonte:
American Society for Microbiology - A hidden confounder for microbiome studies: medications used years before sample collection