Durante il periodo dell’allattamento, è fondamentale prestare attenzione ai farmaci che si assumono, poiché molte sostanze possono passare nel latte materno e arrivare al neonato.
L’aspirina, o acido acetilsalicilico, è uno dei medicinali da banco più diffusi, utilizzato per alleviare dolore, febbre e infiammazioni, ma il suo impiego in fase di allattamento suscita numerosi dubbi.
Scopri i potenziali effetti collaterali, le raccomandazioni degli esperti e le possibili alternative per fare scelte consapevoli e sicure per la salute del neonato e della madre.
Aspirina e allattamento: considerazioni sui possibili rischi
L’acido acetilsalicilico può essere presente nel latte materno in quantità variabili, anche se generalmente basse.
Tuttavia, la sua assunzione durante l’allattamento non è priva di rischi. Anche dosi modeste trasferite al neonato attraverso il latte possono dar luogo a potenziali effetti collaterali.
Tra le conseguenze più rilevanti si segnalano:
- disturbi della coagulazione: l’effetto antiaggregante dell’aspirina potrebbe influire sul sistema emostatico del neonato, che non è ancora completamente sviluppato.
- sindrome di Reye: una condizione rara ma grave che può colpire i bambini, con coinvolgimento acuto del fegato e del sistema nervoso centrale, soprattutto in caso di esposizione all’acido acetilsalicilico durante infezioni virali.
- irritazione gastrointestinale: l’assunzione da parte della madre può essere associata a sintomi come rigurgito, irritabilità o altri lievi disturbi digestivi nel neonato.
Alla luce di queste possibili reazioni, si raccomanda di usare la massima prudenza e di ricorrere all’aspirina durante l’allattamento solo in situazioni specifiche e sempre sotto indicazione del medico.
Cos’è l’aspirina e come funziona
L’aspirina è un farmaco appartenente alla classe dei FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei) e viene impiegata in vari contesti clinici: come analgesico per il dolore lieve o moderato, antipiretico per ridurre la febbre e antinfiammatorio. In dosi più basse, viene anche utilizzata per le sue proprietà antiaggreganti, soprattutto nella prevenzione cardiovascolare.
Agisce bloccando l’enzima cicloossigenasi (COX), coinvolto nella produzione delle prostaglandine, mediatori responsabili del dolore e dell’infiammazione.
Tuttavia, l’effetto sistemico dell’aspirina non si esaurisce nel corpo della madre, ma può avere ripercussioni anche sul lattante attraverso il passaggio nel latte materno.
Linee guida sull’uso dell’aspirina in allattamento
L’impiego dell’aspirina durante l’allattamento richiede un’attenta valutazione del rapporto rischio-beneficio. Le principali linee guida internazionali raccomandano prudenza, in particolare per quanto riguarda l’uso prolungato o a dosaggi elevati.
Secondo il database LactMed – sviluppato dalla National Library of Medicine – l’acido acetilsalicilico può essere escreto nel latte materno in quantità modeste, ma non trascurabili, e il suo impatto sul neonato dipende da diversi fattori, tra cui la dose assunta dalla madre, la frequenza di somministrazione e l’età del lattante.
La Federazione italiana medici pediatri (Fimp) raccomanda di evitare l’uso abituale di aspirina durante l’allattamento, favorendo l’impiego di farmaci alternativi con un profilo di sicurezza meglio definito, come paracetamolo o ibuprofene.
Anche l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) indica l’aspirina come farmaco da usare con cautela in questa fase, e solo sotto controllo medico.
Tuttavia, in specifici contesti clinici, l’uso di aspirina a basso dosaggio (ad esempio 75–100 mg al giorno, come indicato per la prevenzione cardiovascolare) può essere ritenuto compatibile con l’allattamento.
A sostegno di questa indicazione, l’American Academy of Pediatrics (AAP) considera l’aspirina a basso dosaggio un’opzione accettabile, pur sottolineando che gli antiaggreganti non sono stati ampiamente studiati durante l’allattamento e che il loro utilizzo deve essere sempre monitorato con attenzione.
In caso di necessità clinica documentata, è possibile continuare l’allattamento in concomitanza con una terapia a base di aspirina a basso dosaggio, purché vengano osservate alcune precauzioni:
- monitorare la comparsa di eventuali segni avversi nel neonato, come ecchimosi, irritabilità, disturbi gastrointestinali o sonnolenza anomala;
- evitare l’associazione con altri farmaci anticoagulanti o gastrolesivi;
- limitare l’assunzione alla dose minima efficace per il tempo più breve possibile.
Qualora si rendesse necessario un trattamento a dosi elevate o prolungato, può essere valutata la sospensione temporanea dell’allattamento o l’utilizzo di latte precedentemente estratto.
La decisione andrà sempre condivisa con il medico curante, in base alla condizione clinica della madre e alle specifiche condizioni del neonato.
Alternative considerate più sicure
In caso di dolore o febbre durante l’allattamento, è preferibile optare per farmaci con un profilo di sicurezza più favorevole. Le opzioni più raccomandate sono:
- paracetamolo (acetaminofene): considerato sicuro durante l’allattamento, è efficace per dolore lieve e febbre;
- ibuprofene: anch’esso compatibile con l’allattamento, presenta un basso passaggio nel latte materno ed è spesso indicato per dolori muscolari, mal di testa e infiammazioni.
Entrambi questi farmaci sono ampiamente studiati e approvati dalle principali società scientifiche come prima scelta per le donne in fase di allattamento.
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Precauzioni da adottare in caso di assunzione
Se l’assunzione di aspirina si rende necessaria, è consigliabile:
- informare il medico che si sta allattando;
- utilizzare la dose minima efficace per il tempo più breve possibile;
- monitorare eventuali sintomi nel neonato, come sonnolenza anomala, irritabilità, problemi gastrointestinali o presenza di lividi;
- evitare l’associazione con altri farmaci anticoagulanti o con effetto gastrolesivo
L’assunzione di aspirina durante l’allattamento richiede cautela e una valutazione medica accurata. Sebbene il passaggio nel latte materno sia limitato, i potenziali rischi per il neonato, tra cui la rara ma grave sindrome di Reye, rendono prudente evitarne l’uso, soprattutto se esistono alternative più sicure come paracetamolo o ibuprofene.
In caso di condizioni cliniche che ne richiedano l’uso prolungato o a basso dosaggio, è essenziale consultare uno specialista per decidere il trattamento più sicuro, eventualmente valutando la sospensione temporanea dell’allattamento.