Attraverso una sperimentazione, pubblicata sulla rivista Nature, è stato identificato una combinazione di farmaci potenzialmente capace di prolungare l’aspettativa di vita.
Scopriamo in cosa consiste questo studio e di quali farmaci si tratta.
Strategia anti-aging combinata
Rapamicina e trametinib, due medicinali anti-tumorali che agiscono su una via di segnalazione con un ruolo centrale nell’invecchiamento, quando testati singolarmente sui topi, hanno dimostrato di prolungare rispettivamente del 15/20% e del 5/10% la durata della vita.
Quando sono stati somministrati in maniera combinata, invece, è stato notato un allungamento della vita del 30% circa.
Secondo gli studiosi, questi farmaci sarebbero in grado di rallentare l’invecchiamento grazie ad una maggiore capacità di influenzare l’attività dei geni rispetto a quando vengono somministrati singolarmente.
Più nello specifico:
- la rapamicina è una molecola che ha dimostrato di poter rallentare l’invecchiamento in diversi modelli animali – e per questo sta attirando l’attenzione di numerosi studi scientifici, anche grazie ai suoi utilizzi come farmaco immunosoppressore per prevenire il rigetto nei trapianti d’organo e come potenziale contrasto per alcuni tipi di tumore;
- il trametinib è un antitumorale utilizzato per il trattamento del melanoma e del glioma. Altre sperimentazioni sui moscerini lo avevano indicato come potenziale geroprotettore (ovvero in grado di rallentare l’invecchiamento), ma non era mai stato testato sui topi.
Invecchiamento sotto controllo
Stando al team di ricerca, guidato da Linda Partridge dell’University College London e Sebastian Grönke del Max Planck Institute for Biology of Ageing, ciò che rende particolarmente interessante questa scoperta è che entrambi agiscono sulla stessa rete di segnali cellulari, ma in punti diversi del percorso noto come insulina-IGF-mTORC1-Ras.
In particolare, la rapamicina agisce bloccando la proteina mTORC1, mentre il trametinib interviene in un'altra parte della catena, inibendo la cascata Ras-MEK-ERK.
Gli scienziati hanno somministrato a modelli murini dosi regolari di uno dei due farmaci o entrambi a partire dai sei mesi di età, andando poi a monitorare i risultati per tutta la loro vita naturale.
Le femmine trattate con la combinazione hanno visto aumentare la durata mediana della vita del 34,9% e quella massima del 32,4%. I maschi hanno ottenuto rispettivamente il 27,4% e il 26,1%.
I risultati hanno mostrato non solo un prolungamento dell’aspettativa di vita, ma anche della qualità della stessa: avviando il trattamento su topi anziani, è stata notata una riduzione dei tumori al fegato in entrambi i sessi e di quelli alla milza nei maschi – ed diminuita di molto l’infiammazione cronica nel cervello, nei reni, nella milza e nei muscoli.
Inoltre, gli animali trattati erano più attivi anche in età avanzata, con un peso corporeo ridotto e un declino più lento della funzione cardiaca.
Entrambi i farmaci sono già stati approvati per l’uso umano, dunque sarà anche possibile testarli in studi clinici – per questo gli studiosi intendono determinare dosi e vie di somministrazione ottimali per massimizzare i risultati, riducendo al minimo gli effetti collaterali indesiderati.
Gli studiosi, però, non si aspettano gli stessi risultati visti nei topi, ma sperano che i farmaci possano aiutare le persone a rimanere sane e libere da malattie più a lungo in età avanzata.