Un impianto cerebrale sperimentale, paragonato a un vero e proprio “pacemaker del cervello”, ha permesso a un uomo con depressione grave resistente ai trattamenti di raggiungere la remissione completa dei sintomi dopo oltre trent’anni di malattia.
Il risultato, pubblicato ad agosto 2025 come preprint sulla piattaforma OSF, apre nuove prospettive per una condizione che colpisce milioni di persone e che spesso non risponde alle terapie disponibili.
La ricerca, "Personalized Adaptive Cortical Electro‑stimulation (PACE) in Treatment‑Resistant Depression" è stata condotta e firmata da quaranta autori.
Un “pacemaker del cervello”: depressione resistente e stimolazione cerebrale personalizzata
La depressione resistente ai trattamenti (TRD, treatment-resistant depression) si verifica quando una persona non ottiene miglioramenti significativi dopo aver provato almeno due diversi farmaci antidepressivi in dosaggi e tempi adeguati. In questi casi, i medici ricorrono talvolta a strategie aggiuntive come la terapia elettroconvulsivante (ECT) o la stimolazione magnetica transcranica (TMS). Tuttavia, anche questi approcci non garantiscono risultati duraturi per tutti i pazienti.
La TRD rappresenta quindi una delle aree più critiche della psichiatria, associata a un alto rischio di ricadute, ospedalizzazioni e suicidio. Per questo motivo la ricerca si sta orientando verso soluzioni innovative che vadano oltre il modello “un approccio valido per tutti” e che tengano conto delle differenze individuali nel funzionamento cerebrale.
Il nuovo approccio si chiama Personalized Adaptive Cortical Electro-stimulation (PACE).
Si tratta di una tecnica minimamente invasiva che utilizza la risonanza magnetica funzionale ad alta precisione (precision functional mapping) per identificare le anomalie delle reti cerebrali di ogni singolo paziente.
Sullo scheletro di questa mappatura, i ricercatori impiantano elettrodi sulla superficie corticale in corrispondenza delle aree coinvolte, con l’obiettivo di regolarne l’attività.
A differenza delle terapie precedenti, che stimolano sempre le stesse zone in tutti i pazienti, PACE permette un intervento su misura, calibrato sulle specifiche alterazioni del cervello di ciascuno.
I dettagli sullo studio: ecco cosa svela
Il preprint descrive uno studio n-of-1, cioè condotto su un singolo paziente. Si tratta di un uomo di 44 anni con oltre 30 anni di depressione unipolare grave, che non aveva risposto a più di venti diversi trattamenti.
La mappatura funzionale ha mostrato nel suo cervello un’espansione anomala del Salience Network (la rete che ci aiuta a dare priorità agli stimoli) e una riduzione del Default Mode Network e della rete fronto-parietale, entrambe implicate nella regolazione delle emozioni e delle funzioni cognitive.
Gli elettrodi sono stati posizionati in modo mirato su queste aree. Già nelle prime 24 ore dopo l’intervento, la stimolazione ha prodotto risposte immediate e specifiche sul piano dell’umore e della cognizione, in linea con le reti coinvolte. Successivamente, i parametri di stimolazione sono stati adattati nel tempo attraverso un metodo iterativo chiamato “Bayes Tuning”, basato sul feedback diretto del paziente.
I risultati dello studio: una remissione mantenuta?
Gli esiti prodotti dalla ricerca si sono rivelati scientificamente sorprendenti:
- le ideazioni suicidarie sono scomparse entro 7 settimane;
- la remissione completa dei sintomi è stata raggiunta entro 9 mesi;
- a 30 mesi dall’impianto, i benefici sono stati mantenuti senza ricadute.
Per un paziente con tre decenni di depressione cronica e resistente, questi risultati rappresentano un traguardo senza precedenti. Secondo gli autori, la terapia PACE si mostra come un approccio scalabile, sicuro e potenzialmente sostenibile sul piano dei costi.
Ma cosa significa per i pazienti in termini di concretezza?
Sebbene questo si riveli uno studio scientifico, e dunque di una ricerca condotta da personalità con esperte competenze nel settore, è bene specificare che si tratti ancora di uno studio preliminare: un singolo caso non è sufficiente per trarre conclusioni definitive. Sono necessari trial clinici più ampi per confermare l’efficacia, la sicurezza e la riproducibilità del metodo.
Tuttavia, questo risultato segna un passo importante nella ricerca di nuove soluzioni per le forme più gravi e refrattarie di depressione. Dimostra, soprattutto, che un approccio personalizzato e adattivo può avere un impatto concreto anche laddove decenni di terapie tradizionali non sono riuscite ad agire.