Al congresso europeo Easd (European Association for the Study of Diabetes), è stato presentato uno studio che indaga l’aumento dei casi di diabete nei giovani e la scoperta di un farmaco che potrebbe rappresentare la svolta nei confronti di una patologia che, quando colpisce i più piccoli, è più difficile da trattare.
Scopriamo di più.
L’indagine sul tirzepatide
La ricerca ha coinvolto 99 giovani tra i 10 e i 17 anni – con un’età media di 14,7 anni – aventi una diagnosi di diabete di tipo 2 da circa 2 anni e mezzo.
Il 68,7% di loro era in trattamento con metformina, l’8,1% con insulina basale e il 23,2% con entrambi i farmaci – tutte terapie che, però, non stavano ottenendo risultati adeguati in ambito di controllo glicemico.
I partecipanti, randomizzati in cieco, hanno ricevuto una volta ogni 7 giorni per 30 settimane 5 o 10 mg di tirzepatide oppure placebo.
Si tratta di un polipeptide insulinotropico glucosio-dipendente e agonista del recettore del GLP-1, un ormone naturalmente prodotto dall'intestino che, dopo i pasti, stimola il rilascio di insulina e riduce il rilascio di glucagone, aiutando a regolare la glicemia.
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Successivamente, con l’obiettivo di valutare la riduzione dell’emoglobina glicata (HbA1c) a 30 settimane, è stata prevista una fase di 22 settimane in cui tutti i pazienti sono passati al farmaco, per valutarne gli effetti anche su chi inizialmente aveva assunto placebo.
I risultati
All’inizio, tutti avevano valori di HbA1c superiori al 6,5%, quindi in range di diabete, ma dopo 30 settimane, nel gruppo trattato con tirzepatide, il 79% era sceso sotto il 6,5% e più della metà (53%) addirittura sotto il 5,7%. Nel gruppo placebo, invece, queste percentuali erano rispettivamente del 29% e del 14%.
L’indice di massa corporea (Bmi), inoltre, è passato da 34,7 a 34,3 nel gruppo placebo, mentre nel gruppo tirzepatide è sceso da 35,6 a 26,3 kg/m². La glicemia a digiuno è diminuita di circa sei volte di più con il farmaco rispetto al placebo (2,46 unità contro 0,44).
In virtù di questi risultati, e degli effetti collaterali lievi o moderati, gli studiosi affermano che tirzepatide è il primo farmaco utilizzato per il diabete di tipo 2 in questa fascia d’età a dimostrare un miglioramento significativo sia sul controllo glicemico che sul peso corporeo, traguardo che lo candida come nuova opzione terapeutica sicura ed efficace per il diabete ad esordio molto precoce.
L’impatto del diabete tipo 2
La Dr.ssa Tamara Hannon, della Divisione di Endocrinologia pediatrica e Diabetologia dell’Università di Indianapolis, ha presentato lo studio affermando come la diagnosi di diabete 2 sia in aumento a partire dai 10 anni – ma ci sono casi anche a 8.
Nello specifico, nella divisione presieduta dalla dottoressa, un caso su 4 di diabete riguarda bambini e adolescenti sotto i 17 anni, con una prevalenza raddoppiata in 15 anni, passando da 9 a 17.9 casi per 100mila persone all’anno dal 2002/03 al 2017/18.
Secondo l’autrice dello studio, l’aumento dei casi nei più giovani è particolarmente preoccupante perché un esordio precoce rende la malattia più aggressiva rispetto a quando viene diagnosticata in età adulta: tutto ciò si traduce in un rischio più alto di complicazioni a lungo termine e una mortalità prematura più frequente rispetto al diabete di tipo 1.
Nei giovanissimi con diabete di tipo 2 si osservano, infatti, una maggiore insulino-resistenza e un declino molto più rapido della funzionalità delle cellule beta del pancreas.
Fino ad ora, il vero punto critico era il trattamento: attualmente si dispone di metformina, insulina, tre agonisti del recettore GLP-1 e due inibitori SGLT-2.
Come visto, nessuno dei farmaci approvati per questa fascia di età ha dimostrato di incidere in maniera significativa sul peso corporeo o sulla riduzione del Bmi rispetto al placebo.
Inoltre, queste terapie mostrano un’efficacia minore nel controllo della glicemia e un tasso di fallimenti più alto rispetto a quanto osservato negli adulti.
Fonti:
The Lancet – Efficacy and safety of tirzepatide in children and adolescents with type 2 diabetes (SURPASS-PEDS): a randomised, double-blind, placebo-controlled, phase 3 trial