L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha pubblicato i dati globali sul colera relativi al 2024, evidenziando un incremento significativo sia nei contagi che nei decessi.
Per il secondo anno consecutivo la malattia ha causato più vittime rispetto all’anno precedente: i casi segnalati sono aumentati del 5%, mentre i morti hanno registrato un’impennata del 50%, superando le 6.000 persone.
Un bilancio che, sottolinea l’Oms, rappresenta una sottostima della reale portata della crisi sanitaria, destinata a proseguire anche nel 2025.
Scopriamo più da vicino i numeri, le cause e la risposta internazionale a questa emergenza sanitaria.
Epidemia in espansione e cause della diffusione
Il colera, causato dal batterio Vibrio cholerae e trasmesso principalmente attraverso acqua contaminata, continua a diffondersi nonostante sia una malattia prevenibile e trattabile.
Le persone infette possono sviluppare sintomi intensi, come diarrea grave, fino a 50–100 scariche al giorno, e disidratazione marcata dovuta alla rapida perdita di liquidi. Nei casi più gravi, questi disturbi possono evolvere fino a shock ipovolemico, con rischio di morte.
Nel 2024 i Paesi colpiti sono stati 60, contro i 45 del 2023. La quasi totalità dei contagi (98%) è stata rilevata nei tre grandi epicentri: Africa, Medio Oriente e Asia.
Le epidemie hanno assunto dimensioni sempre più ampie: 12 Paesi hanno superato quota 10.000 casi, e in 7 nazioni si sono registrati grandi focolai per la prima volta. La recrudescenza nelle Comore, dopo oltre 15 anni senza epidemie, ha dimostrato la capacità del colera di riemergere anche in contesti dove sembrava debellato.
A sostenere questa crescita vi sono fattori complessi: conflitti armati, cambiamenti climatici, sfollamenti forzati e carenze croniche di infrastrutture idriche e sanitarie. Elementi che non solo favoriscono la contaminazione dell’acqua, ma limitano anche la capacità dei sistemi sanitari locali di gestire rapidamente le emergenze.
Impatto sulla mortalità e fragilità dei sistemi sanitari
La conseguenza diretta di questa combinazione di criticità è un aumento della mortalità. In Africa, il tasso di letalità è salito dall’1,4% nel 2023 all’1,9% nel 2024. L’Oms sottolinea che una persona su quattro muore senza ricevere assistenza sanitaria adeguata, a conferma delle difficoltà di accesso alle cure e della fragilità dei sistemi sanitari.
La mancanza di ospedali attrezzati, la scarsità di farmaci e la difficoltà di raggiungere i centri sanitari contribuiscono ad aggravare una situazione che mette a rischio milioni di persone.
Senza interventi strutturali, queste fragilità rischiano di alimentare una spirale difficile da interrompere.
Prevenzione, vaccini e risposta internazionale
Per fronteggiare la crisi, l’Oms punta su prevenzione, sorveglianza e accesso ai vaccini. Nel 2024 è stato introdotto un nuovo vaccino orale, Euvichol-S®, che ha permesso di mantenere per la prima volta le scorte sopra la soglia di emergenza di 5 milioni di dosi nei primi sei mesi del 2025.
Nonostante questo passo avanti, la domanda rimane superiore all’offerta: sono state richieste 61 milioni di dosi e ne sono state approvate 40 milioni per campagne di emergenza in 16 Paesi. Per far fronte alla carenza si è mantenuto il regime a dose singola, invece delle due dosi standard. La produzione, tuttavia, continua a non coprire il fabbisogno globale.
L’Oms classifica il rischio legato al colera come “molto elevato” e interviene rafforzando la sorveglianza epidemiologica, fornendo medicinali essenziali, coordinando missioni sul campo e promuovendo attività di sensibilizzazione con le comunità.
Solo un’azione congiunta tra governi, istituzioni internazionali e donatori può contenere una malattia che, pur essendo prevenibile e curabile, continua a mietere vittime.
La situazione in Italia ed Europa
Nei dati diffusi dall’Oms non vi è menzione specifica dell’Italia, segno che il Paese non rientra tra le aree attualmente interessate da epidemie di colera. In Europa, la malattia si presenta in modo sporadico e quasi sempre legata a casi importati da viaggiatori provenienti da zone endemiche.
Gli standard elevati di qualità dell’acqua potabile, i sistemi fognari diffusi e il monitoraggio sanitario riducono fortemente il rischio di trasmissione autoctona. Tuttavia, le autorità sanitarie europee continuano a mantenere attiva la sorveglianza, soprattutto in un contesto globale caratterizzato da 60 Paesi colpiti e dalla diffusione di focolai sempre più estesi.
L’Italia non è quindi coinvolta direttamente, ma i casi registrati in Europa dimostrano la necessità di mantenere alta la vigilanza anche nei Paesi non endemici.
Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) ricorda che la prevenzione passa dal garantire accesso universale ad acqua sicura e igiene di base, elementi che in Europa costituiscono una protezione efficace ma che nei Paesi più fragili rimangono un obiettivo lontano.
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