L’allarme arriva da una delle analisi più ampie mai pubblicate sul tema: una revisione sistematica firmata The Lancet che ha raccolto 104 studi prospettici di lungo periodo, coinvolgendo migliaia di persone in diversi Paesi e fotografando con precisione l’impatto degli alimenti ultra-processati (UPF) sulla salute.
Si tratta di un lavoro di dimensioni rare, che offre una panoramica globale e aggiornata su come il consumo di snack confezionati, bibite zuccherate, prodotti pronti e cibi industriali altamente formulati stia modificando le nostre diete e, soprattutto, il nostro rischio di malattia.
Negli ultimi decenni, il contributo energetico degli UPF nelle abitudini alimentari è cresciuto ovunque: triplicato in Spagna, raddoppiato in Cina, aumentato in Brasile e Messico, mentre in Stati Uniti e Regno Unito supera stabilmente il 50% dei consumi quotidiani. Una tendenza che, secondo gli autori, riflette una trasformazione culturale e industrialeche non può e non deve essere ignorata.
Perché gli ultra-processati sono un problema: cosa dicono gli ultimi studi
Lo studio chiarisce un punto centrale: non è solo una questione di “cibo spazzatura”. A rendere critici gli UPF è la loro ultra-formulazione: un insieme di ingredienti raffinati, additivi, aromi, dolcificanti, texture studiate per aumentare la palatabilità e processi industriali che alterano la matrice del cibo. Tutti elementi che modificano il comportamento alimentare e la risposta metabolica.
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Secondo la revisione di Lancet, un’elevata presenza di UPF nella dieta è associata a un maggior rischio di:
- obesità e aumento del grasso viscerale;
- diabete di tipo 2;
- malattie cardiovascolari;
- ipertensione e sindrome metabolica;
- disturbi gastrointestinali e alterazioni del microbiota;
- depressione
- aumento del rischio di morte precoce.
Si tratta di correlazioni ripetutamente osservate in diversi contesti e gruppi di popolazione. Anche incrementi moderati - come un +10% di UPF nel proprio menu quotidiano - si associano a un aumento misurabile del rischio metabolico e cardiovascolare.
Qual è, in ultimo, l'impatto sulle diete moderne?
Dalla revisione emerge che gli UPF inducano a un atteggiamento alimentare nettamente meno equilibrato e poco nutriente: troppi zuccheri, troppi grassi nocivi, troppo sale; poche fibre, poche proteine di qualità, scarso potere saziante. In altre parole: più calorie, meno nutrienti.
A questo si aggiunge l’esposizione quotidiana a sostanze chimiche e additivi, spesso presenti in combinazioni e quantità difficili da valutare sul lungo periodo.
I danni del cibo ultra-processato: soluzioni dalla comunità scientifica
La revisione non si limita a descrivere i rischi: suggerisce linee d’azione per ridurre l’impatto degli UPF sulla salute pubblica. Tra le misure indicate:
- etichette frontali più chiare, che includano anche indicatori specifici degli ultra-processati come coloranti, aromi e dolcificanti;
- restrizioni nella pubblicità, soprattutto quella rivolta ai bambini e sui media digitali;
- eliminazione degli UPF da scuole e ospedali;
- limiti allo spazio dedicato sugli scaffali dei supermercati;
- promozione di modelli alimentari basati su cibi freschi e minimamente trasformati.
Tra gli esempi virtuosi citati, il Brasile: il suo programma nazionale di alimentazione scolastica punta a rendere il 90% degli alimenti freschi o minimamente processati entro il 2026.
Gli alimenti ultra-processati non sono un dettaglio marginale della dieta moderna, ma un fattore che incide in modo strutturale sul rischio di malattie croniche.
Integrare più alimenti freschi, cucinare quando possibile e ridurre il consumo di prodotti industriali altamente formulati può rappresentare un passo concreto per proteggere la propria salute a lungo termine.
Risulta evidente come il comportamento alimentare si rifletta sulle condizioni di salute, pertanto, un approccio consapevole dell'individuo é necessario, ma un'attenzione e una guida da parte delle istituzioni si rivela fondamentale.
Fonti: