A New York un enorme cartellone con il volto di un bambino e la frase “Have your best baby” (“Abbi il tuo miglior bambino”) è diventato il simbolo di una trasformazione profonda nel modo in cui si pensa alla fecondazione assistita.
Non si tratta della pubblicità di un prodotto per l’infanzia, ma il manifesto di Nucleus Genomics, una start-up americana che sta spingendo la genetica riproduttiva oltre i confini che fino a pochi anni fa sembravano intoccabili.
La promessa è semplice: analizzare il genoma degli embrioni ottenuti tramite IVF e permettere ai futuri genitori di scegliere quello con il “profilo genetico migliore”. Ma dietro questa apparente semplicità si nasconde un cambiamento culturale che intreccia biologia, tecnologia, mercato ed etica.
Una tecnologia che non si limita più alla prevenzione
I sistemi di screening genetico preimpianto non sono una novità: da oltre vent’anni strumenti come PGT-A e PGT-M aiutano a identificare anomalie cromosomiche o mutazioni responsabili di malattie ereditarie gravi. Nucleus Genomics, però, non si limita a questo livello di analisi.
Il cuore della sua proposta è il sequenziamento completo del genoma embrionale, accompagnato da algoritmi capaci di calcolare punteggi di rischio poligenico.
In pratica, ogni embrione viene descritto attraverso una mappa probabilistica che stima non solo la predisposizione a patologie come diabete o malattie neurodegenerative, ma anche tratti complessi come:
- altezza potenziale;
- colore degli occhi;
- rischio di obesità;
- predisposizione all’ansia o all’ADHD;
- parametri legati alle capacità cognitive.
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Nucleus sostiene di poter elaborare oltre 2.000 previsioni genetiche. Tutto viene restituito ai futuri genitori tramite una piattaforma dal design minimal: pannelli colorati, grafici e percentuali che sembrano semplificare ciò che, in realtà, è oggettivamente complesso, incerto e probabilistico.
Ovviamente, l’impatto mediatico è stato immediato: sui social migliaia di utenti hanno accusato la start-up di promuovere un’idea di genitorialità competitiva, basata su canoni estetici e prestazionali.
In risposta, il fondatore Kian Sadeghi ha affermato che, secondo i dati condivisi dall’azienda, nei mesi successivi al lancio le vendite sarebbero cresciute del 1.700%: anche questo elemento, pur da verificare, mostra quanto l’idea di “prevedere” il futuro dei figli tocchi corde emotive profondissime.
Tra genetica e immaginazione: il dubbio etico e scientifico
La comunità scientifica mantiene un approccio prudente: tratti come intelligenza, altezza o vulnerabilità psicologica non sono determinati solo dal DNA – entrano, infatti, in gioco ambiente, educazione, contesto socioeconomico, esperienze di vita, fattori epigenetici.
I punteggi poligenici possono individuare pattern statistici, non identità biologiche: sono modelli predittivi, non diagnosi. Il loro rischio è quello di essere percepiti come certezze, alimentando l’idea che sia possibile configurare un figlio sulla base di percentuali e grafici.
Molti bioeticisti osservano con preoccupazione la deriva culturale che queste tecnologie potrebbero alimentare. La possibilità di selezionare un embrione sulla base di preferenze estetiche o comportamentali richiama, in forme nuove, concetti storicamente associati all’eugenetica.
Se il valore di una vita si misura tramite parametri genetici, cosa accade alla percezione sociale della diversità? E quali aspettative cadranno sulle spalle di un bambino scelto perché considerato “migliore” in base a previsioni statistiche?
Nucleus non è un caso isolato: altre realtà stanno lavorando sulla stessa frontiera, dall’editing genetico alle analisi poligeniche per la selezione embrionale: aziende come Genomic Prediction o Orchid Health stanno sperimentando modelli simili, offrendo previsioni su migliaia di varianti genetiche in tempi sempre più rapidi.
Di recente, l'American College of Medical Genetics and Genomics ha concluso che lo screening poligenico non offre attualmente alcun beneficio clinico comprovato, né alcuna certezza su come i geni in un embrione vengono espressi durante lo sviluppo in un adulto.
Negli Stati Uniti, il quadro normativo è ampio e permissivo; in Europa, invece, le regole sono più restrittive: nella maggior parte dei Paesi europei, Italia inclusa, la selezione degli embrioni è consentita solo per prevenire malattie genetiche gravi. Ma con il rapido avanzare delle tecnologie, queste normative potrebbero essere messe alla prova.
La questione centrale non è se queste tecnologie saranno disponibili, ma come, quando e entro quali limiti verranno utilizzate.
La possibilità di selezionare un embrione apre interrogativi che toccano l’identità, la disuguaglianza sociale, la libertà dei futuri figli e la definizione stessa di normalità biologica.
Alla fine, la domanda più importante rimane aperta: può una società affidare a un algoritmo il compito di stabilire cosa significa essere “migliori”?
Fonti:
- Jama – What Are Polygenic Scores and Why Are They Important?
- Center for Genetics and Society – Meet the 25-year-old founder bringing designer babies to a clinic near you
- Nucleus – Homepage
- Scientific American – The Myth of the Designer Baby—Why ‘Genetic Optimization’ Is More Hype Than Science
- PubMed – A perspective on genetic and polygenic risk scores-advances and limitations and overview of associated tools
- PubMed – Clinical utility of polygenic risk scores for embryo selection: A points to consider statement of the American College of Medical Genetics and Genomics (ACMG)