Nuove evidenze scientifiche suggeriscono un possibile legame tra apnea ostruttiva del sonno e malattia di Parkinson.
Un’analisi su vasta scala, presentata in ambito accademico e riportata da JAMA Neurology e AAN, ha esaminato oltre 11 milioni di cartelle cliniche di veterani statunitensi, rivelando che chi convive con l’apnea notturna presenta una probabilità quasi doppia di sviluppare in seguito il Parkinson.
Il trattamento con ventilazione a pressione positiva continua (CPAP), tuttavia, potrebbe ridurre il rischio.
Un disturbo diffuso e spesso non diagnosticato
L’apnea ostruttiva del sonno è caratterizzata dal collasso totale o parziale delle vie aeree durante il riposo, con conseguente riduzione dell’ossigenazione e risvegli ripetuti.
In Italia interessa circa 7,5 milioni di persone, di cui 4 milioni con forme moderate o gravi. Le stime regionali indicano una prevalenza intorno al 20,5% tra gli adulti sopra i 35 anni, con un 15,5% di casi clinicamente significativi.
Una condizione dunque molto diffusa, spesso non diagnosticata, e associata a snoring, pause respiratorie, sonno non ristoratore e affaticamento diurno.
La malattia di Parkinson, secondo disturbo neurodegenerativo più comune negli Stati Uniti, presenta numeri rilevanti anche in Italia: una recente meta-analisi ha stimato una prevalenza media di 193,7 casi per 100.000 abitanti, ma nelle persone oltre i 75 anni supera i 1.200 casi per 100.000.
Una patologia che compromette il movimento, l’equilibrio, il linguaggio e numerose funzioni neurologiche.
Cosa emerge dallo studio sui veterani
L’indagine pubblicata su JAMA Neurology ha analizzato dati sanitari raccolti tra il 1999 e il 2022. Circa il 14% dei veterani presentava diagnosi di apnea ostruttiva del sonno. A distanza di sei anni, la probabilità di sviluppare il Parkinson risultava quasi raddoppiata rispetto ai partecipanti senza apnea.
Uno dei coautori, Gregory Scott dell’Oregon Health and Science University, ha precisato come la presenza del disturbo del sonno non rappresenti una certezza di sviluppare la malattia, ma aumenti sensibilmente le possibilità. Il dato rafforza l’interesse verso le connessioni tra qualità del sonno, ossigenazione cerebrale e neurodegenerazione.
Il possibile ruolo protettivo della terapia CPAP
Un elemento di particolare rilievo riguarda l’impatto della terapia CPAP: i partecipanti che hanno iniziato il trattamento nelle prime fasi dell’apnea hanno mostrato una riduzione significativa dei casi di Parkinson.
Il dispositivo CPAP, fornendo un flusso d’aria costante, mantiene le vie aeree aperte durante il sonno e limita i cali di ossigeno.
Secondo il neurologo Lee Neilson, autore principale dello studio, la ripetuta riduzione dell’ossigenazione notturna potrebbe compromettere la normale funzionalità neuronale. L’utilizzo costante della CPAP, contrastando questa condizione nel lungo periodo, potrebbe favorire una maggiore resilienza del sistema nervoso.
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Ipotesi sul legame biologico
L’eventuale connessione tra apnea ostruttiva del sonno e patologie neurodegenerative non è ancora chiarita. Una teoria condivisa dai ricercatori suggerisce che la “ripetuta mancanza di ossigeno” possa alterare i processi di riparazione cerebrale che avvengono durante il sonno.
La specialista Kin Yuen dell’Università della California a San Francisco ritiene che il dato non sia sorprendente: la cattiva qualità del sonno è spesso associata a esiti neurologici peggiori. Tuttavia, rimane incerto quanto sia forte questo legame e in che misura altri fattori, come gli stili di vita, possano influire.
Anche Danny Eckert, esperto di fisiopatologia del sonno della Flinders University, considera i risultati “interessanti e innovativi”, pur ricordando che l’analisi non è uno studio randomizzato. Ciò significa che non è possibile escludere che le persone più diligenti nell’uso della CPAP siano anche quelle più orientate a comportamenti salutari.
Lo studio non dimostra un rapporto di causa-effetto, ma apre un filone di indagine rilevante sul ruolo del sonno e dell’ossigenazione notturna nei processi neurodegenerativi. Il legame già documentato tra altri disturbi del sonno, come il REM sleep behavior disorder, e la malattia di Parkinson conferma l’importanza di approfondire questo ambito.
Le nuove evidenze suggeriscono che l’apnea ostruttiva del sonno potrebbe rappresentare un fattore di rischio modificabile nella traiettoria che porta allo sviluppo della malattia di Parkinson.
La terapia CPAP, già trattamento di riferimento per l’apnea, potrebbe offrire un ulteriore beneficio sul lungo periodo, ma servono studi controllati per comprenderne appieno l’impatto.
Fonti
- America Academy of Neurology - Sleep apnea linked to increased risk of Parkinson’s, but CPAP may reduce risk
- Ministero della Salute - Apnee ostruttive del sonno (Osas)
- Comitato italiano Parkinson – Morbo di Parkinson