Alzheimer: la stimolazione magnetica frena la progressione della malattia

Mattia Zamboni | Autore e divulgatore esperto in salute, nutrizione e psicologia applicata al benessere quotidiano
A cura di Mattia Zamboni
Autore e divulgatore esperto in salute, nutrizione e psicologia applicata al benessere quotidiano

Ultimo aggiornamento – 10 Aprile, 2025

L'ecografia di un cranio
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Uno studio, pubblicato su Alzheimer’s Research & Therapy dall’equipe di ricerca del Professor Giacomo Koch del Dipartimento di Neuroscienze e Riabilitazione dell’Università di Ferrara e vice direttore scientifico dell’Ospedale di neuroriabilitazione Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma, ha reso disponibili i risultati del primo trial clinico randomizzato sugli effetti del trattamento prolungato per 52 settimane Stimolazione magnetica transcranica (Tms) in pazienti con Alzheimer in fase lieve-moderata.

Scopriamo di cosa si tratta.

Lo studio

Lo studio, appoggiato e sostenuto dal Ministero della Salute, dell’Università e Ricerca e dalla BrightFocus Foundation, ha indagato i benefici della Stimolazione magnetica transcranica.

Si tratta di una terapia non invasiva, indolore e senza importanti effetti collaterali che si basa sull'utilizzo di impulsi magnetici molto brevi e intensi: questi, se opportunamente focalizzati su un'area del cervello, riescono a stimolare una debole risposta elettrica nell'area bersaglio attivano i neuroni.

Quello trattato all’interno dell’indagine scientifica è il primo trial clinico randomizzato sugli effetti di un trattamento prolungato di questo tipo su pazienti con tale fase di Alzheimer e si è svolto in due fasi: un primo ciclo intensivo con sessioni quotidiane per 2 settimane e una fase di mantenimento in cui la Tms era applicata una volta a settimana per 50 settimane.

La personalizzazione del trattamento è stata resa possibile dall'utilizzo di metodologie neurofisiologiche avanzate (come la combinazione con elettroencefalografia); queste hanno permesso di definire per ogni paziente il punto e l'intensità ottimale di stimolazione, integrando le informazioni ottenute con la risonanza magnetica del paziente.

Prima e dopo il ciclo di 52 settimane, sono state eseguite delle valutazioni cliniche dei disturbi cognitivi, delle autonomie della vita quotidiana e dei disturbi comportamentali.

I risultati

La ricerca mostra come i pazienti trattati con Tms abbiano mostrato un rallentamento del 52% nella progressione della malattia – registrando anche notevoli miglioramenti delle funzioni cognitive e nell’autonomia quotidiana rispetto al gruppo placebo.

“Questi risultati – afferma il Dr. Marco Bozzali, associato di Neurologia della Città della Salute e della Scienza e dell'Università degli Studi di Torino, co-autore dello studio e presidente della Sindem – aprono nuove prospettive per lo sviluppo di terapie non farmacologiche personalizzate e, in vista dell'introduzione di nuovi farmaci attualmente in corso di sperimentazione, per terapie complementari efficaci e prive di controindicazioni”.

Proprio per questo, saranno necessari ulteriori studi per confermare la validità clinica del nuovo approccio terapeutico con Stimolazione magnetica transcranica per definire meglio i suoi meccanismi d'azione. 

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