Un nuovo studio internazionale torna a far parlare della gestione del disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Adhd), uno dei disturbi neuropsichiatrici più diffusi tra bambini e adulti.
Pubblicato sul British Medical Journal, il lavoro mette in evidenza i benefici del metilfenidato, un farmaco stimolante utilizzato anche in Italia, che si è dimostrato utile nel ridurre rischi quotidiani concreti come incidenti o comportamenti pericolosi.
Una scelta che riguarda la vita di tutti i giorni
Decidere se ricorrere ai farmaci o puntare solo su strategie comportamentali è una questione che coinvolge famiglie, pazienti e specialisti. L’Adhd non è soltanto una difficoltà a concentrarsi sui compiti scolastici o sulle attività lavorative: si traduce spesso in dimenticanze costanti, impulsività e difficoltà a rispettare regole e impegni.
Per un bambino può significare non riuscire a seguire la lezione, alzarsi continuamente dal banco o esporsi al rischio di cadute e piccoli incidenti. Per un adulto, può tradursi in distrazioni alla guida, errori sul lavoro o difficoltà nelle relazioni sociali.
Lo studio svedese: quasi 150mila casi analizzati
Il gruppo di ricerca ha preso in esame quasi 150mila persone, di età compresa tra 6 e 64 anni, appena diagnosticate con Adhd. Utilizzando una metodologia innovativa – chiamata Trial Emulation Study – i ricercatori hanno potuto analizzare grandi quantità di dati con un approccio vicino a quello di uno studio clinico controllato.
I risultati sono chiari: chi ha seguito una terapia farmacologica con metilfenidato ha mostrato un rischio ridotto di:
- incidenti stradali e domestici;
- comportamenti autolesivi o tentativi di suicidio;
- abuso di alcol e sostanze;
- comportamenti antisociali o criminali.
In altre parole, il farmaco sembra migliorare non solo i sintomi cognitivi, ma anche la sicurezza nella vita quotidiana.
Stati Uniti e Italia: due approcci diversi
Negli Stati Uniti, un’analisi pubblicata su JAMA Network Open ha evidenziato che i farmaci stimolanti vengono prescritti con frequenza elevata già in età prescolare, sollevando dubbi sui possibili effetti di una somministrazione così precoce.
Altri studi scientifici hanno inoltre segnalato che, durante i trattamenti con stimolanti, può verificarsi un lieve rallentamento della crescita, effetto che tende a ridursi nel tempo e a scomparire dopo l’interruzione della terapia.
In Italia, invece, la situazione è diversa: le prescrizioni in età prescolare sono molto rare. La strategia seguita dagli specialisti parte quasi sempre da un approccio comportamentale, come il parent training, che insegna ai genitori tecniche pratiche per gestire meglio i comportamenti dei figli. Il farmaco entra in gioco solo nei casi più gravi o quando le strategie educative non bastano.
Parent training: il ruolo dei genitori
Il parent training resta un pilastro fondamentale nella gestione dell’Adhd. Si tratta di un percorso in cui i genitori imparano a usare strumenti concreti, ad esempio stabilire routine chiare per i compiti, adottare regole semplici e premi per i comportamenti positivi, o ridurre le situazioni che possono portare a scontri continui.
Per molti bambini piccoli questo tipo di intervento può essere sufficiente a ridurre i sintomi. Tuttavia, studi recenti indicano che anche nei più piccoli i farmaci potrebbero avere un’efficacia non inferiore e una buona tollerabilità, aprendo la strada a un possibile aggiornamento delle linee guida nei prossimi anni.
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Il peso del “non trattamento”
Uno degli aspetti messi in evidenza dai ricercatori riguarda il rischio legato al ritardo o alla mancata cura. Ignorare i sintomi più evidenti, come l’impulsività o la scarsa concentrazione, significa esporre bambini e adulti a conseguenze concrete: incidenti, abbandono scolastico, difficoltà nel mantenere rapporti di amicizia o perfino rischi di comportamenti autolesivi.
Per gli studenti più grandi, i farmaci si confermano l’opzione più efficace per migliorare attenzione e rendimento scolastico. Parallelamente, il supporto educativo e comportamentale resta utile per affrontare aspetti collaterali come l’oppositività o le difficoltà nelle relazioni con i coetanei.
La ricerca sull’Adhd sta andando verso trattamenti sempre più personalizzati. Se da un lato il metilfenidato mostra un impatto positivo anche sulla sicurezza nella vita di tutti i giorni, dall’altro resta fondamentale bilanciare efficacia e possibili effetti collaterali, scegliendo la terapia più adatta al singolo paziente e al contesto familiare.
Il messaggio che emerge è chiaro: il dibattito non riguarda solo l’efficacia dei farmaci, ma anche i rischi di lasciare il disturbo senza un trattamento adeguato.
Fonti:
- PubMed - ADHD drug treatment and risk of suicidal behaviours, substance misuse, accidental injuries, transport accidents, and criminality: emulation of target trials
- JAMA Network - ADHD Diagnosis and Timing of Medication Initiation Among Children Aged 3 to 5 Years
- PubMed - The effects of long-term medication on growth in children and adolescents with ADHD: an observational study of a large cohort of real-life patients