Il neonato dorme solo in braccio? Ecco perché e cosa fare

Valentina Montagna | Editor

Ultimo aggiornamento – 08 Novembre, 2024

papà riposa con il suo neonato in braccio

Capita ai neo genitori di dover fare i conti con il sonno dei loro bambini, come nel caso del neonato che dorme solo in braccio. Ma perché succede?

Questo comportamento, in realtà radicato nella natura del bambino, se protratto oltre un certo tempo può portare a momenti di difficoltà e stanchezza nei genitori. È importante sapere che le sue origini si collegano agli istinti primari e alle fasi di sviluppo del neonato. Il bisogno di contatto è una fase dello sviluppo dopo la nascita.

La comprensione di questi meccanismi può offrire ai genitori risposte e risorse per affrontare la situazione con qualche espediente e con maggiore serenità.

Vediamo allora quali sono le cause di questo atteggiamento, il suo impatto sulla vita familiare e qualche consiglio sugli approcci per gestirlo al meglio.

Perché il neonato si addormenta solo in braccio

La ragione per cui il neonato dorme in braccio va ricercata in cause di natura fisiologica e psicologica. È importante considerare questo comportamento in un contesto più ampio che implica i benefici del contatto fisico per lo sviluppo del bambino.

Il sonno in braccio, infatti, può essere visto come un'estensione naturale del bisogno di contatto fisico, fondamentale per il suo benessere, come reminiscenza dei 9 mesi trascorsi nella pancia della mamma

Biologicamente, il quarto trimestre è un periodo di grande sviluppo per i neonati che si adattano alla vita fuori dall'utero. Nei primi tempi, quindi, è necessario tenere in braccio il bambino per farlo addormentare trasmettendo la vicinanza e la sicurezza di cui ha bisogno.

Il rapporto tra il sonno in braccio e lo sviluppo del bambino

Il bambino ha vissuto nove mesi nel grembo materno, un ambiente accogliente al quale si è abituato. E tutto ciò che fuori di esso la ricorda, innesca per riflesso questa stessa sensazione. Ecco perché preferisce essere cullato per addormentarsi.

Quando un bambino dorme in braccio non sta semplicemente riposando, sta anche beneficiando di un'importante interazione fisica con la mamma. Questo contatto prolungato durante il sonno può amplificare molti dei vantaggi associati al contatto fisico ampiamente studiati dalla scienza.

Ne danno ampia testimonianza questa revisione di un gruppo di ricercatori che hanno condotto uno studio sull'impatto del contatto pelle a pelle rispetto allo sviluppo neuro-cognitivo del bambino. 

Dalla stessa fonte emerge che i neonati le cui madri utilizzano il contatto pelle a pelle mostrano una maggiore asimmetria EEG frontale alfa, un modello di attività neurale che riflette l'elaborazione emotiva e la maturazione cognitiva.

Ecco quali sono i benefici del contatto fisico che il bambino ricerca nei primi mesi dopo la nascita.

Ricreazione delle sensazioni vissute nel grembo materno

Dopo 9 mesi nel grembo materno, il neonato si sente più sicuro e confortato in un ambiente che ricrea le sensazioni familiari della gravidanza, come il calore e il contenimento fisico della mamma.

Regolazione fisiologica

Il contatto pelle a pelle con il corpo del genitore migliora la risposta emotiva dei neonati, aiutandoli a regolare meglio le proprie funzioni vitali come temperatura corporea, frequenza cardiaca e respirazione.

Rilascio di ormoni

Il contatto pelle a pelle stimola il rilascio di ossitocina, l'ormone dell'attaccamento, sia nel bambino che nel genitore, favorendo la costruzione del legame affettivo.

Senso di protezione

Da un punto di vista evolutivo, stare a stretto contatto con il genitore fa sentire il neonato protetto dai pericoli, soddisfacendo il suo bisogno innato di sicurezza.

Stimolazione sensoriale

Il contatto fornisce stimoli tattili, olfattivi e uditivi (come il battito cardiaco del genitore) che hanno un effetto calmante sul neonato. La stimolazione tattile migliora lo sviluppo cognitivo.

Da una ricerca emerge che il ritardo nello sviluppo è comune nei bambini privati della normale stimolazione sensoriale, ad esempio nei neonati prematuri. Il tatto è emerso come una modalità importante per facilitare la crescita e lo sviluppo. 

Nella stessa ricerca si fa presente che i ritardi nello sviluppo sono spesso riscontrabili nei bambini che ricevono una stimolazione sensoriale inadeguata o inappropriata. Ad esempio, i bambini orfani esposti a condizioni  desolanti hanno mostrato una crescita e uno sviluppo cognitivo compromessi, oltre a un'elevata incidenza di infezioni gravi e di disturbi dell'attaccamento.

Molte prove indicano l'importanza del tatto nello sviluppo del bambino suggerendo la possibilità che i bambini orfani non soffrano di una privazione materna di per sé, ma di una privazione sensoriale, e più specificamente di una privazione della stimolazione meccanosensoriale.

Nei primi studi sui neonati umani, Hopper e Pinneau – due ricercatori che hanno condotto alcuni dei primi studi sull'importanza del contatto fisico per lo sviluppo dei neonati – scoprirono già negli anni '50 che anche solo 10 minuti di contatto in più al giorno riducevano gli episodi di rigurgito.

Cosa fare quando il bambino si addormenta in braccio

L'abitudine del bambino ad addormentarsi tra le braccia dei genitori può influenzare la capacità di sviluppare il sonno autonomo. Questa pratica, infatti, seppur confortante nell'immediato, può portare a difficoltà nel lungo termine, come frequenti risvegli notturni dovuti alla ricerca del contatto fisico.

Fatta questa premessa, vediamo cosa fare se il neonato si addormenta in braccio per non rischiare di svegliarlo. Il consiglio è aspettare che raggiunga uno stato di sonno profondo prima di spostarlo, osservando questi segnali:

  1. rilassamento muscolare, in particolare delle braccia;
  2. respiro più lento e regolare;
  3. palpebre immobili.

Una volta accertato il sonno profondo, il trasferimento in culla dovrebbe avvenire con delicatezza. È importante non interrompere bruscamente il contatto fisico e mantenerlo per alcuni minuti. Questo permette al bambino di percepire una continuità nella presenza genitoriale, riducendo il rischio di risveglio.

È anche abbastanza evidente concludere che cambiare le abitudini di sonno del bambino richiede tempo e pazienza. Se il piccolo è stato abituato da mesi ad addormentarsi in braccio, il passaggio a un sonno autonomo non può avvenire dall'oggi al domani. Ecco perché si raccomanda un approccio graduale che faciliti questa transizione.

Altre ragioni che inducono il bambino ad addormentarsi in braccio

Un altro motivo per cui il neonato si addormenta solo in braccio potrebbe essere ricercato in altre cause quali il reflusso o le coliche nei bambini, condizioni frequenti che provocano disagio, pianto e irrequietezza, ostacolando la serenità del bambino che fatica a prendere sonno da solo. In questo caso, si può provare a tenerlo in posizione dritta per circa mezz'ora dopo la poppata prima di metterlo nella culla.


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Quando interrompere l'abitudine di far addormentare il bambino in braccio

L'età e lo sviluppo del bambino sono indicatori importanti per determinare quando iniziare a promuovere un sonno più indipendente. Alcuni esperti suggeriscono che il periodo intorno alle 6-8 settimane di vita, quando i bambini iniziano a sorridere intenzionalmente, possa essere un momento appropriato per iniziare questa transizione.

In questa fase dello sviluppo i neonati diventano più attenti, mostrando una crescente capacità di creare connessioni e di rispondere ai segnali dell'ambiente. Entro le 12 settimane, si potrebbe considerare di ridurre gradualmente le poppate notturne non necessarie, permettendo al bambino di sviluppare i propri cicli di sonno naturali.

Come iniziare

Si può iniziare gradualmente, una volta al giorno, allattando il bambino e poi facendolo sdraiare nella culla o nel lettino quando è insonnolito ma ancora sveglio. In questa fase, tuttavia, è bene mantenere il contatto fisico tenendo la sua manina. Questa forma di contatto dovrebbe poi diminuire gradualmente, fino a quando il bimbo perde l'abitudine di addormentarsi in braccio.

Valentina Montagna | Editor
Scritto da Valentina Montagna | Editor

La mia formazione comprende una laurea in Lingue e Letterature Straniere, arricchita da una specializzazione in Web Project Management. La mia esperienza nel campo si estende per oltre 15 anni, nei quali ho collaborato con nutrizionisti, endocrinologi, medici estetici e dermatologi, psicologi e psicoterapeuti e per un blog di un'azienda che produce format televisivi in ambito alimentazione, cucina, lifestyle.

a cura di Dr. Giuseppe Pingitore
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