Nel nostro immaginario collettivo, il primo rapporto sessuale ha spesso un valore simbolico carico di aspettative, pressioni e idealizzazioni. È visto come una tappa fondamentale, quasi un “esame di maturità” che segna il passaggio all’età adulta.
Ma cosa succede quando questa visione si carica di elementi tossici, come la fretta, il giudizio o il senso di inadeguatezza?
In realtà, il primo incontro sessuale dovrebbe essere un momento di scoperta e ascolto, non un traguardo da raggiungere “entro una certa età” o un’esperienza da vivere in un solo modo, secondo copioni prestabiliti.
In questo articolo proviamo a decostruire alcune convinzioni dannose legate alla “prima volta”, per restituire a questo momento la sua autenticità: quella di un’esperienza personale, libera e consapevole.
Decostruire il mito della “prima volta perfetta”
La narrazione più comune sulla prima volta ci racconta che dovrebbe avvenire entro un’età specifica, che deve essere con la persona “giusta”, e che dovrebbe essere romantica, indimenticabile e priva di imbarazzi.
A volte, però, queste aspettative si trasformano in una fonte di ansia, facendo sentire chi non le ha ancora vissute “in ritardo” o “sbagliatæ”.
Questo tipo di pressione può avere effetti profondi sul nostro rapporto con la sessualità e con il corpo; si insinua l’idea che “non averlo ancora fatto” sia un fallimento, o che la propria sessualità debba conformarsi a uno standard.
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In realtà, ogni esperienza è unica, e non esiste un’età “giusta” o un copione universale da seguire. Il concetto stesso di “prima volta” può essere rivisto: non è un atto standardizzato che certifica il passaggio a una nuova fase della vita, ma un incontro che può avvenire (o non avvenire!) quando ci si sente prontæ, curiosæ e consapevolæ.
Anche il termine “verginità” è carico di significati culturali che possono risultare oppressivi: riduce la sessualità a un prima e un dopo, ovvero alla “perdita” durante un rapporto eterosessuale penetrativo, il che esclude molte altre esperienze sessuali e affettive.
Ma la sessualità non è un oggetto da perdere o conquistare: è un processo continuo di esplorazione, scoperta e connessione con se stessi e con l’altro.
Quando la prima volta pesa: riscrivere le aspettative
Per molte persone il peso della “prima volta” non riguarda tanto il desiderio sessuale, quanto le aspettative che ci si sente addosso. “Perché non mi è ancora successo?”, “Cosa penseranno gli altri?”, “Mi sentirò mai prontə?”. Sono domande comuni, spesso generate da confronti esterni, più che da un autentico ascolto di sé.
Può succedere che la prima esperienza sessuale arrivi più tardi rispetto a quella che viene percepita come la “norma” — ed è assolutamente legittimo. Non esiste alcuna scadenza.
L’importante non è “farlo presto”, ma farlo quando si sente davvero di volerlo, con curiosità, rispetto e libertà. A volte ci si sente pronti nel corpo, ma non ancora nella mente o nelle emozioni; altre volte il desiderio c’è, ma il timore del giudizio blocca. Tutto questo è normale. E merita spazio e tempo per capire davvero cosa si vuole, senza pressioni.
Anche per chi ha già avuto rapporti sessuali, ogni nuova esperienza può essere una sorta di “prima volta”: con un’altra persona, in una nuova fase della vita, con un diverso stato d’animo. Non esiste un solo modo di vivere la sessualità — ma esiste il tuo. E riconoscerlo è il primo passo per liberarsi da standard che non ti appartengono.
Prepararsi alla prima volta: ascolto, comunicazione e sicurezza
Non esiste una formula magica per vivere la prima volta senza alcun tipo di ansia o imbarazzo, le emozioni fanno parte di noi e l’ansia spesso ci racconta di qualcosa che ha valore, che è importante per noi.
Ma ci sono alcune condizioni che possono aiutare a viverla con maggiore serenità e consapevolezza:
Ascoltarsi con onestà
Sentirsi prontæ non significa non avere alcun dubbio, ma sentire che si desidera vivere quell’esperienza in quel momento, con quella persona. Non per dovere, per paura di perdere l’altra persona o per non “restare indietro”.
Chiediti: “Lo sto facendo per me, o per rispondere a un’aspettativa?” La risposta ti guiderà.
Parlare con la persona coinvolta
La comunicazione è fondamentale: sapere che si può parlare apertamente con l’altræ (dei propri desideri, dubbi, limiti) è un elemento chiave per creare un clima di fiducia.
La prima volta – e tutte le successive! - non dovrebbe mai essere un terreno di performance, ma un luogo sicuro in cui ci si sente accolti, anche nelle incertezze.
Informarsi e proteggersi
La consapevolezza passa anche dall’informazione: conoscere il proprio corpo, sapere come funzionano i metodi contraccettivi, avere chiari i modi per proteggersi dalle infezioni sessualmente trasmissibili è un atto di cura verso di sé e verso l’altro.
La sessualità sicura non toglie spontaneità: al contrario, è ciò che permette di vivere l’esperienza con maggiore tranquillità.
Accettare l’imperfezione
La prima volta (come molte altre) può essere goffa, piena di emozioni contrastanti, o diversa da come l’avevamo immaginata. E questo non è un problema.
Non esiste una regia perfetta per questo momento: la tenerezza, la pazienza e la disponibilità a ridere insieme di eventuali imprevisti sono spesso più importanti della “tecnica”.
Scegliere il proprio tempo
Cambiare prospettiva sulla prima volta significa togliere a questo evento la patina di “esame sociale” e restituirgli dignità come esperienza personale, intima, libera. Non è un traguardo da raggiungere, ma un momento che — se lo si desidera — può avvenire quando ci si sente pronta, in uno spazio sicuro, senza pressioni e senza fretta.
La sessualità non è una corsa contro il tempo, né un confronto con gli altri: è una relazione con sé stessi, con il proprio corpo, con i propri desideri. E come ogni relazione autentica, ha bisogno di tempo, ascolto e libertà.
Sui social la community di P. by pazienti.it ha risposto a delle Stories che invitavano a raccontare in forma anonima la propria esperienza in risposta alla domanda “La tua prima volta: cosa avresti voluto sapere?”, dunque vediamo insieme alcuni commenti tra quelli ricevuti.
Innanzitutto due letture diverse, la prima, sintetica ma dritta al punto: “che era solo la prima volta”, dunque la volontà di sapere che non c’era bisogno di ingigantire un’esperienza fin troppo stereotipata; la seconda, con un altro punto di vista, ossia “che era una cosa così nobile alta e sacra, che avrei dovuto viverla senza pensare a perdere la verginità il prima possibile o al prima innamoramento”, quindi la consapevolezza che a volte, per la fretta di “doverlo fare quando lo fanno tutti”, non si vive al meglio il momento.
Infine, una testimonianza più lunga e articolata: “più ci si rilassa, più la si vive appieno. Ho sempre avuto paura per il mio aspetto fisico, così ho sempre evitato. Sono arrivata ai 35 anni vergine, finché non ho incontrato chi mi ha levato tutte le paure di dosso; eppure, anche lì, avevo il cuore in gola. Ad oggi ho capito che è tutto nella nostra testa... Paure, ansia, eccitazione”; ecco, la risposta perfetta a quanto affrontato in questo approfondimento, dove l’accento è sul sentire e non sul dover dimostrare qualcosa.