Anuptafobia: quando la paura di una vita senza partner ci fa sentire un fallimento

Arianna Bordi | Editor

Ultimo aggiornamento – 10 Febbraio, 2025

Giovane donna sola seduta al bancone di un bar mentre scrolla sul telefono

L'anuptafobia, o paura di rimanere single, è una condizione psicologica caratterizzata dalla paura e dall'ansia legate al fatto di rimanere single.

Perché è ancora così diffusa? Cosa ci spinge a sentire il peso del giudizio delle altre persone sulle nostre scelte?

Scopriamo di più in questo articolo.

Essere single: comune nella popolazione, ma tuttora motivo di turbamento

Questa parola deriva dalle parole greche "an-" (mancanza di) e "nuptiae" (matrimonio), e indica letteralmente la paura di non sposarsi e rimanere da soli.  

Si legge dal Rapporto Istat relativo a inizio 2024, sezione “Popolazione e famiglie”: “Le famiglie non tradizionali, che un tempo venivano considerate forme familiari nuove sono, infatti, diventate una realtà sempre più consistente: coppie non coniugate, famiglie ricostituite, single non vedovi e monogenitori non vedovi nel biennio 2022-2023 sono più di 10 milioni e rappresentano quasi il 40 per cento delle famiglie, quasi il doppio rispetto a venti anni fa. Vivono in queste forme familiari 18 milioni e mezzo di persone, oltre il 30 per cento della popolazione. L’incidenza maggiore è quella delle persone non vedove che vivono da sole (il 22,4 per cento), seguite dalle famiglie di genitori soli, madri (6,2 per cento) o padri (1,3 per cento) che vivono con i figli senza la presenza di un partner.”

Insomma, nonostante ormai il microcosmo familiare sia radicalmente cambiato anche solo rispetto a dieci anni fa e la presenza massiccia di persone celibi o nubili, con o senza figli, rappresenti una grande fetta della popolazione, l’angoscia di risultare “la zitella della situazione” è ancora molto diffusa.

@pebesebert

This is your sign you don't need him

♬ Vampire - Pebe Sebert

Le cause scatenanti possono essere diverse e complesse, spesso legate a esperienze personali, sociali e culturali. Vediamo alcuni fattori che possono contribuire allo sviluppo di questa fobia: 

  • pressione sociale: la società spesso esercita una forte pressione sulle persone affinché si sposino e formino una famiglia, e questo può generare ansia e paura in chi non si conforma a queste aspettative;
  • esperienze passate: esperienze negative in relazioni precedenti, come delusioni amorose o abbandoni, possono contribuire alla paura di rimanere single;
  • bassa autostima: chi ha una bassa autostima può temere di non essere abbastanza attraente o desiderabile per un partner, e quindi di rimanere solo per sempre;
  • perfezionismo: chi ha un'idea idealizzata dell'amore e del matrimonio può temere di non trovare il partner perfetto e quindi preferire evitare le relazioni.

Come sottolineato dalla psicoterapeuta Valeria Fiorenza Perris, le relazioni rappresentano per noi motivo di successo e realizzazione personale, ma non sempre in maniera sana: “Spesso, infatti, tendiamo a valutare noi stessi e la nostra vita attraverso degli indicatori di successo: avere una relazione di coppia può essere uno di questi. Purtroppo, l’idea stereotipata che una vita appagante debba necessariamente includere la presenza di un partner è ancora molto diffusa e può influenzare la nostra percezione del successo e della felicità.”

@lucretia.psicologa

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L'anuptofobia può manifestarsi con una serie di sintomi fisici e psicologici, tra cui:

  • ansia e panico: la paura di rimanere single può scatenare attacchi di panico e ansia intensa;
  • depressione: la solitudine e la mancanza di un partner possono portare a sentimenti di tristezza e depressione;
  • ossessioni: chi soffre di anuptofobia può avere pensieri ossessivi sul fatto di rimanere single e sulla ricerca di un partner;
  • comportamenti compulsivi: alcune persone possono sviluppare comportamenti compulsivi, come controllare continuamente i social media alla ricerca di potenziali partner o uscire con chiunque pur di non rimanere sole;
  • isolamento sociale: la paura di rimanere single può portare a evitare situazioni sociali e a isolarsi dagli altri.

L'anuptofobia può avere un impatto significativo sulla vita di una persona, influenzando le sue relazioni, il lavoro e il benessere generale; in alcuni casi può portare a depressione, ansia generalizzata e altri disturbi mentali.

Nicoletta Suppa, psicologa, psicoterapeuta e sessuologa, afferma in merito: “La paura della solitudine può definirsi un'ulteriore causa dell'anuptafobia nella misura in cui la persona non ha sviluppato la capacità di stare sola con sé stessa, avendo costantemente bisogno dell'altro per tenere a bada la propria ansia. La solitudine viene sperimentata come pericolo, sviluppando sintomo ansiosi e panicanti, oppure come un buco nero da cui non si riesce ad uscire, sviluppando sintomi depressivi. Ansia e depressione possono essere considerati effetti di questa fobia, ma allo stesso tempo anche elementi patogeni.”

Cosa fare quando la paura della vita senza partner diventa un pensiero fisso

Qualora si sospetti di soffrire di anuptofobia, è fondamentale rivolgersi a un professionista qualificato.

Un terapeuta, infatti, sarà in grado di guidare la persona nella comprensione delle cause profonde della propria paura, aiutandola a sviluppare strategie efficaci per superarla.


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Sebbene ogni caso vada valutato individualmente, e non esista un approccio universale, sono diverse le tecniche terapeutiche utilizzate che possono rivelarsi particolarmente utili: 

  • terapia cognitivo-comportamentale (TCC): si concentra sull'identificazione e la modifica dei pensieri e dei comportamenti negativi che alimentano la paura di rimanere single. Attraverso un percorso strutturato, il terapeuta aiuta la persona a riconoscere i propri schemi di pensiero disfunzionali e a sostituirli con alternative più realistiche e positive;
  • terapia di gruppo: condividere le proprie esperienze con altre persone che hanno gli stessi timori può rappresentare un valido supporto. Il confronto con gli altri e la consapevolezza di non essere soli nell'affrontare questa paura possono generare un senso di solidarietà e incoraggiamento reciproco;
  • tecniche di rilassamento: pratiche come la meditazione o lo yoga possono contribuire a ridurre l'ansia associata all'anuptofobia; aiutano a calmare la mente, a gestire lo stress e a promuovere un senso di benessere generale.

Oltre alle terapie specifiche, è possibile adottare alcuni accorgimenti nella vita di tutti i giorni per affrontare questa sensazione di incompletezza e fallimento:

  • mettere in discussione le proprie convinzioni: è importante analizzare criticamente le proprie paure e chiedersi se siano realistiche o basate su convinzioni errate. Spesso le paure sono il risultato di pensieri distorti e generalizzazioni infondate;
  • concentrarsi sul presente: anziché focalizzarsi sul futuro e sulla paura di rimanere single, è utile concentrarsi sul momento presente e sulle relazioni significative che si hanno già. Apprezzare le amicizie, i legami familiari e le esperienze positive del presente può aiutare a ridurre l'ansia legata al futuro;
  • accettare la solitudine: imparare a trarre beneficio dai momenti di solitudine può essere un passo importante per superare l'anuptofobia. La solitudine non deve essere vista come una condizione negativa, ma come un'opportunità per dedicarsi a se stessi, ai propri interessi e alla propria crescita personale;
  • non aver paura di chiedere aiuto: se si sente il bisogno di aiuto, è fondamentale non esitare a rivolgersi ai propri amici, familiari o a un professionista. Il supporto esterno può fare la differenza nel percorso di guarigione.
Arianna Bordi | Editor
Scritto da Arianna Bordi | Editor

Dopo la laurea in Letteratura e Lingue straniere, durante il mio percorso di laurea magistrale mi sono specializzata in Editoria e Comunicazione visiva e digitale. Ho frequentato corsi relativi al giornalismo, alla traduzione, alla scrittura per il web, al copywriting e all'editing di testi.

Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
Arianna Bordi | Editor
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