"Me ne occupo io perché altrimenti non lo fa nessuno": ecco cosa si cela dietro al bisogno di controllo

Arianna Bordi | Autrice e divulgatrice esperta in salute femminile, psicologia e salute del cervello
A cura di Arianna Bordi
Autrice e divulgatrice esperta in salute femminile, psicologia e salute del cervello

Data articolo – 25 Luglio, 2025

Donna che sul divano guarda il PC con occhi preoccupati

Quante volte si ha difficoltà a delegare un compito o l’organizzazione di un evento, anche il più banale, alle persone che ci circondando?

Dietro questa necessità di controllo c’è un inevitabile risvolto psicologico da non ignorare: scopriamo di più in questo approfondimento.

Cosa si cela dietro al controllo

A volte dietro al bisogno di controllare tutto e tutti si nasconde una paura profonda e specifica, che la psicoterapeuta Annabelle Dortch descrive come: "Devo farlo io altrimenti nessun altro lo farà."

Ad esempio, quando ci si ritrova a gestire i colleghi sul lavoro, soprattutto per questioni di team interne, o quando si organizzano le uscite con gli amici; tutto questo si traduce nella necessità di supervisionare ogni minimo dettaglio di un progetto, non perché manchi la fiducia nella capacità altrui, ma perché si è convinti che il fallimento sia inevitabile se non si tengono le redini.

In sostanza, questo tipo di paura ti porta a cercare di gestire persone e situazioni con l'illusione di rendere la vita più sicura e prevedibile.

Come sottolinea Dortch questa tendenza a voler comandare gli altri o a preoccuparsi eccessivamente di questioni che sfuggono al controllo può avere conseguenze negative sulle relazioni, creando tensioni e risentimenti; oltre a ciò, ha la conseguenza di lasciarci mentalmente esausti, prosciugando le energie in un ciclo continuo di ansia e controllo.

Quando chiedere è la soluzione

Spesso alla radice dei nostri comportamenti di controllo, c'è la radicata convinzione di essere i soli detentori della verità, di conoscere l'unico e inequivocabile "modo giusto" di fare le cose.

Ma è davvero così? Esiste un solo modo "corretto" per organizzare una vacanza con gli amici, o per riordinare un appartamento caotico?

Come sottolinea la terapeuta Sharon Martin, se riusciamo ad accettare l'idea che c'è sempre qualcosa da imparare dagli altri possiamo iniziare a coltivare una genuina curiosità verso il loro punto di vista e le ragioni dietro le loro azioni.

Per chi si trova in questa situazione un ottimo punto di partenza è adottare una strategia semplice e diretta: invece di dare subito istruzioni o bocciare un'idea, è bene provare a porre delle domande; frasi, quindi, come "Sono curioso, cosa ti ha portato a pensare in questo modo?" o "Mi piacerebbe capire il tuo ragionamento" possono aprire un dialogo costruttivo.

Un'altra tattica efficace è quella di abituarsi a fermarsi e ascoltare veramente, invece di liquidare immediatamente le idee altrui con un perentorio "No, proseguiamo con quello che avevo pianificato". Dunque, dare spazio e attenzione a prospettive diverse può non solo arricchire la soluzione finale, ma anche rafforzare le relazioni.

Spesso ci ritroviamo a spendere una quantità sproporzionata di energia emotiva, o addirittura a danneggiare le nostre relazioni, per questioni che, a ben vedere, non hanno poi così tanta importanza.

Come fa notare Martin questi momenti di "bassa pressione" sono l'occasione perfetta per osservare cosa accade quando la vita non segue esattamente i nostri piani, ed è proprio in queste situazioni che puoi iniziare a sperimentare la cessione del controllo.


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Dando spazio agli altri si può scoprire che cedere il controllo su queste piccole cose non è affatto così spaventoso o sconvolgente come immaginato; anzi, questa pratica aiuterà a risparmiare preziose energie e a imparare a concentrarle su ciò che conta davvero nella vita.

Esprimere le proprie preferenze, poi, non significa essere intrinsecamente autoritari o esigenti: spesso ciò che può dare un'impressione prepotente è il modo in cui queste preferenze vengono comunicate.

Anziché impartire ordini o rendere le proprie richieste inequivocabili, è consigliabile adottare un linguaggio più morbido e interrogativo: Martin suggerisce di utilizzare espressioni come "Ti andrebbe bene fare in questo modo?" oppure "Cosa ne pensi di questo?".

Nella pratica, in generale, questo si traduce in un approccio più collaborativo, come la frase "Penso che questo approccio possa essere inefficace, posso spiegarti cosa avevo in mente?".

Dunque, adottando queste modalità è possibile continuare a esprimere apertamente i propri desideri, concedendo al contempo all'altra persona la possibilità di scegliere e partecipare; un approccio che, unito ai consigli precedenti, si rivela molto più produttivo per prendere in mano la propria vita e le relazioni, evitando di creare tensioni e risentimenti in chi ci circonda.

Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
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