Lavaggio a 90 gradi: la guida definitiva su cosa si può (e non si può) mettere in lavatrice

Mattia Zamboni | Seo Content Specialist

Ultimo aggiornamento – 29 Agosto, 2025

Primo piano di una persona che preme il pannello di controllo di una lavatrice moderna.

Lavare a 90 gradi non è più un’abitudine così frequente come in passato. Un tempo, quando le lavatrici erano meno sofisticate e i detersivi meno performanti, i cicli ad alte temperature erano la norma.

Oggi, invece, si tende a preferire i programmi a 40° o 60°, che consumano meno energia e rispettano meglio i tessuti. Eppure, il lavaggio a 90 gradi conserva una sua utilità, che in certi casi diventa insostituibile.

Vale la pena, allora, capire bene cosa si può lavare a queste temperature, quando è consigliabile e quali precauzioni prendere per evitare danni.

Perché si lava a 90 gradi

Un lavaggio a 90 gradi così caldo ha due obiettivi principali: igienizzare a fondo e rimuovere sporco ostinato.

Le alte temperature distruggono:

  • batteri;
  • funghi;
  • muffe;
  • altri microrganismi che i detergenti da soli non sempre riescono ad eliminare.

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Inoltre, un ciclo a 90° aiuta a sciogliere grasso e macchie tenaci, garantendo un risultato di pulizia profonda.

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, i lavaggi ad almeno 60 gradi sono già sufficienti per ridurre significativamente la carica microbica su tessuti contaminati.

Portare il termometro a 90° offre un margine extra di sicurezza, utile in contesti particolari, ad esempio in presenza di persone malate o per oggetti che devono essere realmente sterilizzati.

Fare un lavaggio a 90° di tanto in tanto (anche a vuoto, con un po’ di bicarbonato o aceto) aiuta a igienizzare la lavatrice stessa, eliminando residui di detersivo, muffe e cattivi odori. È un accorgimento che prolunga la vita dell’elettrodomestico e mantiene più freschi i capi nei lavaggi successivi.

Cosa lavare a 90 gradi

Non tutto può sopportare temperature così alte. Alcuni capi rischiano di restringersi, scolorire o rovinarsi irreversibilmente.

Altri, invece, non solo resistono, ma traggono beneficio da un lavaggio “radicale”.

Biancheria da letto e asciugamani bianchi

Lenzuola, federe e asciugamani bianchi in cotone sono i candidati ideali. Resistono bene al calore e, se molto sporchi, un ciclo a 90° li rende di nuovo freschi e igienizzati.

È particolarmente utile in caso di influenze o malattie contagiose in famiglia: lavare la biancheria a questa temperatura riduce il rischio di trasmissione dei germi.

Tovaglie e strofinacci da cucina

I tessuti che entrano regolarmente in contatto con alimenti crudi (carne, pesce, uova) possono veicolare batteri come Salmonella o Escherichia coli.

Un lavaggio a 90 gradi è quindi un’ottima prevenzione per eliminare tracce di contaminazione.

Primo piano di una mano che gira la manopola di selezione del programma su una lavatrice.

Indumenti intimi di cotone bianco

Mutande, canottiere o magliette intime bianche in puro cotone possono essere lavati a 90°, soprattutto se molto sporchi.

Tuttavia, è bene ricordare che i tessuti colorati o sintetici rischiano di scolorire o deformarsi.

Tessuti ospedalieri o da assistenza

Chi assiste a casa un familiare malato o chi lavora in ambienti sanitari può trovarsi a dover lavare lenzuola, camici o biancheria particolarmente contaminata. In questi casi, il ciclo a 90 gradi è la scelta più sicura.

Cosa evitare di lavare a 90 gradi

Non basta guardare all’etichetta del capo: serve un po’ di buon senso.

In generale, sono da evitare:

  • indumenti sintetici: poliestere, acrilico o nylon si deformano facilmente;
  • colorati intensi: a 90 gradi i colori possono sbiadire o stingere;
  • lana e seta: fibre delicate che si restringono irrimediabilmente;
  • jeans e capi moderni con elastan: il calore rovina la trama elastica, rendendoli inutilizzabili.

Quando è davvero necessario lavare a 90 gradi

Non bisogna cadere nell’idea che più caldo significhi sempre meglio. In realtà, nella maggior parte dei casi, un ciclo a 60° è più che sufficiente per eliminare lo sporco quotidiano e mantenere i capi in buono stato.

Si può parlare di “necessità” solo in situazioni specifiche:

  • contagio in famiglia (influenza, gastroenterite, infezioni cutanee);
  • presenza di persone immunodepresse che richiedono ambienti più sterili;
  • tessuti contaminati da fluidi corporei (ad esempio in assistenza domiciliare);
  • panni da cucina a contatto con alimenti crudi.

Il lato negativo del lavaggio a 90 gradi

Il rovescio della medaglia è il costo in bolletta: scaldare l’acqua fino a 90° richiede molta energia.

Uno studio dell’Agenzia Europea per l’Ambiente mostra che lavare a 90° consuma fino al doppio rispetto a un ciclo a 40°.

Non solo: temperature elevate riducono la vita dei tessuti e delle stesse lavatrici, che vengono sottoposte a maggiore stress.

Per questo motivo, oggi si consiglia di riservare i lavaggi ad alta temperatura solo ai casi strettamente necessari, alternandoli a cicli più bassi ma con detergenti igienizzanti.

Come lavare a 90 gradi senza rovinare i tessuti

Se si vuole comunque procedere, ecco alcune accortezze:

  • controllare sempre l’etichetta: il simbolo della vaschetta con il numero 95 indica che il capo resiste al lavaggio a 90°;
  • pretrattare le macchie: il calore fissa lo sporco, quindi meglio applicare uno smacchiatore prima del ciclo;
  • non mescolare bianchi e colorati: i colori potrebbero stingere irrimediabilmente;
  • non caricare troppo la lavatrice: i tessuti hanno bisogno di spazio per muoversi;
  • usare un buon detersivo in polvere: più indicato dei liquidi per i lavaggi intensivi.

Alternative al lavaggio a 90°

Chi non vuole spingersi a temperature così alte può considerare alternative altrettanto valide:

  • detersivi igienizzanti: formulati con additivi antibatterici che agiscono anche a basse temperature;
  • additivi disinfettanti: da aggiungere al bucato per potenziare l’azione del detersivo;
  • programmi a vapore: alcune lavatrici moderne offrono cicli che igienizzano i tessuti senza bisogno di portare l’acqua a 90°.

Il lavaggio a 90 gradi non è un’abitudine quotidiana, ma uno strumento da usare con criterio. Serve a garantire un’igiene profonda in situazioni particolari, quando la salute viene prima di tutto. Allo stesso tempo, è bene non abusarne: i consumi energetici elevati e il rischio di rovinare i capi rendono questa pratica poco sostenibile se applicata senza necessità.

Sapere quando è davvero utile e come eseguirlo correttamente permette di sfruttarne i vantaggi senza incorrere negli svantaggi. In fondo, lavare bene non significa solo avere capi puliti, ma anche scegliere il metodo giusto per farli durare nel tempo.

Mattia Zamboni | Seo Content Specialist
Scritto da Mattia Zamboni | Seo Content Specialist

Ho conseguito la laurea in Scienze della Comunicazione con un particolare focus sullo storytelling. Con quasi un decennio di esperienza nel campo del giornalismo, oggi mi occupo della creazione di contenuti editoriali che abbracciano diverse tematiche, tra cui salute, benessere, sessualità, mondo pet, alimentazione, psicologia, cura della persona e genitorialità.

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