L’idea che saltare un pasto possa compromettere la concentrazione o ridurre l’efficienza mentale è un qualcosa di profondamente radicato nella cultura moderna, eppure, negli ultimi anni, il digiuno intermittente è diventato una delle pratiche di benessere più diffuse, adottata da milioni di persone.
Ma cosa succede davvero al cervello quando smettiamo di mangiare per diverse ore? Ecco lo studio che fa luce su questo argomento.
La ricerca
Prima di tutto, però, va precisato che qualsiasi regime alimentare non va seguito di propria spontanea volontà, ma va prima studiato e osservato con un professionista dell’alimentazione o con il proprio medico.
Tornando all’argomento principale, per rispondere alla domanda dell’introduzione, i ricercatori dell’Università di Auckland, hanno realizzato una delle più ampie meta-analisi mai condotte sull’argomento – pubblicata su Psychological Bulletin – che ha raccolto e analizzato 71 ricerche indipendenti svolte tra il 1958 e il 2025, per un totale di 3.484 partecipanti.
I risultati della meta-analisi hanno ribaltato uno dei miti più diffusi sul digiuno: “dopo aver unito i dati – afferma il Dr. Moreau, uno dei co autori dello studio – la nostra conclusione è che non esiste alcuna differenza significativa nelle prestazioni cognitive tra adulti sani a digiuno e non a digiuno”.
Le persone che avevano digiunato hanno ottenuto punteggi sovrapponibili nei test di memoria, attenzione e funzioni esecutive rispetto a chi aveva mangiato di recente. In altre parole, smettere di fornire cibo al corpo per alcune ore non compromette la capacità di concentrazione, almeno negli adulti sani.
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Secondo gli autori, questo risultato smentisce la convinzione secondo cui per mantenere il cervello “attivo” sia necessario un apporto costante di zuccheri e pasti regolari; la mente, spiegano, è molto più flessibile e capace di adattarsi ai cambiamenti metabolici di quanto immaginiamo.
Dal punto di vista biologico, questa capacità ha radici antiche: gli esseri umani si sono evoluti in un contesto di scarsità di cibo, sviluppando meccanismi per mantenere attive le funzioni cognitive anche in assenza di alimentazione regolare.
Quando le riserve di glicogeno – la principale forma di glucosio immagazzinata nel corpo – si esauriscono, il metabolismo compie un vero e proprio cambio di carburante. Si inizia, infatti, a scomporre i grassi in corpi chetonici, come acetoacetato e beta-idrossibutirrato, che diventano una fonte alternativa di energia per cervello e muscoli.
Questa “flessibilità metabolica” non solo ha permesso ai nostri antenati di sopravvivere in tempi di carestia, ma oggi è associata a numerosi benefici per la salute, tra cui un miglior controllo della glicemia, una riduzione del rischio di diabete di tipo 2 e un più efficiente processo di autofagia, la “pulizia cellulare” che contribuisce al mantenimento di cellule sane e longeve.
I fattori che influenzano la performance cognitiva
La ricerca, tuttavia, ha identificato alcuni fattori chiave che possono modificare il modo in cui il digiuno influisce sulle funzioni mentali.
- l’età: nei bambini e negli adolescenti, il digiuno tende a ridurre le prestazioni cognitive – probabilmente perché il cervello in fase di sviluppo ha un fabbisogno energetico più elevato e meno margine di adattamento. Per questo motivo, i ricercatori raccomandano di non saltare mai la colazione prima di andare a scuola, un pasto che resta fondamentale per l’apprendimento e la memoria;
- la durata del digiuno: gli effetti negativi sembrano più marcati nelle prime ore, mentre nei digiuni prolungati – superiori alle 12 ore – il corpo passa alla produzione di chetoni, che ristabiliscono un apporto stabile di energia al cervello. In questi casi, le differenze tra stato di digiuno e stato di sazietà diventano quasi impercettibili;
- il momento della giornata: nei test condotti verso sera, i partecipanti a digiuno tendevano a ottenere risultati leggermente inferiori, probabilmente perché la mancanza di cibo amplifica i cali naturali dovuti ai ritmi circadiani;
- il tipo di stimolo cognitivo: quando i test includevano simboli o forme neutre, le prestazioni dei partecipanti erano stabili o addirittura migliori; ma quando le prove contenevano immagini o parole legate al cibo, la fame rendeva i soggetti più distraibili.
Insomma, da questa ricerca si può evincere che gli effetti del digiuno sulle capacità mentali non sono uguali per tutti, ma dipendono da vari fattori biologici e contestuali.
Il digiuno non compromette automaticamente la lucidità, ma i suoi effetti variano in base a età, durata, orario e tipo di compito mentale.
Cosa sapere sul digiuno intermittente
Come ci è stato detto dalla Dr.ssa Matichecchia, nutrizionista, il digiuno intermittente non è una dieta in senso stretto, ma un metodo che regola i momenti della giornata in cui si mangia e quelli in cui si resta a digiuno. L’attenzione, quindi, non si concentra tanto sugli alimenti scelti, quanto sulla loro distribuzione nel tempo.
Tra i modelli più diffusi ci sono:
- 16/8 (Lean Gains): si mangia per 8 ore e si digiuna per 16, ad esempio saltando la colazione e consumando i pasti tra mezzogiorno e le 20;
- 5:2: per due giorni non consecutivi alla settimana si riducono drasticamente le calorie (500-600 al massimo), mentre negli altri giorni si segue un’alimentazione libera;
- Eat Stop Eat: prevede uno o due giorni di digiuno completo, alternati a giorni di alimentazione normale; durante il digiuno sono ammesse solo bevande senza zucchero come tè o caffè.
Questo approccio non serve solo a ridurre le calorie, ma anche a riequilibrare i meccanismi ormonali e metabolici. Può, ad esempio:
- migliorare la sensibilità all’insulina, favorendo il consumo dei grassi;
- aumentare la produzione dell’ormone della crescita, utile per bruciare grassi e sviluppare massa muscolare;
- stimolare l’autofagia, un processo naturale di pulizia e rigenerazione delle cellule.
Tuttavia, non si tratta di un metodo adatto a tutti: è sconsigliato a chi soffre di diabete, malattie cardiovascolari o tumori, e non dovrebbe essere praticato da bambini, donne in gravidanza o allattamento, persone con disturbi alimentari o anziani.
Prima di intraprendere qualsiasi forma di digiuno intermittente, è sempre fondamentale consultare un medico o un dietista, così da valutare se sia compatibile con il proprio stato di salute e le proprie abitudini.
Fonti:
- APA PsycNet – Acute Effects of Fasting on Cognitive Performance: A Systematic Review and Meta-Analysis
- The Conversation – Does fasting dull your mental edge? We crunched the data for the best advice