Emobartonellosi nel gatto: quali sono le cause e come curare l'anemia infettiva felina

Valentina Montagna | Editor

Ultimo aggiornamento – 11 Agosto, 2025

Gatto dal manto arancio e nero con intensi occhi verdi che guarda in camera

L'emobartonellosi è una forma rara di anemia nel gatto; in passato era nota come "anemia infettiva felina" o "emobartonellosi", anche detta semplicemente “emobartonella” perché il parassita batterico responsabile era conosciuto come Hemobartonella felis.

Oggi il nome ufficiale è "micoplasmosi emotropica felina"(FHM), che indica un'infezione del sangue causata da Mycoplasma haemofelis.

Scopriamo di più in questo articolo.

Cos’è e perché viene l'anemia da parassita Mycoplasma haemofelis

Il cambio di nome è dovuto a studi genetici che hanno scoperto l'appartenenza del patogeno al genere Mycoplasma, ma alcuni veterinari comunque utilizzano ancora il vecchio termine "Hemobart" per semplicità.

La malattia si trasmette perlopiù attraverso le pulci, ma anche per via transplacentare, durante il parto, l'allattamento e le trasfusioni di sangue infetto.

Il Mycoplasma haemofelis è un parassita che si attacca i globuli rossi, venendo distrutti dal sistema immunitario del gatto che non li riconosce.

È questo meccanismo a causare l'anemia, ovvero una riduzione del numero di globuli rossi o della quantità di emoglobina, la molecola che trasporta l'ossigeno.

Come si trasmette l'anemia infettiva felina?

La trasmissione avviene perlopiù attraverso la puntura di pulci, zecche, zanzare, ma può anche attraverso morsi, graffi, trasfusioni di sangue infetto e, in casi più rari, dalla madre ai gattini durante la gravidanza o l'allattamento; un fattore di rischio è il contatto diretto tra gatti, soprattutto in caso di ferite o scambio di sangue.

I sintomi non compaiono subito, infatti si possono manifestare dalle 2 alle 7 settimane, o dopo anni nei portatori asintomatici. Proprio per questo, diventa difficile capire da dove è partita l'infezione.

Quali sono i sintomi di anemia infettiva felina?

I sintomi possono anche non comparire quando l'anemia è in forma più lieve; può anche capitare che alcuni gatti infetti rimangano asintomatici, portatori della malattia a tempo indefinito che possono trasmettere ad altri gatti.

Se però il sistema immunitario si indebolisce, a causa di stress, altre malattie, terapie con cortisonici, gravidanza o interventi chirurgici, si possono sviluppare i sintomi correlati.

I sintomi di una condizione più avanzata:

  • le mucose, cioè la parte interna delle labbra e delle gengive, hanno un colore più chiaro rispetto al normale. Possono apparire gialle se c'è ittero insieme all'anemia;
  • stanchezza, debolezza;
  • perdita di peso;
  • febbre;
  • milza o linfonodi ingrossati;
  • aumento delle frequenze cardiaca e respiratoria.

Anche dopo la guarigione, l'infezione non viene completamente eliminata. Il microrganismo resta in forma silente, localizzandosi nella milza, senza causare sintomi evidenti.

Diagnosi della Micoplasmosi Emotropica Felina

Per la diagnosi di anemia infettiva felina si deve sottoporre il gatto a un esame clinico completo e ad alcuni test di sangue e urine.

Il test più accurato che si esegue per diagnosticare la malattia è un'analisi PCR (reazione a catena della polimerasi), esame di laboratorio che si fa per individuare il DNA del microrganismo responsabile dell’infezione.

Il test si esegue su un campione di sangue prelevato dal gatto, conservato in una provetta con anticoagulante; i test PCR diventano positivi 4-15 giorni dopo l'infezione con un picco di rilevamento dopo 2-4 settimane.

Il risultato può essere sia qualitativo (presenza/assenza del DNA del patogeno) sia quantitativo (quantità di DNA rilevata, utile per monitorare la risposta alla terapia).

Il veterinario può anche prescrivere un test FeLV/FIV (Virus della Leucemia Felina/Virus dell'Immunodeficienza Felina), dato che queste condizioni si presentano con la FHM e possono anche complicare il quadro clinici, aggravando l'anemia.

Come viene trattata l'anemia infettiva felina?

Le terapie si prescrivono ai gatti con i sintomi, ai quali il veterinario prescrive antibiotici come la doxiciclina, l'enrofloxacina o la marbofloxacina, per trattare le infezioni da Mycoplasma haemofelis.

La doxiciclina si somministra in sospensione orale per tutto il ciclo intero, senza sospensioni anticipate altrimenti la terapia è inutile. 


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I trattamenti sono anche mirati a sopprimere la risposta immunitaria per ridurre la distruzione dei globuli rossi. 

Dato che è il sistema immunitario del gatto a distruggere i globuli rossi (anemia emolitica immunomediata), questa risposta deve essere controllata con farmaci immunosoppressori, come i corticosteroidi (es. prednisolone); se l'anemia è grave, può anche essere necessaria una trasfusione di sangue.

La prognosi è generalmente buona se la diagnosi viene fatta in tempo e il gatto risponde al trattamento.

I gatti portatori senza sintomi non hanno bisogno di trattamento e non sono contagiosi, se vengono controllate le pulci.

FAQ – Domande frequenti sull’emobartonellosi nel gatto

Ecco alcune delle domande ricorrenti sull’anemia felina:

La micoplasmosi emiotropica felina può colpire altre specie animali o gli esseri umani?

Esistono organismi di Mycoplasma simili che colpiscono i cani, come Mycoplasma haemocanis, ma la FHM è una malattia specifica dei gatti e non può essere trasmessa dai gatti ai cani e viceversa.

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Per quanto riguarda il rischio per la salute umana, non si può escludere una possibile trasmissione interspecie, ma la ricerca è ancora in corso.

Quali sono i gatti più a rischio di emobartonellosi? 

I gatti più a rischio di emobartonellosi sono quelli che vivono all'aperto in primavera ed estate, a causa del maggiore rischio di infestazione da pulci.

Più soggetti all'infezione anche i gatti maschi giovani, di 4-6 anni, con esperienze di aggressioni o senza i vaccini.

Quali sono le complicanze più gravi della micoplasmosi emotropica felina?

Le complicanze più gravi sono l'anemia severa, malfunzionamento di alcuni organi dovuto alla mancanza di ossigeno nei tessuti.

I gatti immunocompromessi (ad esempio, quelli affetti da virus della leucemia felina (FeLV) o da virus dell'immunodeficienza felina (FIV), sono a rischio di sviluppare forme più gravi della malattia.

Valentina Montagna | Editor
Scritto da Valentina Montagna | Editor

La mia formazione comprende una laurea in Lingue e Letterature Straniere, arricchita da una specializzazione in Web Project Management. La mia esperienza nel campo si estende per oltre 15 anni, nei quali ho collaborato con nutrizionisti, endocrinologi, medici estetici e dermatologi, psicologi e psicoterapeuti e per un blog di un'azienda che produce format televisivi in ambito alimentazione, cucina, lifestyle.

a cura di Dr. Luca Buosi
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