La respirazione dei pesci è un mondo molto interessante che fa sorgere numerosi interrogativi: come respirano i pesci senza polmoni e ottenere l’ossigeno necessario per vivere?
Si tratta di un meccanismo biologico complesso che andiamo ad esplorare nelle prossime righe.
Respirazione dei pesci: come funziona?
Il meccanismo con cui questi animali respirano è basato su una struttura fondamentale: le branchie, organi situati ai lati della testa, spesso coperti da un opercolo osseo.
Le branchie dei pesci sono formate da filamenti molto sottili e riccamente vascolarizzati: quando il pesce apre la bocca, l’acqua entra e viene spinta attraverso queste strutture, dove avviene lo scambio gassoso: l’ossigeno passa dall’acqua al sangue, mentre l’anidride carbonica esce.
Va ricordato che, nonostante sia invisibile a occhio nudo, l’ossigeno è presente anche nell’acqua – ma in forma disciolta: son si tratta dell’ossigeno legato chimicamente alla molecola H₂O, ma di ossigeno molecolare (O₂) proveniente dalla fotosintesi di alghe e piante acquatiche o direttamente dall’atmosfera.
Tuttavia, le concentrazioni sono molto più basse rispetto all’aria: circa 5–10 mg/l in condizioni ottimali, contro i 210.000 mg/l dell’ossigeno atmosferico.
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Per questo, il sistema respiratorio dei pesci ha dovuto evolversi per massimizzare l’assorbimento dell’ossigeno disponibile in acqua.
Lo scambio di cui si è parlato prima avviene per diffusione, secondo un principio fisico: le molecole di gas si spostano da un’area a concentrazione maggiore (l’acqua) a una a concentrazione minore (il sangue povero di ossigeno).
L’apparato respiratorio dei pesci e il sistema a controcorrente
Una caratteristica particolarmente efficiente delle branchie è il flusso a controcorrente.
In questo meccanismo, l’acqua e il sangue scorrono in direzioni opposte, garantendo la differenza di concentrazione tra ossigeno nell’acqua e nel sangue.
Quando questa si mantiene costante lungo tutta la superficie della lamella branchiale, è possibile un assorbimento continuo ed efficace dell’ossigeno.
Grazie a questo sistema, i pesci riescono a utilizzare fino all’80% dell’ossigeno disponibile.
Come respirano i pesci: gli adattamenti delle specie
Anche se la maggior parte dei pesci utilizza le branchie, non tutti respirano allo stesso modo.
In ambienti poveri di ossigeno, come lagune stagnanti o zone tropicali, alcune specie hanno sviluppato adattamenti speciali.
Pesci polmonati
I pesci polmonati (Dipnoi), presenti in Africa, Australia e Sud America, possiedono vere e proprie sacche polmonari, oltre alle branchie.
Quando l’acqua è poco ossigenata, questi pesci emergono e respirano aria atmosferica – tale metodologia viene chiamata respirazione aerea.
Alcuni possono addirittura sopravvivere per mesi fuori dall’acqua, in stato di torpore, protetti dal fango.
Pesci d’acqua dolce tropicali
Alcune specie, come il gourami o il pesce betta, sono dotati di un organo accessorio chiamato labirinto, che permette loro di respirare aria direttamente dalla superficie.
Questo adattamento è comune tra i pesci che vivono in acque calde e stagnanti, dove l’ossigeno disciolto è spesso scarso.
Pesci pelagici
Pesci come il tonno, o alcuni squali, non pompano attivamente l’acqua attraverso le branchie. Al contrario, devono nuotare costantemente per forzare il passaggio dell’acqua.
Questo metodo, chiamato ventilazione ramica, è essenziale per garantire una respirazione continua.
Fattori che influenzano la respirazione dei pesci
La capacità dei pesci di respirare dipende da molti fattori ambientali:
- temperatura: l’acqua calda trattiene meno ossigeno rispetto a quella fredda;
- movimento dell’acqua: le acque stagnanti si ossigenano meno di quelle correnti;
- salinità: l’acqua salata contiene meno ossigeno disciolto rispetto all’acqua dolce;
- inquinamento: sostanze tossiche e eutrofizzazione possono ridurre drasticamente la disponibilità di ossigeno.
In condizioni sfavorevoli, i pesci possono rallentare il metabolismo, spostarsi verso zone più ossigenate o, nei casi peggiori, morire per asfissia.
Negli ultimi decenni, i cambiamenti climatici e le attività umane stanno causando una progressiva riduzione dell’ossigeno nei mari e nei fiumi: questo fenomeno, noto come ipossia acquatica, è aggravato dal riscaldamento globale e dai nutrienti in eccesso riversati nelle acque (ad esempio nitrati e fosfati agricoli), che favoriscono la crescita di alghe e la conseguente diminuzione di ossigeno.
Le cosiddette “zone morte” – aree marine dove l’ossigeno è quasi del tutto assente – sono in aumento in molte regioni del pianeta. In questi contesti, i pesci non riescono più a respirare attraverso le branchie e sono costretti a fuggire o periscono.
Capire come respirano i pesci non è solo una curiosità scientifica, ma un modo per riflettere su quanto ogni organismo sia connesso all’ambiente in cui vive. Le branchie sono un miracolo di efficienza biologica, ma anche strutture estremamente vulnerabili. Le variazioni chimico-fisiche dell’acqua, anche minime, possono compromettere il loro funzionamento.
La salute dei pesci è un indicatore sensibile dello stato degli ecosistemi acquatici. Preservare la qualità dell’acqua significa non solo proteggere la biodiversità marina, ma garantire l’equilibrio stesso del nostro pianeta.