Oncologia, la nutrizione è ancora l’anello debole delle cure in Italia

Emanuela Spotorno | Editor

Ultimo aggiornamento – 03 Novembre, 2025

vassoio del cibo in ospedale

In Italia, la nutrizione resta una parte ancora troppo trascurata dei percorsi oncologici, nonostante sia ormai chiaro quanto possa influire sulla qualità della vita e sull’efficacia delle terapie. 

Un recente studio del Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (Cipomo) ha messo in luce un problema che tocca da vicino migliaia di pazienti: l’assenza di un approccio strutturato e omogeneo alla valutazione nutrizionale nei centri oncologici del Paese.

Un’Italia divisa a metà

L’indagine, condotta su 100 strutture ospedaliere, mostra che solo il 50% dei centri coinvolti ha un percorso nutrizionale formalizzato per i pazienti oncologici. 

Le differenze tra Nord e Sud restano marcate: secondo i dati presentati dal Cipomo, oltre la metà delle risposte proviene dai centri del Nord (52%), contro il 29% del Centro e il 19% del Sud.

In molti ospedali, la valutazione dello stato nutrizionale viene effettuata solo in presenza di calo ponderale evidente o difficoltà alimentari legate al tumore, lasciando fuori una parte significativa dei pazienti. In 4 centri su 10 non vengono nemmeno raccolte informazioni sulle abitudini alimentari.

Questi dati raccontano un’Italia in cui il supporto nutrizionale è ancora un privilegio, non un diritto.

Il peso nascosto della malnutrizione

La malnutrizione oncologica è una realtà silenziosa ma con gravi conseguenze.

Secondo i dati scientifici, tra il 20% e il 70% dei pazienti oncologici presenta un deficit nutrizionale, e fino al 30% può andare incontro a complicanze gravi o addirittura alla morte non a causa del tumore, ma per le sue conseguenze nutrizionali.

Uno stato nutrizionale compromesso può ridurre la tolleranza alle terapie, aumentare gli effetti collaterali e peggiorare la prognosi. “La nutrizione non è un aspetto accessorio, ma una parte integrante della cura”, sottolinea Paolo Tralongo, presidente Cipomo e direttore dell’Oncologia Medica dell’Ospedale di Siracusa.

Dalla survey emerge che solo in metà dei centri italiani vengono fornite indicazioni alimentari in modo sistematico, e spesso solo ai pazienti in trattamento attivo. Strumenti di valutazione standardizzati, come NRS-2002, MNA-SF, MUST e MST, sono ancora poco utilizzati, nonostante siano raccomandati dalle principali linee guida europee e italiane.

Inoltre, la valutazione nutrizionale è spesso affidata a oncologi o infermieri, mentre la presenza di nutrizionisti e dietisti dedicati non è ancora garantita ovunque. Eppure, quasi tutti i professionisti coinvolti ritengono fondamentale la creazione di ambulatori nutrizionali e percorsi di monitoraggio personalizzati per i pazienti a rischio.


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Cibo e cura: un binomio inscindibile

Un dato incoraggiante arriva dal consenso quasi unanime degli oncologi coinvolti: il 99% ritiene essenziali programmi che integrino corretta alimentazione e attività fisica, due pilastri complementari della prevenzione e della cura.

Secondo Federica Grosso, oncologa e responsabile scientifica della survey, “fotografare e misurare il problema significa renderlo visibile, sensibilizzare la comunità oncologica e spingere verso interventi concreti”.

L’obiettivo è chiaro: garantire uguali opportunità di cura in tutto il Paese, rafforzando una cultura che riconosca nella nutrizione un alleato indispensabile nella lotta al cancro.

Integrare la nutrizione nei percorsi oncologici non significa solo migliorare le terapie, ma anche promuovere un nuovo approccio alla salute. Un approccio che parte dal cibo come parte della cura, che unisce medicina, prevenzione e qualità di vita.

Perché in oncologia, come ricordano gli esperti del Cipomo, la cura non passa solo dai farmaci, ma anche da una tavola equilibrata, da una presa in carico completa e da una rete di professionisti capaci di accompagnare il paziente in ogni fase della malattia.

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Emanuela Spotorno | Editor
Scritto da Emanuela Spotorno | Editor

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