Le evidenze scientifiche crescenti sollevano forti dubbi sulla sicurezza dell'esposizione cronica al PM2.5, una neurotossina.
Questo particolato ultrafine non è più visto solo come una minaccia per la salute cardiopolmonare, ma è sempre più associato allo sviluppo della demenza.
Scopriamo di più in questo approfondimento.
PM2.5: una neurotossina sotto la lente d'ingrandimento
Gli scienziati monitorano la correlazione tra inquinamento atmosferico e declino cognitivo da almeno un decennio.
Un punto di svolta è arrivato nel 2020, quando la Lancet Commission ha formalmente aggiunto l'inquinamento atmosferico all'elenco dei fattori di rischio modificabili per la demenza, al pari di condizioni ben note come fumo, ipertensione, diabete e perdita dell'udito.
Il PM2.5, infatti, ossia microscopiche goccioline o solidi aerodispersi provenienti da fonti come fumi di fabbrica, gas di scarico, centrali elettriche e incendi boschivi, è considerato il più pericoloso per la salute umana.
La sua dimensione estremamente ridotta gli permette di essere facilmente inalato, entrare nel flusso sanguigno e persino viaggiare direttamente dal naso al cervello.
Lo studio fondamentale su questa associazione
"La qualità dell'aria in cui viviamo influenza le nostre capacità cognitive," ha osservato Edward B. Lee, autore principale di un recente articolo pubblicato su JAMA Neurology; è uno dei numerosi studi che negli ultimi mesi hanno rafforzato l'associazione tra l'esposizione al PM2.5 e il rischio di demenza.
Condotta presso l'Università della Pennsylvania, è il più grande studio autoptico sull'argomento, analizzando 602 cervelli donati in due decenni: i ricercatori hanno collegato l'esposizione ambientale storica al PM2.5, calcolata in base agli indirizzi di residenza dei partecipanti, con l'entità dei danni cerebrali.
I donatori che avevano vissuto in aree con livelli elevati di PM2.5 avevano una probabilità quasi del 20% superiore di presentare una patologia di Alzheimer più grave all'autopsia.
Un altro studio ha esaminato i dati di oltre 56 milioni di beneficiari Medicare (dal 2000 al 2014) per correlare l'esposizione al PM2.5 con i ricoveri ospedalieri per malattie neurodegenerative.
L'esposizione cronica al PM2.5 è stata collegata al ricovero per Demenza a Corpi di Lewy (inclusa la demenza correlata al Parkinson), la seconda forma più comune che rappresenta circa il 5-15% dei casi di demenza.
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Dopo aver aggiustato i dati per fattori socioeconomici, le contee statunitensi con le peggiori concentrazioni di PM2.5 hanno registrato un tasso di ricoveri ospedalieri per corpi di Lewy superiore del 12% rispetto a quelle con le concentrazioni più basse.
Questi risultati sono stati ulteriormente convalidati da una meta-analisi pubblicata su The Lancet che ha incluso 32 studi globali (Europa, Nord America, Asia e Australia), confermando che "una diagnosi di demenza è significativamente associata all'esposizione a lungo termine al PM2.5" e ad altri inquinanti.
"Le azioni che peggioreranno la qualità dell'aria porteranno ad un aumento della mortalità e delle malattie, tra cui la demenza," ha affermato il Dott. John Balmes, portavoce dell'American Lung Association.
Mentre si attende la prossima tornata di ricerca per comprendere appieno se l'inquinamento atmosferico esterno scateni la demenza attraverso l'infiammazione o altre cause fisiologiche, il messaggio degli scienziati è chiaro: sebbene migliorare la qualità dell'aria possa essere costoso, Lee sottolinea che "lo stesso vale per l'assistenza alle persone con demenza".
Fonti:
- The Lancet Commissions - Dementia prevention, intervention, and care: 2024 report of the Lancet standing Commission;
- JAMA Neurology - Ambient Air pollution and the Severity of Alzheimer’s Disease Neuropathology;
- Science - Lewy body dementia promotion by air pollutants;
- The Lancet Planetary Health - Long-term air pollution exposure and incident dementia: a systematic review and meta-analysis