Il dibattito sull'impatto della tecnologia sul cervello, in particolare quello dei più giovani, è acceso: le ricerche sui bambini e gli adolescenti, il cui cervello è ancora in pieno sviluppo, hanno evidenziato una correlazione tra l'eccessiva esposizione a schermi e dispositivi digitali e l'insorgenza di "difficoltà di attenzione, problemi di salute mentale o problemi comportamentali", come sottolinea Michael Scullin, un neuroscienziato cognitivo della Baylor University.
Ma abbiamo la certezza che valga per tutte le fasce d’età?
Un approfondimento sulla ricerca
Secondo Scullin, "tra la generazione dei pionieri digitali, l'uso quotidiano della tecnologia digitale è stato associato a un rischio ridotto di deterioramento cognitivo e demenza".
In una recente analisi con il suo co-autore, Jared Benge, neuropsicologo dell'Università del Texas, hanno esaminato gli effetti dell'uso della tecnologia su oltre 411.000 persone di età superiore ai 50 anni.
Hanno scoperto che le persone che usano regolarmente computer, smartphone o Internet ottengono risultati migliori nei test cognitivi e mostrano tassi più bassi di deterioramento cognitivo o demenza, rispetto a coloro che evitano la tecnologia.
"Normalmente, si osserva molta variabilità tra gli studi", ha spiegato Scullin. Ma in questa analisi su 57 studi quasi il 90% di essi ha rilevato un effetto cognitivo protettivo da parte della tecnologia.
A differenza dei giovani, però, il cervello degli adulti più anziani, pur rimanendo plastico, è meno malleabile.
Infatti, la generazione che ha abbracciato la tecnologia in età adulta aveva già acquisito competenze e abilità fondamentali, e ha dovuto reinventarsi per stare al passo con un mondo in rapida evoluzione; dunque proprio questa necessità di apprendere continuamente potrebbe aver avuto un ruolo cruciale.
Walter Boot, uno psicologo del Weill Cornell Medicine, esprime un certo scetticismo, affermando che "la cognizione è davvero difficile da cambiare".
L'analisi del Dottor Scullin e del Dottor Benge, però, esamina un fenomeno diverso: l'uso della tecnologia "in natura", ovvero l'adattamento continuo e duraturo a un ambiente digitale in costante evoluzione.
Questo processo, protrattosi per decenni, è visto come plausibile da Boot, che lo considera una forma di stimolazione cognitiva molto più potente di un semplice gioco di allenamento cerebrale.
Quando le sfide diventano un’opportunità per la “giovinezza cerebrale”
"I nuovi dispositivi pongono nuove sfide complesse", ha dichiarato Scullin, ma affrontare la frustrazione e non arrendersi è proprio ciò che gli studi hanno dimostrato essere benefico per la cognizione.
Non solo, anche gestire i costanti aggiornamenti, risolvere i problemi tecnici e imparare a usare nuovi sistemi operativi può rivelarsi un'ottima ginnastica per la mente; Scullin definisce il dover "reimparare qualcosa" come "un'altra sfida mentale positiva".
La tecnologia può anche proteggere il nostro cervello in altri modi; facilitando le connessioni sociali, un fattore notoriamente protettivo contro il declino cognitivo, e fungendo da un'efficace stampella per la memoria.
Come hanno scoperto Scullin e Benge, gli smartphone possono "compensare parzialmente la perdita di memoria" con promemoria e suggerimenti, e le loro applicazioni aiutano a mantenere intatte le abilità funzionali essenziali, come fare la spesa o accedere ai servizi bancari.
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È fondamentale ricordare che la tecnologia comporta anche dei rischi: le truffe online e la disinformazione, ad esempio, sono tutti aspetti da non sottovalutare; come per ogni strumento potente, è l'uso che ne facciamo a determinarne l'impatto finale.
Un'altra questione che rimane aperta è se i benefici riscontrati si estenderanno alle generazioni future, i cosiddetti nativi digitali, che sono molto più a loro agio con la tecnologia rispetto ai loro nonni.
"La tecnologia non è statica, cambia continuamente", ha notato Boot, suggerendo che l'effetto benefico potrebbe non essere un fenomeno isolato, ma un processo in continua evoluzione.
Fonti:
Nature Human Behaviour - A meta-analysis of technology use and cognitive aging