Secondo un nuovo studio della Ohio State University, seguire una dieta chetogenica – ovvero un regime alimentare ricco di grassi e povero di carboidrati – può aiutare a ridurre i sintomi della depressione nei giovani adulti.
Cerchiamo di scoprire di cosa si tratta.
La chetosi nutrizionale
La ricerca in questione fa parte di uno studio pilota che ha monitorato 16 studenti universitari (10 donne e 6 uomini con un’età media di 24 anni) con disturbo depressivo.
Tutti i soggetti osservati hanno continuato i trattamenti tradizionali – ovvero farmaci e/o consulenza – ma hanno aggiunto per circa 10/12 settimane una dieta chetogenica ben strutturata.
La dieta prevedeva pochi carboidrati (meno di 50 grammi al giorno), proteine moderate e grassi a sazietà, in modo da mantenere i partecipanti in uno stato di chetosi nutrizionale – uno stato metabolico naturale in cui il corpo brucia grassi per produrre energia al posto dei carboidrati.
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Durante lo studio i ragazzi sono stati seguiti da nutrizionisti, hanno ricevuto pasti di riferimento e sono stati monitorati per verificare i livelli di chetoni nel sangue.
I risultati hanno evidenziato una diminuzione di circa il 70% nei punteggi di depressione, oltre a miglioramenti nel benessere generale.
I risultati suggeriscono che il raggiungimento della chetosi nutrizionale attraverso la dieta – in questo caso acquisita nel 73% dei soggetti – è una terapia aggiuntiva utile per la depressione e aprono la strada a uno studio clinico più ampio.
Il collegamento tra dieta chetogenica e depressione
Già dopo le prime due settimane, i partecipanti hanno riferito un netto miglioramento del loro benessere psicologico: la sensazione di vitalità e soddisfazione nella vita quotidiana era quasi raddoppiata.
Con il proseguire delle settimane, questo senso di benessere ha continuato a crescere, fino a triplicare alla fine dello studio.
Oltre all’umore, la dieta ha avuto un impatto positivo anche sulle funzioni cognitive: nei test eseguiti, gli studenti hanno mostrato miglioramenti concreti nella memoria episodica (cioè la capacità di ricordare eventi e informazioni specifiche), nella velocità di elaborazione delle informazioni e nelle funzioni esecutive, che regolano processi come concentrazione, organizzazione e capacità di pianificare.
Anche sul piano fisico i cambiamenti sono stati evidenti: quasi tutti i partecipanti hanno perso peso, in media circa 5 chili, con una riduzione della massa grassa del 2,4%. La maggior parte di loro ha superato la soglia clinicamente significativa del 5% di perdita di peso, un traguardo che in ambito medico viene considerato rilevante per la salute generale e per la prevenzione di altre condizioni.
I possibili meccanismi
Come detto, la dieta chetogenica induce uno stato di chetosi nutrizionale, in cui l’organismo utilizza i grassi e i corpi chetonici come principale fonte di energia.
Questo cambiamento metabolico, secondo i ricercatori, potrebbe avere vari effetti benefici:
- riduzione dell’infiammazione, spesso collegata a disturbi dell’umore;
- aumento del BDNF (fattore neurotrofico derivato dal cervello), una proteina che favorisce la crescita e la protezione delle cellule nervose;
- protezione delle cellule cerebrali dallo stress ossidativo;
- miglioramento della composizione corporea, che a sua volta può influenzare positivamente sia la salute fisica sia quella mentale.
Un punto interessante è che i ricercatori hanno dimostrato come i giovani adulti, se ben supportati, siano in grado di seguire con successo una dieta chetogenica.
Questo è stato possibile grazie a un mix di educazione alimentare, supporto personalizzato da parte di esperti e la fornitura parziale di pasti già strutturati, che ha reso più semplice rispettare il protocollo.
Va sottolineato che si tratta di uno studio pilota, quindi preliminare, e che prima di iniziare qualsiasi dieta, è fondamentale ascoltare il parere del medico o di un nutrizionista. Naturalmente, sono necessari studi più ampi per confermare questi risultati e capire quanto possano essere applicabili a un pubblico più vasto.
La dieta chetogenica può essere interessante come supporto, ma non è un sostituto delle cure tradizionali. I risultati del nuovo studio pilota sono certamente incoraggianti, ma la ricerca presenta ancora alcune limitazioni.
Se si stanno vivendo sintomi legati alla depressione, è bene ricordarsi di non essere soli: rivolgersi al proprio medico o a un professionista della salute mentale per ricevere supporto adeguato e valutare insieme il miglior approccio terapeutico.
Fonti:
Nature – A pilot study examining a ketogenic diet as an adjunct therapy in college students with major depressive disorder